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Regione Puglia
07 Luglio 2025 - 15:11
Un medico
BARI – In Puglia, quasi la metà del personale sanitario ha subito violenza sul luogo di lavoro. È il dato allarmante che emerge dallo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica La Medicina del Lavoro, organo ufficiale della Società Italiana di Medicina del Lavoro (SIML). L’indagine, condotta su un campione di 3.242 operatori del Servizio Sanitario Regionale, si intitola “Gender Disparities in Workplace Violence among Italian Healthcare Workers: A Cross-Sectional Study” e ha coinvolto medici, infermieri, OSS e altri profili professionali.
La ricerca è stata fortemente voluta dal Dipartimento di Promozione della Salute e del Benessere Animale della Regione Puglia, diretto da Vito Montanaro, in risposta ai numerosi episodi di aggressione registrati anche nel territorio regionale. Il presidente Michele Emiliano ha espresso solidarietà agli operatori colpiti, sottolineando l’importanza della collaborazione con le forze dell’ordine e dell’attività preventiva per contrastare “atti sconsiderati che colpiscono chi lavora ogni giorno al servizio dei cittadini”.
L’indagine è stata possibile grazie al contributo del Sistema Regionale di Gestione Integrata della Sicurezza sul Lavoro (SiRGISL), coordinato dal dott. Donato “Danny” Sivo, con il supporto della Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro dell’Università di Bari, guidata dal prof. Luigi Vimercati, e della FNOMCeO rappresentata dal dott. Filippo Anelli.
I risultati parlano chiaro. Il 42% degli operatori sanitari intervistati ha subito episodi di violenza sul lavoro, il 29% solo nell’ultimo anno. Le categorie più colpite sono i medici (34,7%), gli infermieri (32,9%) e i farmacisti ospedalieri (31,9%). Ancora più allarmante il dato che riguarda chi opera con bambini e adolescenti: il 40% ha denunciato un’aggressione nei 12 mesi precedenti.
La maggior parte degli episodi, 91%, è avvenuta all’interno delle strutture ospedaliere, con un picco durante i turni notturni (35,1%). Tra i fattori di rischio spicca l’anzianità inferiore ai 5 anni, con una percentuale del 38,5%. La violenza verbale rappresenta la forma più diffusa (87%), ma non mancano casi di violenza fisica (12%) e molestie sessuali (3%).
La ricerca evidenzia anche una maggiore esposizione per i lavoratori non binari, coinvolti in episodi di violenza nel 39,5% dei casi, contro percentuali inferiori tra operatori di sesso maschile e femminile. In totale, 71 persone (2,2%) hanno riportato lesioni fisiche e quasi la metà ha dovuto assentarsi dal lavoro, in 1 caso su 5 per oltre 2 settimane.
Le motivazioni delle aggressioni sono spesso incerte. Il 29,5% degli operatori non ha saputo identificare la causa dell’episodio. Tra i fattori segnalati vi sono il ritardo o mancato servizio (15%), la comunicazione di notizie gravi (5%) e l’interazione con pazienti psichiatrici o in stato di agitazione (4,2%). Il personale più colpito da lesioni è rappresentato dagli infermieri (40%), seguiti da medici (13%) e altri operatori sanitari (14%). In quasi metà dei casi (46,6%), le aggressioni fisiche sono avvenute durante l’assistenza a persone con disabilità psichiche o patologie psichiatriche.
Nel giugno scorso, la Regione ha istituito l’Osservatorio Regionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Sociosanitarie (ORSEPS), insediato nella sede del Dipartimento Salute, per coordinare le attività di prevenzione e monitoraggio. L’organo collegiale e il relativo nucleo operativo lavoreranno all’attuazione delle Linee guida regionali per contrastare le aggressioni.
“La violenza sul luogo di lavoro – spiegano Vimercati e Sivo – è ormai riconosciuta come un grave problema di salute pubblica. Per prevenirla occorrono formazione specifica, miglioramento della comunicazione con l’utenza e strategie organizzative che anticipino situazioni critiche”. Centrale sarà anche il potenziamento delle competenze relazionali, considerate essenziali per migliorare la gestione di momenti di tensione e conflitto nei contesti sanitari.
Secondo l’OMS, nel mondo 1 operatore sanitario su 2 ha subito almeno un episodio di violenza nel corso della propria carriera. In Europa, la media dei lavoratori che ha dichiarato di interagire con utenti violenti è del 16%, con picchi del 37% in Albania e del 30% in Spagna, contro valori tra il 3% e il 4% nei Paesi scandinavi. In Italia, secondo i dati INAIL riferiti al triennio 2019-2021, sono state denunciate circa 5.000 aggressioni, con una media di 4 al giorno.
Il fenomeno, dunque, non è isolato. E la Puglia – con l’istituzione dell’ORSEPS, l’avvio di protocolli d’intesa e ora con questa importante indagine – si candida a essere un laboratorio nazionale di buone pratiche per contrastare una piaga che minaccia quotidianamente chi cura.
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