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Lecce

Ha ucciso la moglie malata nel sonno: resta in carcere l’82enne. Non c'è alternativa

L’anziano ha confermato tutto al giudice, parlando di un’esistenza divenuta insostenibile. Nessuna possibile detenzione diversa: la casa è sotto sequestro e non ha parenti disposti ad accoglierlo

Il Tribunale di Lecce

Il Tribunale di Lecce

LECCE – Non lascia il carcere Luigi Quarta, l’uomo di 82 anni che domenica scorsa ha sparato alla moglie mentre dormiva, ponendo fine alla sua vita con un colpo di pistola alla testa. La vittima, Amalia Quarta, aveva 83 anni ed era gravemente malata. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, si trovava a letto quando il marito ha premuto il grilletto.

Il giudice per le indagini preliminari Stefano Sala, al termine dell’interrogatorio di garanzia, ha disposto la convalida dell’arresto e la permanenza in custodia cautelare in carcere, spiegando che l’anziano non ha né familiari né un’abitazione alternativa dove poter essere eventualmente collocato ai domiciliari.

L’abitazione dove si è consumato l’omicidio è ancora sotto sequestro, e al momento non esiste una struttura idonea a ospitare l’uomo, nonostante lo stesso pubblico ministero avesse ipotizzato una misura meno afflittiva in considerazione della sua età avanzata. Le autorità stanno cercando una possibile sistemazione alternativa, valutando la disponibilità di un istituto residenziale.

Nel corso dell’interrogatorio, assistito dal suo legale Augusto Pastorelli, Luigi Quarta ha confermato integralmente la versione già fornita ai carabinieri. Ha raccontato di essere stato sopraffatto dalla fatica di accudire la moglie malata, descritta come sempre più difficile da gestire, soprattutto per le continue resistenze a seguire le cure per il diabete, delle quali lui si occupava da solo.

L’anziano ha parlato anche del progressivo deterioramento del carattere della donna, che a suo dire sarebbe diventata “aggressiva e suscettibile”, generando frequenti litigi e tensioni quotidiane. In un passaggio particolarmente significativo, ha sostenuto di essersi più volte rivolto ai servizi sociali e persino alla Questura per chiedere aiuto, senza ottenere risposte concrete.

Il delitto ha scosso profondamente la comunità leccese, sollevando interrogativi su quali tutele esistano realmente per chi si prende cura, da solo, di una persona fragile. Mentre la giustizia fa il suo corso, resta l’amarezza per una tragedia familiare che forse si sarebbe potuta prevenire con un supporto adeguato.

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