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Bari

Liberato il modello Ebrima Nyass: dal Centro per il rimpatrio al ritorno alla vita

Era rinchiuso dal 19 febbraio per un errore burocratico. La deputata Piccolotti denuncia: “Sistema cieco e crudele, storie ignorate dietro porte blindate”

Il Centro accoglienza richieste di asilo (Cara) di Bari - archivio

Il Centro accoglienza richieste di asilo (Cara) di Bari - archivio

BARI - Ebrima Nyass è tornato libero. Il giovane di origine gambiana, recluso da quasi tre mesi nel Centro per il rimpatrio di Bari nonostante una promettente carriera nel mondo della moda, è uscito dalla struttura nel pomeriggio di venerdì.

A darne notizia è stata la deputata di Alleanza Verdi Sinistra, Elisabetta Piccolotti, che aveva scoperto il suo caso durante una recente visita ispettiva nel Cpr del capoluogo pugliese.

La storia di Ebrima ha commosso l’opinione pubblica dopo che Piccolotti l’aveva condivisa sui social. Il ragazzo, oggi poco più che ventenne, aveva lasciato il Gambia a soli 15 anni, viaggiando a piedi fino all’Italia, dove era arrivato da minorenne. Dopo un passato segnato da gravi difficoltà familiari, si era ricostruito una vita nel nostro Paese, lavorando come modello per importanti marchi del settore fashion.

Il suo percorso di integrazione, però, si è interrotto bruscamente a causa di un intricato pasticcio burocratico, con appuntamenti saltati per il rinnovo del permesso di soggiorno, timbri mancanti e una documentazione incompleta che lo ha portato, il 19 febbraio, alla detenzione nel Cpr in attesa di espulsione.

"Abbiamo evitato che venisse deportato in Gambia, il Paese che aveva lasciato da solo tanti anni fa", ha dichiarato oggi Piccolotti. "La sua battaglia non è ancora finita, serviranno tempo e impegno per ottenere tutti i documenti necessari per vivere e lavorare in Italia, ma intanto un’ingiustizia è stata fermata".

L’esponente di Avs ha poi denunciato duramente il sistema dei Cpr italiani, definendolo "sordo, cieco e violento". A suo avviso, dietro quelle strutture si celano decine di vicende ignorate, progetti di vita spezzati e persone in balia della macchina amministrativa, spesso sedate con psicofarmaci e recluse dietro porte blindate.

"Ogni storia meriterebbe ascolto", ha concluso Piccolotti. "Ma invece di accogliere, continuiamo a rinchiudere".

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