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Taranto
14 Luglio 2025 - 10:43
Giuseppe Manfuso
TARANTO - Una battaglia iniziata nel 2024 si è finalmente conclusa con un risultato concreto e carico di significato sociale. Una lavoratrice tarantina, madre di un bambino con disturbo dello spettro autistico, è stata trasferita in una sede lavorativa più vicina alla propria abitazione. Il trasferimento, concesso a partire da lunedì 14 luglio, rappresenta un cambio di passo importante: per la prima volta, infatti, l’autismo è stato ufficialmente riconosciuto tra le condizioni che giustificano il diritto alla mobilità lavorativa, secondo quanto previsto dall’articolo 41 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro del comparto Poste.
Un diritto negato, ora finalmente riconosciuto
Per anni, la richiesta della lavoratrice era stata respinta a causa di un vuoto normativo: l’autismo non figurava tra le patologie considerate meritevoli di attenzione prioritaria. Una situazione che creava un’ingiustizia evidente e che ha portato la UILPoste di Taranto, in sinergia con la UIL territoriale e con le segreterie nazionali UIL e UILPoste, ad attivarsi con determinazione.
“Non era soltanto una questione sindacale, ma un principio di civiltà”, ha dichiarato Giuseppe Manfuso, segretario generale UILPoste Taranto. “Abbiamo lottato per garantire un diritto, consapevoli che non si trattava solo della richiesta di una nostra collega, ma della condizione vissuta da tante famiglie che si confrontano ogni giorno con le difficoltà legate alla disabilità”.
Una mobilitazione lunga e articolata
Il percorso per ottenere questo riconoscimento è stato complesso e articolato. La UILPoste ha raccolto tutta la documentazione medica necessaria, ha avviato un dialogo con il medico centrale dell’azienda, si è confrontata con esperti legali e ha promosso iniziative pubbliche per sensibilizzare l’opinione pubblica. L’obiettivo era chiaro fin dall’inizio: ottenere una lettura più inclusiva dell’articolo 41 del contratto nazionale, affinché anche l’autismo fosse riconosciuto come condizione tutelabile.
Alla fine, l’interpretazione auspicata è arrivata. Poste Italiane ha accolto la richiesta, riconoscendo la legittimità delle istanze e ammettendo l’importanza del principio alla base della rivendicazione. Un risultato che oggi permette alla lavoratrice di svolgere la propria attività senza sacrificare la necessaria assistenza al figlio, assicurando un equilibrio tra impegno professionale e responsabilità familiare.
Una vittoria dal valore collettivo
“Siamo fieri di aver contribuito a cambiare una prassi che penalizzava ingiustamente intere famiglie”, ha affermato ancora Manfuso. “Questa apertura non è una gentile concessione, ma il riconoscimento concreto di un diritto per troppo tempo ignorato. Ora ci auguriamo che tale visione diventi un caposaldo della cultura aziendale, a beneficio di tutti”.
Anche il coordinatore generale della UIL Taranto, Gennaro Oliva, ha sottolineato la portata collettiva della vittoria: “Non si tratta solo di un caso singolo. Questo risultato apre una strada per tutti quei lavoratori che vivono situazioni analoghe. È un esempio virtuoso di come il sindacato, quando resta vicino alle persone, può produrre cambiamenti concreti e tangibili”.
Oliva ha poi lodato l’operato della UILPoste Taranto, evidenziando la capacità della sigla di coniugare competenza tecnica, sensibilità sociale e tenacia nella difesa dei diritti. Un modo di fare sindacato che va oltre le rivendicazioni formali e che tocca i bisogni reali di chi vive ogni giorno la difficoltà di conciliare lavoro e vita privata.
Verso una cultura aziendale più giusta e inclusiva
La lavoratrice, da lunedì mattina, è operativa presso una sede più vicina alla propria abitazione. Un gesto semplice, ma dal profondo valore umano e simbolico, che consente finalmente una quotidianità più sostenibile. Non solo per lei, ma per chiunque in futuro si troverà nelle stesse condizioni.
La UILPoste Taranto ha già annunciato che proseguirà il lavoro per estendere e consolidare questa interpretazione contrattuale, affinché non resti un caso isolato ma diventi un riferimento per tutte le aziende del settore e per la contrattazione collettiva del futuro.
“Non ci fermeremo qui”, ha concluso Manfuso. “Questa vicenda ci ha dimostrato che le battaglie giuste si possono vincere. Rendere i luoghi di lavoro più attenti alle fragilità è una responsabilità di tutti: delle aziende, delle istituzioni, del sindacato. E noi continueremo a fare la nostra parte, ogni giorno”.
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