La ricerca, frutto di un lavoro sul campo durato 3 anni, è nata dopo che nel 2021 il Tar Puglia sospese l’abbattimento forzato di 38 ulivi risultati positivi alla Xylella già nel 2020. Un risultato ottenuto grazie al ricorso legale promosso da alcuni proprietari di oliveti, supportati dall’avvocata Rosa Fanizzi e dal Comitato Scientifico Multidisciplinare Indipendente (SMI).
Quegli alberi, oggi, non solo sono vivi, ma risultano anche in salute e produttivi, nonostante siano stati sottoposti a capitozzatura, una pratica considerata aggressiva e debilitante. Il merito, secondo gli studiosi, è delle buone pratiche agricole e dell’impiego di biostimolanti e biofertilizzanti a basso impatto, sviluppati in Puglia e gestiti dal Comitato fin dall’inizio dell’esperimento.
Il lavoro scientifico rivela che la Xylella non agisce mai da sola: gli ulivi osservati sono stati colpiti da una combinazione di patogeni noti, come funghi del legno, batteri come il Pseudomonas, insetti xilofagi e nematodi. Tutti elementi capaci di generare sintomi di disseccamento, anche in assenza del batterio, e presenti da decenni nelle campagne pugliesi.
Uno dei dati più rilevanti emersi dallo studio è che un ulivo inizialmente positivo alla Xylella risulta oggi negativo, mentre un altro, circondato da alberi infetti, è rimasto indenne per 4 anni, a conferma di una scarsa trasmissibilità del batterio in presenza di un ecosistema ben curato.
L’indagine ha evidenziato anche una drammatica carenza di sostanza organica nei terreni analizzati. Nei suoli di Ostuni, il livello si ferma allo 0,8%, appena superiore a quello registrato nel basso Salento, pari allo 0,4%, ben lontano dagli standard ottimali compresi tra il 2% e il 3%. Un segnale evidente di desertificazione in corso, già preannunciato da una ricerca dell’Università di Bari nel 2004, che lanciava l’allarme sul futuro idrogeologico della Puglia.
Altro elemento cruciale riguarda la pressione sul sistema idrico sotterraneo, con oltre 100.000 pozzi che da anni estraggono acqua salmastra, contribuendo al peggioramento delle condizioni del suolo e delle coltivazioni.
A firmare lo studio, un team di esperti di rilievo internazionale: Giorgio Doveri, Giovanni Pergolese, Emanuela Sardella, Marco Scortichini, Giusto Giovannetti, Michele Saracino, Luigi Botrugno e Marco Nuti, professore emerito della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Alla luce dei risultati ottenuti, gli autori sollecitano una revisione della normativa vigente, per garantire agli agricoltori e ai tecnici il diritto di adottare protocolli di cura alternativi, supportati da adeguati finanziamenti e da un’informazione corretta e trasparente.
L’auspicio è che si possa finalmente passare da una logica distruttiva a una visione di rigenerazione del paesaggio e del patrimonio agricolo pugliese, in grado di valorizzare l’identità storica degli uliveti monumentali e ridare futuro a una delle aree agricole più pregiate d’Europa.