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L'analisi
13 Luglio 2025 - 06:52
L'ex Ilva
TARANTO - Taranto e Grottaglie non sono solo titoli di giornale, ma la cronaca di due crisi industriali che interrogano il futuro del nostro Paese. Le due città risuonano, ormai da anni, nelle aule parlamentari e nelle sedi ministeriali, ma troppo spesso sembrano essere trattate come semplici dossier da "evadere", anziché come il grido delle comunità che chiedono dignità e futuro. La vicenda dell'ex Ilva a Taranto e quella di Leonardo a Grottaglie rappresentano quindi autentici segnali che le istituzioni regionali e nazionali ancora faticano a cogliere con la dovuta pienezza.
Ricordiamo bene i tavoli ministeriali, le promesse di ripresa, gli annunci di investimenti che, nell'immaginario collettivo, avrebbero dovuto portare alla svolta definitiva per l'ex Ilva. Eppure, la cronaca attuale ci restituisce un quadro pieno di incertezze. Gli altoforni arrancano, la produzione è ben al di sotto delle potenzialità. La transizione ecologica, nonostante i proclami, procede con estrema difficoltà o non procede affatto, alimentando la paura per la salute dei cittadini e la preoccupazione per il futuro occupazionale. I lavoratori, con i sindacati in prima linea, non hanno mai smesso di lanciare appelli non solo per la salvaguardia dei posti di lavoro, ma per un vero e proprio cambio di paradigma. Investire sulla decarbonizzazione, sulla tecnologia a basso impatto, su una riconversione che porti Taranto dall'acciaio "sporco" all'acciaio "verde", non è un semplice desiderio, ma una proposta concreta che emerge dalle competenze di chi quegli impianti li conosce a fondo.
Parallelamente, a pochi chilometri di distanza, le vicende dello stabilimento Leonardo di Grottaglie hanno riempito le pagine dei giornali con la emancipazione progressiva dalla produzione delle fusoliere per il Boeing 787. La monocommittenza e la monocommessa produttive, che per anni sono state quasi un vanto tecnologico, si sono rivelate improvvisamente scelte assai deboli. I volti dei tecnici e degli ingegneri altamente qualificati, la loro ansia per il futuro e le loro proposte per una diversificazione che valorizzi le eccellenze acquisite nei materiali compositi, hanno spesso trovato scarsa risonanza nei piani d'azione governativi. Non si tratta solo di ricollocare personale, ma di non disperdere un patrimonio di "saper fare", finalmente nostro, unico nel suo genere, un'esperienza che potrebbe alimentare nuove filiere industriali nel campo delle aerostrutture o della produzione di componenti per settori ad alta intensità tecnologica.
Le richieste dello stabilimento Leonardo, così come quelle dell'ex Ilva, delineano una visione di progresso e sviluppo che va oltre l'emergenza, puntando sulla valorizzazione delle competenze e sulla capacità di attrarre nuovi mercati. Entrambe le vertenze, dunque, rappresentano un monito. I sindacati e i lavoratori non si limitano a chiedere tutela, ma propongono una visione innovativa di progresso e sviluppo che le istituzioni dovrebbero fare propria con maggiore determinazione. Non si può continuare a gestire queste situazioni come singole crisi isolate; è necessario integrarle in una strategia industriale di ampio respiro. Le eccellenze professionali presenti, l'indotto specializzato che si è formato attorno a queste realtà e le stesse infrastrutture industriali esistenti – dal Porto di Taranto all'aeroporto di Grottaglie – sono asset preziosi che chiedono di essere valorizzati in un disegno organico.
Le cronache future non dovranno più raccontare di tavoli arenati, di promesse disattese o di fughe di cervelli e competenze. Devono invece narrare di piani industriali robusti, di investimenti mirati nella transizione ecologica e tecnologica, di percorsi di formazione e riqualificazione professionale che facciano di Taranto e Grottaglie il "sistema Porto/Aeroporto"; non solo il simbolo delle sfide del nostro tempo, ma anche l'esempio di una rinascita industriale compiuta. È giunto il momento che le istituzioni ascoltino, davvero, i segnali forti e chiari che i lavoratori e i sindacati lanciano da tempo, senza lasciarli ai margini dei Tavoli istituzionali. Il futuro del Mezzogiorno, e del Paese intero, dipende dalla nostra capacità di leggere queste crisi come avanguardie di cambiamento e di trasformarle in opportunità di prospettiva. Solo così potremo affrontare i mercati globali, senza retorica, bensì con la forza dell'innovazione concreta.
Raffaele Bagnardi
Sociologo del lavoro
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