Il dato che spicca è il tasso di partecipazione: l’85,5% delle famiglie ha scelto volontariamente di aderire a un test che, con un semplice prelievo di sangue, può anticipare diagnosi salvavita, restituendo i risultati in tempi rapidi, tra 15 e 20 giorni.
Nei laboratori dell’ospedale “Di Venere” di Bari, diretti dal dottor Mattia Gentile, sono stati sequenziati e analizzati 1.062 campioni. In appena 14 casi è stato necessario ripetere il test, con un margine d’errore drasticamente ridotto rispetto al 6% della fase sperimentale. Ma il dato più significativo è che 30 neonati sono risultati positivi a mutazioni genetiche associate a patologie potenzialmente gravi, molte delle quali curabili se individuate per tempo.
Tra le diagnosi riscontrate ci sono 17 casi di malattie ematologiche, fra cui il deficit di G6PD e mutazioni del gene PKLR che causano anemie croniche. Sono emersi anche 3 casi di malattie endocrine, legati a mutazioni dei geni AVPR2 e GH1, e 2 casi di patologie neuromuscolari con alterazioni del gene RYR1. Una mutazione del gene G6PC ha rivelato un caso di malattia metabolica, mentre il gene GCH1 ha indicato una rara forma di distonia trattabile. In un neonato è stata riscontrata una mutazione KCNQ1, responsabile della sindrome del QT lungo, condizione a rischio per l’attività cardiaca. Inoltre, in 5 casi sono state individuate condizioni genetiche diverse, tra cui una fibrosi cistica e quattro mutazioni del gene BRCA2, la cui rilevanza clinica in età neonatale sarà oggetto di ulteriori approfondimenti.
Alcuni altri campioni restano sotto osservazione in attesa della valutazione genetica definitiva e non sono stati ancora inclusi nelle statistiche ufficiali.
I vertici istituzionali della Regione Puglia hanno commentato con orgoglio i risultati del progetto. “Abbiamo unito la scienza alla giustizia e il diritto alla nascita alla prevenzione”, ha dichiarato il presidente Michele Emiliano, sottolineando come 30 vite abbiano potuto evitare diagnosi tardive, spesso legate all’insorgere dei sintomi. “Ora quei bambini hanno una possibilità concreta di cura e monitoraggio, sin dai primi giorni di vita”, ha aggiunto.
Dello stesso tenore le parole dell’assessore al Bilancio Fabiano Amati, che ha ricordato come alla base di tutto vi sia stata una scelta politica di visione. “Non ci siamo fermati davanti ai costi – ha spiegato – ma abbiamo guardato ai volti dei neonati pugliesi, uno per uno. Le famiglie hanno affidato alla sanità pubblica ciò che hanno di più prezioso. E noi abbiamo risposto con diagnosi rapide e gratuite”.
Infine, l’assessore alla Salute Raffaele Piemontese ha parlato di un modello che anticipa il futuro della medicina pubblica. “Trenta diagnosi significano altrettante famiglie che non dovranno andare lontano per ricevere ascolto, cura e assistenza. La medicina genetica è già una realtà, ed è universale, accessibile e pugliese. Il percorso avviato con Genoma-Puglia non si interromperà: è solo l’inizio di una rivoluzione culturale e sanitaria”.