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L'intervento

«Civiltà Mediterranea, è il momento di costruire uno spazio aperto, ma più giusto»

Il Sud d’Italia ha tutte le caratteristiche per avviare il processo di affrancamento delle comunità mediterranee dal gioco del Nord del mondo

Il Mezzogiorno visto dal satellite

Il Mezzogiorno visto dal satellite

BARI - La cultura mediterranea è, in realtà -e come tale andrebbe raccontata-, plurale. Tante e spesso contrapposte sono le culture che si affacciano sul mare ad esse comune. Non solo, anche all’interno delle singole realtà locali le declinazioni sono differenti a formare un caleidoscopio incredibile di idee, sensibilità, credenze, storie, progetti, identità. Però questa pluralità praticamente infinita origina una unità nella diversità. Appunto quella che chiamiamo la Civiltà Mediterranea.
 
Nasce così sulle coste di questo mare la regola e il concetto di tolleranza in perenne evoluzione; concetto vivissimo fin da Roma Antica; concetto che è un modello di convivenza inevitabile e magistero di socialità tra comunità e all’interno di ogni comunità e norma che regola l’incontro e il dialogo tra identità differenti cominciando dai primi approcci. Le numerosissime volte che si è preferito lo scontro anche armato si sono favoriti altri, i non belligeranti.
 
Nasce quindi anche il valore del dialogo e dell’ascolto come base della diplomazia tra pari e tra diversi e come base anche nei rapporti tra individui della stessa identità o di identità diverse e quindi tra Comunità.
 
Diversità tra persone e Comunità che lungi dall’essere un problema si propone come giacimento inesauribile di modelli di società e di economia. Modelli di società e di economie mediterranee che oggi e da sempre sono idealmente e fieramente alternativi nel loro insieme  all’idea nordica che si presenta oggi come l’unica via al benessere (idea nordica: grandindustriale, finanziaria, mondialista, unica, livellante, inalterabile) e ne propongono altre non misurate da un unico metro di valutazione (il Pil) ma da singoli criteri frutto delle singole culture locali e in continua evoluzione; sempre giovane e quindi in perenne divenire ma sempre piena di esperienza e di storia.
 
Diversità che impone differenti regole per le varie realtà. Regole ovviamente frutto della sintesi tra passato e futuro, quello desiderato e quello possibile.
 
Tolleranza, dialogo e diversità che impongono un equilibrio fondato sulla pace come spazio comune delle prossime generazioni partorite dalla comune appartenenza alla civiltà Mediterranea.
 
Civiltà che non faccia del consumo l’esclusiva esca del consenso facile, ma che abbia e consenta risposte sagomate e articolate sulla base delle singole realtà locali. Certamente il consumo dovrà tonificarsi specie sul piano qualitativo seppellendo definitivamente il periodo del “usa e getta” caro all’industria nordica così dannoso per l’ambiente e per le menti di tutti.
 
Civiltà che neghi valore alla unitarietà delle decisioni -i diktat, i sistemi esplicitamente o nascostamente autoritari- ma che riconosca ai momenti assembleari -i Parlamenti, i Senati- la loro centralità in modo da tendere perennemente a riportare l’uomo al centro di ogni attenzione pubblica.
 
Civiltà che significhi restituire dignità ed equità al sistema. Riconoscere il merito della imprenditoria creatrice di ricchezza e ridimensionare la massa e la protervia degli assorbitori di risorse/percettori di tasse.
 
Tutto ciò comporta che il futuro pur puntando ancora sulla crescita quantitativa della ricchezza, si fonderà maggiormente sul perfezionamento continuo di un modello economico e sociale più giusto; più giusto nella ripartizione della ricchezza prodotta ma principalmente nel maggior rispetto della dignità e identità di ognuno e delle comunità. La protervia delle multinazionali, delle aggregazioni di Stati, della finanza planetaria, della dis-informazione sistematica globale, delle tecnologie che controllano e determinano tutto,….va fermata e ribadita la centralità della persona e non certo del potente.
 
Il Mediterraneo è ed è stato il luogo di scontro ed incontro delle numerosissime identità differenti che vi si affacciano. La Storia ha insegnato come sia decisivo e componente qualificante della comune Civiltà superare il momento di scontro e abbracciare il dialogo -anche se aspro- e la condanna ad ogni forma di violenza. Violenza che viviamo come negazione tangibile del concetto stesso di civiltà quale che sia la identità che la ponga in essere e le motivazioni addotte.
 
La Civiltà Mediterranea testimonia come di tanta Storia sia residuata solo la parte costruttiva e dialogante che oggi sono Patrimonio dell’Umanità di cui andare fieri ma anche da preservare per potervi edificare sopra il futuro di tutti.
 
Quindi Civiltà Mediterranea unica ma plurale, antica ma modernissima, locale ma universale, non certo vilmente pacifista ma pacifica e dialogante, gelosa e conservatrice del proprio vissuto ma arditamente proiettata dentro le future sfide poste dai propri limiti e dalle altrui insidie.
 
La difesa e valorizzazione delle identità, la centralità della persona umana, la unicità del dialogo e del Diritto Naturale come veicoli di convivenza universali sono i Valori di Civiltà su cui fondare il futuro di tutti.
 
Il Sud d’Italia che ha tutte le caratteristiche per avviare il processo di affrancamento delle comunità mediterranee dal gioco del Nord del mondo, dovrebbe darsi come nome “Mediterrania” sia perché centro geografico dell’intero mare nostro, sia perché iniziatrice di questo processo, sia perché in essa tutte le comunità rivierasche si sono incontrate, reciprocamente contaminate e mischiate culturalmente e politicamente.
 
Nasce così un nuovo soggetto geopolitico non contraddistinto da connotazioni istituzionali unitarie ma frutto della unica ispirazione a costituire uno spazio aperto ma più “giusto” come modello socio economico per tutti.
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