BARI – Merendine confezionate, snack salati, bevande energetiche e piatti pronti surgelati: così si alimentano ogni giorno oltre 2 studenti su 5 nelle scuole italiane, secondo quanto emerge da un’indagine Coldiretti/Ixè diffusa in occasione della presentazione del Manifesto di Udine per l’Educazione Alimentare nelle Scuole.
Un dato che fa riflettere e preoccupa, soprattutto alla luce delle sempre più numerose ricerche scientifiche che mettono in relazione questo tipo di dieta con gravi rischi per la crescita e la salute dei ragazzi. Il quadro tracciato dallo studio è allarmante: il 40% degli alunni sceglie abitualmente prodotti ultra-processati per la merenda a scuola. Cibi ricchi di zuccheri, grassi, sale e additivi, poco compatibili con uno stile di vita sano, specie se consumati con continuità.
Il problema però non riguarda solo le pause tra le lezioni. Anche le mense scolastiche, soprattutto quelle gestite tramite grandi appalti industriali, finiscono nel mirino. Nonostante l’obbligo di rispettare i Criteri Ambientali Minimi (CAM) previsti dalla normativa nazionale per la ristorazione collettiva, molti menù scolastici continuano a proporre pietanze industriali ad alta trasformazione, spesso scelte per motivi economici, di conservazione o di praticità.
La lista dei cibi "incriminati" è lunga e variegata. Dalle polpette con carne ricostituita e aromi artificiali ai bastoncini di pesce più panati che nutrienti, fino al purè liofilizzato, passando per formaggini fusi con sali di fusione, pane in cassetta imbottito di conservanti, merendine, budini, biscotti confezionati, oli vegetali raffinati, aromi chimici, coloranti, e i sempre più presenti piatti surgelati pronti da servire.
Secondo Coldiretti/Ixè, solo il 32% dei genitori italiani si dichiara pienamente soddisfatto della qualità del cibo servito nelle mense scolastiche. E il costo medio mensile del servizio si attesta attorno a 80 euro a bambino, cifra non indifferente soprattutto se commisurata alla qualità percepita.
Ma il pericolo più insidioso arriva dai distributori automatici, vere e proprie "tentazioni a portata di mano" sparse negli istituti scolastici. Secondo un’analisi della Fondazione Aletheia su dati del sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, il 77% delle macchinette offre snack dolci, il 76% snack salati, mentre solo il 2% propone yogurt o latte e appena l’1% frutta. Uno squilibrio drammatico che spiega perché l’obesità infantile sia in crescita costante nel nostro Paese.
“La salute delle giovani generazioni è a rischio”, avverte Coldiretti, invocando un’azione immediata. Le famiglie, sempre più preoccupate, chiedono un cambiamento radicale nei modelli alimentari proposti ai figli durante l’orario scolastico.
A questa richiesta di aiuto ha risposto il progetto “Educazione alla Campagna Amica” promosso dalle Donne Coldiretti, che in 20 anni ha coinvolto 10 milioni di bambini: in media mezzo milione all’anno. Di questi, il 70% ha tra 4 e 11 anni, dalla scuola dell’infanzia alla primaria, mentre il restante 30% è costituito da ragazzi delle medie e superiori.
L’obiettivo è sensibilizzare gli studenti sull’importanza della sana alimentazione, avvicinarli ai prodotti del territorio, insegnare loro a distinguere tra cibo buono e cibo industriale, e promuovere modelli di consumo consapevoli. Un lavoro di educazione profonda che parte dai banchi per provare a cambiare le abitudini di domani.
Ma serve di più. Serve una svolta strutturale, dicono da Coldiretti: meno appalti al ribasso, più filiere corte, più frutta e verdura fresca, meno merendine e più pane genuino, meno additivi e più educazione. Serve insomma una scuola che nutra davvero il corpo e la mente dei ragazzi. Perché un’alimentazione sbagliata in età scolare non è solo una cattiva abitudine, è una bomba a orologeria per il futuro.
E se è vero che siamo ciò che mangiamo, allora non è mai troppo presto per cominciare a mangiare meglio. Anche, e soprattutto, a scuola.