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L'analisi

La chiusura del centro siderurgico di Taranto, la più grande bomba sociale dal dopo guerra ad oggi

L'emergenza attuale impone scelte drastiche e non rinviabili. A cominciare dal nodo risorse. Subito dopo bisognerà individuare le responsabilità di come si sia arrivati a questo punto

Ex Ilva

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TARANTO - Il Ministro Adolfo Urso incontrando i Sindacati ha detto “Senza un accordo entro luglio si chiude il centro siderurgico”. A prima vista sembra una dichiarazione solo allarmistica invece è solo una pura e semplice constatazione. Praticamente da sette anni il centro siderurgico vive una grave ed indefinibile agonia causata da precise responsabilità che io ed un sindacalista, in particolare il Segretario Rocco Palombella della UIL, abbiamo in questi sette anni sistematicamente denunciato.

Ed i passaggi, ormai storici, sono legati ad eventi e a scelte di fronte alle quali mi chiedo come mai finora non sia intervenuto nessun organo competente per fare formalmente giustizia, mi chiedo come mai il Parlamento non abbia finora dato vita ad una Commissione di inchiesta.

Poche settimane fa il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano aveva dichiarato: “Le variabili sono tantissime e una parte dipende dalle scelte del Governo: io confido sul fatto che se ciascuno fa la sua parte fino in fondo la situazione non è ancora definitivamente compromessa ma questo deve avvenire da parte di tutti. Il passaggio del tavolo di oggi è importante per intanto condividere come affrontare l'emergenza e condividere una prospettiva possibile con le mille incertezze e le mille variabili

Senza dubbio la dichiarazione del Sottosegretario Mantovano non solo era stata pregevole ma anche coraggiosa in quanto aveva dichiarato la presenza di “mille incertezze e mille variabili”. Tuttavia il Sottosegretario Mantovano non aveva voluto infierire invocando la serie di responsabilità gravissime che, a mio avviso, hanno portato l’impianto siderurgico allo stato di crisi attuale.

Il Sottosegretario Mantovano, essendo cittadino della terra di Puglia, sa bene quante e quali siano le responsabilità di chi, soprattutto nel periodo antecedente l’attuale Legislatura, ha, direttamente ed indirettamente, gestito questa fase drammatica della storia del centro siderurgico.

Un ruolo dominante, nel processo che ha praticamente portato a questa grave conclusione, è da addebitare ad uno schieramento politico e ad un ex Ministro di tale schieramento: mi riferisco al Movimento 5 Stelle e ai Governi Conte 1 Conte 2 e, per quanto concerne il Ministro, il più grande responsabile, a mio avviso, è Luigi Di Maio.

A tale proposito non possiamo dimenticare la sua decisione di rivedere il Contratto firmato dal suo predecessore Calenda e, dopo poche settimane, rifirmarlo con modifiche irrilevanti; modifiche che però, nel tempo, sono diventate la base di riferimento del contenzioso sollevato dalla Società Arcelor Mittal, vincitrice della gara di affidamento della gestione dell’impianto.

Sempre durante il Governo Conte 1 e Conte 2, su proposta della Senatrice del Movimento 5 Stelle Barbara Lezzi, il Parlamento ha approvato una apposita norma con cui si toglieva lo “scudo penale” per i nuovi gestori dell’impianto; incrementando in tal modo il contenzioso.

A mio avviso però la cosa più grave in quel periodo va riscontrata nella assenza, da parte dei Governi Conte 1 e Conte 2, ed in parte anche dal Governo Draghi, di un immediato e corposo supporto finanziario per rilanciare davvero l’impianto; un contributo finanziario per reinventare integralmente la componente legata all’impatto ambientale e per rivedere, in modo organico, il grave indebitamento dell’Azienda e, al tempo stesso, la dimensione del livello occupazionale. Un sostegno finanziario che all’epoca avevo stimato dell’ordine di almeno 4 miliardi di euro e non di 400 milioni di euro come deciso dai Governi prima richiamati.

Lo so sarà difficile istituire una Commissione parlamentare finalizzata a vagliare tali gravi responsabilità che stanno ormai portando, come detto prima, alla chiusura del più grande centro siderurgico d’Europa, e devo dare atto al Sottosegretario Mantovano di avere, volutamente, evitato di dare testimonianza di queste gravi responsabilità del passato e chiedere alle parti coinvolte di condividere come affrontare l'emergenza e condividere, al tempo stesso, una prospettiva possibile con le mille incertezze e le mille variabili.

Una emergenza che ormai ritengo possa essere superata solo ricorrendo ad una soluzione obbligata caratterizzata da almeno quattro riferimenti chiave:

 

  • L’inserimento nel bilancio dello Stato di un fondo di 4 miliardi per il risanamento funzionale dell’impianto, sia per quanto concerne la componente ambientale, sia per quanto concerne le caratteristiche tecnologiche dell’impianto stesso
  • La gestione del centro, per almeno un quinquennio, da parte di un sistema caratterizzato da un apposito Partenariato Pubblico Privato
  • La rivisitazione funzionale dei sistemi logisti di accesso all’impianto (porto, reti ferroviarie ed autostradali)
  • La riqualificazione funzionale dell’intero hinterland con uno stanziamento aggiuntivo di 1,2 miliardi di euro
  • La identificazione di una Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria supportata da apposita norma

 

Sicuramente sono solo ipotesi che saranno approfondite o, addirittura, scartate ma il Governo penso preferisca subito evitare il ricorso ad atteggiamenti lontani da quella concretezza ed urgenza che la emergenza del centro siderurgico impongono.

Il Sottosegretario Mantovano, insisto, essendo uomo del Salento, sa bene che questa rischia di diventare una delle più preoccupanti “bombe sociali” del Mezzogiorno; una bomba che tra lavoratori diretti ed indiretti contiene la perdita di circa 25.000 posti di lavoro; la più grave bomba sociale nella storia della Repubblica.

Il Governo fa bene, quindi, a definire itinerari concreti e capaci di evitare la irreversibilità della crisi, spero però che dopo il Parlamento affronti il tema delle gravi responsabilità che hanno trasformato il più grande centro siderurgico d’Europa in un triste sito di archeologia industriale.

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