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L'ex Ilva

Acciaierie d'Italia, così aumentano i numeri della cassa integrazione

Oggi l'incontro al ministero alla presenza di azienda ed organizzazioni sindacali

L'incontro a Roma

L'incontro a Roma

Si è concluso da poco l'incontro presso il Ministero del Lavoro in Roma, con a tema l'esame congiunto sulla CIGS. Una riunione, quella odierna presieduta dalla delegazione ministeriale, di approfondimento in visione dell'eventuale intesa necessaria per la firma dell'accordo. L'azienda ha preliminarmente riassunto la richiesta relativa a 4.050 unità con un incremento della CIGS di circa 1000 unità. Una richiesta – ha commentato il responsabile di AdI in A.S. Claudio Picucci - che riviene sulla falsa riga dell'accordo del 26 luglio 2024 con un assetto impiantistico con un solo altoforno che si è appreso durare almeno sino a febbraio 2026. La Regione Puglia, collegata da remoto, nel corso della riunione ha reso noto che è in procinto di licenziare un avviso pubblico per attività formative dei lavoratori in CIG a zero ore all'interno di aree di crisi, per un ammontare di 280 ore pro-capite, finanziato con fondi FSE. Ai lavoratori, oltre la CIGS verrà retribuita un'indennità di frequenza di € 6/ora da parte dell'Ente formatore scelto.

Alla riunione hanno partecipato il vice capo gabinetto del ministero, dott. Luca Sabatini, lo staff ministeriale, i dirigenti di Acciaierie d'Italia, rappresentati dal dott. Maurizio Saitta e dal dott. Claudio Picucci, nonché i responsabili delle Politiche Attive del Lavoro. Il tavolo è aggiornato al prossimo 3 luglio alle ore 11.

Le parole della Fim Cisl

Valerio D'Alò, segretario nazionale della Fim Cisl, ha sottolineato «l'importanza di tutelare la sicurezza e i diritti di tutti i lavoratori coinvolti», evidenziando la necessità che «gli Enti locali, in particolare le Regioni interessate, attivino ogni forma di integrazione degli aspetti salariali attraverso politiche attive del lavoro». Ha inoltre ribadito che « il nuovo accordo deve preservare gli elementi chiave del precedente, garantendo continuità e stabilità nel percorso di tutela occupazionale e salariale».
Per D'Alò «è fondamentale definire un Piano di lavoro chiaro e trasparente, che delinei con responsabilità le modalità di gestione di questa fase critica», e ha richiamato «l'importanza di una sintesi costruttiva tra Enti locali e nazionali per rilanciare il settore attraverso strumenti come l'AIA e l'Accordo di Programma».
Nel corso dell'incontro, il dott. Saitta ha annunciato che «l'intenzione dell'azienda è far ripartire l'altoforno 2 entro dicembre 2025». Il programma prevede, quindi, fino a dicembre il proseguimento dell'attività con l'altoforno 4, per poi provvedere alla fermata per effettuare le opportune manutenzioni. In sostanza, fino a febbraio 2026 si opererà con un solo altoforno, in attesa di nuovi sviluppi riguardanti la vicenda giudiziaria relativa all'altoforno 1.
Saitta ha infine ribadito che «a Palazzo Chigi sono state garantite le risorse per la continuità», e che «questo decreto – al momento – stanzia 200 milioni»,chiaramente insufficienti per arrivare sino a fine anno.
In tema di formazione professionale, la Fim Cisl ha chiesto un percorso finalizzato alla crescita del bagaglio culturale, allargando le competenze e le professionalità e che dia anche sostegno economico.
Rispetto a questo punto si è registrato l'impegno della Regione Puglia ad avviare un percorso di formazione, tale da consentire oltre alla riqualificazione una integrazione salariale, attraverso due bandi.
«Ci aspettiamo che anche le altre Regioni possano dare il proprio contributo sul tema della formazione attraverso l'avvio di bandi/avvisi propedeutici», ha concluso D'Alò.

