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Taranto

Hanno ucciso il carabiniere Legrottaglie per evitare che scoprisse un arsenale

I dettagli che emergono dall'ordinanza firmata dal giudice, nella quale viene delineato il movente e motivata la pericolosità degli indagati

Il tribunale di Taranto

Il tribunale di Taranto

TARANTO – Il brigadiere Carlo Legrottaglie, ucciso giovedì scorso nelle campagne di Francavilla Fontana mentre era impegnato in un inseguimento, è stato assassinato per una ragione precisa: impedire ai carabinieri di scoprire un arsenale nascosto tra un’abitazione e una ferramenta riconducibili a Camillo Giannattasio, 57 anni, ieri ufficialmente sottoposto a custodia cautelare. È quanto emerge dall’ordinanza firmata dal giudice, nella quale viene delineato il movente e motivata la pericolosità degli indagati.

Secondo le indagini, Giannattasio era in fuga insieme a Michele Mastropietro, 59 anni, quando il brigadiere Legrottaglie, in servizio, li ha intercettati. Durante l’inseguimento a piedi, Mastropietro ha aperto il fuoco, colpendo mortalmente il carabiniere. I due si sono poi diretti verso le campagne di Grottaglie, nel tentativo di far perdere le proprie tracce. Lì sono stati raggiunti dalla polizia.

Giannattasio ha scelto di arrendersi, rispondendo all’alt degli agenti e consegnandosi senza opporre resistenza. Diversa la reazione del complice: Mastropietro ha impugnato la stessa arma con cui aveva ucciso Legrottaglie e ha esploso altri colpi, ignorando l’invito a disarmarsi. Secondo la ricostruzione fornita dagli investigatori, ha poi cercato di fuggire di nuovo, tentando persino di ricaricare la pistola, ormai scarica. A quel punto, un agente lo ha colpito con un colpo d’arma da fuoco.

Lo scontro si è verificato a pochi metri da un gruppo di operai, nei pressi di un tendone, ai quali gli agenti hanno fatto da scudo con l’auto di servizio per evitare ulteriori conseguenze. Mastropietro è morto sul posto.

Le perquisizioni eseguite in seguito hanno portato alla scoperta di un vero e proprio deposito di armi: quattro pistole semiautomatiche, alcune con matricola abrasa, due revolver, un fucile a canne mozze, numerose munizioni di vari calibri, tra cui 9x21, 38 special e 12, silenziatori artigianali, targhe di veicoli, passamontagna, guanti, telefoni cellulari, nonché strumenti per la modifica e manutenzione di armi da fuoco.

In parallelo, la Procura ha disposto l’iscrizione nel registro degli indagati di due agenti coinvolti nell’operazione, con l’ipotesi di omicidio colposo per eccesso nell’uso legittimo delle armi. Si tratta di un atto dovuto, come previsto in casi di decesso durante interventi di polizia. Atto che in ogni caso sta scatenando roventi polemiche tra i cittadini e anche tra i sindacati.

L’inchiesta continua a ricostruire nei dettagli i contorni di un’azione violenta e disperata, concepita per nascondere un pericoloso traffico di armi e conclusasi nel sangue. In mezzo, il sacrificio di un servitore dello Stato, morto nel tentativo di garantire sicurezza a tutti.

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