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L'analisi
11 Luglio 2025 - 10:49
Antonio Gozzi
Il futuro dell’industria europea si gioca adesso, e con esso anche quello dell’acciaieria di Taranto, simbolo di un modello produttivo oggi sotto assedio. A lanciare un grido d’allarme è Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, che dalle colonne del Settimanale di attualità, economia e sport Piazzalevante.it denuncia con forza i pericoli di un green deal europeo diventato gabbia normativa, più che progetto sostenibile.
Al centro della riflessione, un documento in preparazione tra Germania, Francia e Italia, con l’obiettivo di spingere la Commissione Europea ad adottare misure urgenti e concrete per salvare l’industria continentale, strangolata da regole ambientali troppo rigide e da una tecnocrazia scollegata dalla realtà produttiva.
Secondo Gozzi, il nodo della questione è chiaro: la siderurgia, e con essa le filiere legate all’automotive e alla difesa, non reggerà all’impatto delle nuove norme europee se queste non verranno riconsiderate con pragmatismo. La revisione del sistema di quote gratuite di CO2, imposta dal regolamento CBAM, rischia di spegnere gli altiforni su cui si basa ancora il 60% della produzione siderurgica europea. Una conseguenza diretta sarebbe la dipendenza da acciaio asiatico e la chiusura delle grandi acciaierie continentali.
Il caso Taranto rientra appieno in questo quadro. Il destino dell’ex Ilva, con le sue ricadute occupazionali, ambientali e strategiche, rappresenta un banco di prova per l’intera Europa. Non si tratta più soltanto di una crisi industriale locale, ma dell’indice più visibile di una deindustrializzazione che avanza sotto la spinta di normative inapplicate altrove e di scelte politiche non coordinate a livello continentale.
Nel mirino di Gozzi ci sono anche le distorsioni del mercato europeo della CO2, che anziché incentivare l’innovazione tecnologica finiscono per penalizzare i settori produttivi più difficili da decarbonizzare, come l’acciaio. Il paradosso, sottolinea il presidente di Federacciai, è che mentre l’Europa riduce la sua impronta industriale, le emissioni globali continuano ad aumentare a causa delle produzioni di Cina, USA, India e altri paesi emergenti, che non adottano le stesse restrizioni.
Sotto accusa anche l’approccio ideologico che ha guidato finora il green deal, incapace di tenere insieme sostenibilità ambientale e sociale, e che ha prodotto un iper-regolamentismo paralizzante, dannoso per la competitività e l’autonomia strategica dell’Europa.
Le conseguenze sociali sono già evidenti. Gozzi richiama l’attenzione su milioni di posti di lavoro a rischio, su un crescente malcontento operaio che si traduce in derive elettorali radicali e sulla necessità di ricucire il patto tra industria, lavoratori e istituzioni.
Per la siderurgia europea, e per Taranto in particolare, il tempo delle analisi è finito. Servono scelte rapide, unitarie e coraggiose da parte delle grandi famiglie politiche continentali, per evitare che il cuore manifatturiero dell’Europa si spenga definitivamente. L’appello di Gozzi non è solo tecnico, ma profondamente politico: senza una revisione pragmatica delle politiche ambientali, la sopravvivenza dell’industria europea è seriamente compromessa. E con essa, il modello sociale su cui si regge l’intero continente.
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