La Fiom e la ripartenza necessaria 

“Nel corso dell’incontro di oggi al Ministero del Lavoro sull’ex Ilva con specifico riferimento alla nuova procedura di cassa integrazione, a seguito dell’incidente dell’altoforno 1 verificatosi lo scorso 7 maggio, sono state confermate le criticità in merito alla ripartenza di altoforno 2 che, secondo il piano di marcia annunciato ai sindacati, ripartirà entro il 31 dicembre del 2025. La nuova istanza dell’azienda prevede la cassa integrazione per 4.050 lavoratori, di cui 3.500 a Taranto.
Occorre costruire una prospettiva non solo per la ripartenza degli impianti e dell’azienda ma anche sul processo di transizione ecologica attraverso un piano industriale e ambientale che possa finalmente traguardare l’obiettivo della decarbonizzazione. Sono necessarie maggiori risorse per la ripartenza, per la manutenzione degli impianti e per dare prospettive certe a tutti gli stabilimenti ex Ilva. Inoltre, abbiamo chiesto di gestire questa difficile fase che riguarda l’ex Ilva anche attraverso strumenti straordinari dalla formazione predisposta dall’azienda, a quella delle Regioni attraverso appositi bandi per i lavoratori in cassa integrazione.
Chiediamo che, sulla questione della delicata vertenza dell’ex Ilva, si continui a tenere aperto il tavolo permanente istituito a Palazzo Chigi con tutti i soggetti istituzionali responsabili al fine di tenere insieme le questioni occupazionali, industriali ed ambientali.
Il prossimo incontro di aggiornamento al Ministero del Lavoro sarà il 3 luglio e riteniamo indispensabile trovare le giuste risposte alle richieste della Fiom- Cgil per garantire la continuità produttiva necessaria ad avviare il processo di transizione ecologica”.
Lo dichiara in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil

La posizione di Usb

«Come USB abbiamo da subito posto l'accento sulla necessità di dare copertura ai lavoratori in prosieguo a quanto già sottoscritto lo scorso 4 marzo, ma di come la condizione – ha dichiarato Francesco Rizzo dell'Esecutivo nazionale – resti molto complicata, peraltro diversa dal contesto dell'accordo del 2024 vista anche la mancanza di un piano di ripartenza, oltre i rischi concreti sulla cessione eventuale degli asset dell'ex Ilva.

A valle della discussione sui numeri e le relative tutele per l'USB vincolanti, abbiamo ribadito alla delegazione ministeriale che lo strumento della cassa integrazione, il suo incessante perdurare e flussi così massicci, di per sé non basta. Serve ragionare immediatamente sul varo di provvedimenti ad hoc in favore dei lavoratori (prepensionamenti, incentivi volontari, allungamento della NASpI ecc.) e che gli impegni assunti nell'accordo vanno rispettati, in particolare per quanto attiene gli organici tecnologici e l'esonero della CIGS a tutti quei lavoratori coinvolti nelle lavorazioni a tutela dell'ambiente e della sicurezza, vanno rispettati.

Abbiamo ammonito ancora una volta che Il pericoloso stallo che si è venuto a determinare impone la necessità da parte del Governo di un cambio di passo. In mancanza di segnali nella direzione auspicata, non ha senso da parte di questi continuare a trattare la vendita dell'acciaieria con gli Azeri di Baku Steel. Il Governo non perda altro tempo, lo abbiamo ribadito anche nel corso della riunione odierna e prenda il controllo totale della fabbrica, eviti così di infrangere ulteriori risorse degli italiani. Gli ulteriori 200 milioni dell'ultimo D.L. rappresentano una copertura economica funzionale ad evitare il collasso totale della fabbrica, ma che in visione non dà stabilità né al territorio né ai lavoratori. Lo Stato è l'unico che può contemperare, in una fase così complicata, il diritto alla Salute, la tutela dell'Ambiente e quello del Lavoro. La fabbrica va nazionalizzata, e questo l'USB lo dice da sempre – ha concluso Rizzo».

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