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Il fatto
27 Giugno 2025 - 09:26
Il Tribunale di Taranto
TARANTO - Il conto alla rovescia è partito. Dal 1° luglio 2026, il Ministero della Giustizia potrà stabilizzare soltanto 3.000 lavoratori del comparto PNRR: 2.600 funzionari e 400 assistenti, sugli oltre 12.000 attualmente in servizio in tutta Italia. Il resto, circa 9.000 precari altamente specializzati, rischia di restare fuori. E tra loro ci sono anche 149 operatori impiegati negli uffici giudiziari di Taranto.
A lanciare l’allarme, a un anno esatto dalla scadenza dei contratti, sono i rappresentanti sindacali Mimmo Sardelli (Funzione Pubblica CGIL) e Giuseppe Andrisano (UIL PA), che annunciano un sit-in di protesta in programma lunedì 30 giugno, dalle 9.30 alle 12, davanti al Tribunale di Taranto.
“Siamo tecnici, cancellieri, addetti all’Ufficio del Processo, operatori del data-entry – dichiarano i lavoratori interessati –. In questi anni abbiamo garantito continuità, efficienza e smaltimento dell’arretrato, fianco a fianco con i dipendenti storici. Ora meritiamo stabilizzazione, non precarietà prolungata”.
La protesta si concentra su un punto chiave: il piano del Governo prevede la stabilizzazione di meno della metà del personale PNRR, senza però garantire la copertura economica per 3.000 posizioni ancora in bilico. I sindacati sottolineano che escludere questi lavoratori significherebbe danneggiare l’intero comparto giustizia, già in sofferenza da oltre 30 anni a causa di investimenti insufficienti e carenze croniche di organico.
“Il sistema giudiziario italiano non può reggere senza queste figure professionali – denunciano Sardelli e Andrisano –. Se i precari usciranno, a pagare saranno anche i lavoratori a tempo indeterminato, che si troveranno costretti ad assorbire l’intera mole di lavoro”.
Oltre alla richiesta di stabilizzazione per tutti, i sindacati tornano a chiedere l’aggiornamento del contratto integrativo, fermo al 2010, e l’introduzione di strumenti di valorizzazione delle professionalità oggi ignorate. “Non si tratta solo di difendere i posti di lavoro – concludono – ma di assicurare ai cittadini un servizio giudiziario più moderno, più rapido e più equo. E di restituire dignità a chi da anni sostiene l’intero sistema senza garanzie né tutele”.
I lavoratori, nel frattempo, rivendicano il loro ruolo centrale: “Noi esistiamo, siamo parte del sistema. Ma veniamo trattati come invisibili, senza futuro né certezze. È il momento di dire basta”.
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