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Bari

Omicidio di Benedetto Petrone, il Comune si oppone all’archiviazione dell'inchiesta

La giunta guidata da Vito Leccese chiede giustizia per il giovane ucciso nel 1977: “Ferita ancora aperta per tutta la comunità. Va fatta piena luce”

Omicidio di Benedetto Petrone, il Comune si oppone all’archiviazione dell'inchiesta

Le celebrazioni in ricordo di Benedetto Petrone - archivio

BARI - Il Comune di Bari ha deciso di intervenire nel procedimento giudiziario sull’omicidio di Benedetto Petrone, il giovane militante ucciso il 28 novembre 1977 in piazza Prefettura, opponendosi alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura della Repubblica. Lo ha stabilito la giunta municipale su proposta del sindaco Vito Leccese, autorizzando la costituzione dell’ente nella fase di opposizione e, in caso di riapertura del processo, anche come parte civile nei confronti degli imputati.

La procura, a seguito della riapertura delle indagini, aveva iscritto nel registro degli indagati alcuni soggetti ed effettuato nuovi accertamenti. Nonostante il quadro probatorio raccolto, l’ufficio inquirente ha comunque richiesto l’archiviazione del caso. Contro questa decisione, le parti offese hanno presentato opposizione e il Comune ha scelto di sostenere tale istanza, ritenendo fondamentale il proseguimento dell’azione giudiziaria.

Secondo l’amministrazione, sebbene l’ente non sia formalmente riconosciuto come parte lesa, esiste un interesse pubblico alla prosecuzione del procedimento, motivato dalla gravità dei fatti e dal materiale probatorio già acquisito. L’omicidio Petrone, pur risalente a quasi 50 anni fa, rappresenta ancora oggi una ferita viva nella coscienza collettiva, in quanto simbolo di violenza politica esercitata con modalità squadristiche.

Nel documento depositato mercoledì mattina in udienza dall’avvocata civica Alessandra Baldi, si evidenzia il diritto del Comune a intervenire come ente esponenziale della comunità barese. Viene citata in proposito la sentenza della Corte d’Appello civile di Bari n. 202 del 2020, confermata dalla Cassazione con la sentenza n. 26801 del 2023, che ha riconosciuto all’amministrazione comunale un diritto proprio legato all’identità cittadina.

Nel testo si chiede esplicitamente che venga respinta l’archiviazione proposta dal Pubblico Ministero, si proceda con la formulazione dell’imputazione per omicidio volontario pluriaggravato nei confronti degli indagati o, in alternativa, vengano disposti ulteriori accertamenti per arrivare a una piena ricostruzione dei fatti.

A commentare la decisione è stato il sindaco Vito Leccese, che ha parlato di “dovere morale e istituzionale” nel chiedere giustizia per quanto accaduto. “Ci sono vicende storiche – ha affermato – che, per quanto lontane nel tempo, continuano a interpellare le coscienze e non possono essere archiviate come semplici episodi di violenza. Quella di Benedetto fu un’uccisione politica, maturata in un clima fascista e antidemocratico. La città ha il dovere di difendere la memoria di chi è caduto per la libertà e i valori costituzionali”.

Leccese ha poi rivolto un pensiero alla famiglia della vittima, ricordando che “la verità e la giustizia spettano non solo ai parenti di Benny, ma a tutte le cittadine e i cittadini che credono nella democrazia, nella pace e nella legalità”. Il primo cittadino ha infine ribadito che l’intera comunità barese fu colpita da quel delitto e che il Comune continuerà a farsi carico del suo ruolo in tutte le sedi, giudiziarie e civili.

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