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Bari
07 Maggio 2025 - 11:27
Spinse il gatto nella fontana di Alberobello
BARI - Sette mesi accanto agli animali per imparare il rispetto che è venuto meno in quel gesto crudele. È questa la misura disposta dal Tribunale per i Minorenni, che ha deciso di sottoporre a messa alla prova la giovane di Alberobello protagonista dell’episodio che, nel gennaio 2024, ha fatto il giro dei social scatenando un’ondata di indignazione in tutta Italia.
Il video, girato da un’amica e diffuso online, mostrava la ragazza mentre colpiva con un calcio un piccolo gatto, facendolo precipitare nelle acque gelide della fontana del paese. L’animale non sopravvisse. Quelle immagini, diffuse in rete, divennero in poco tempo virali, attirando l’attenzione di centinaia di attivisti per i diritti degli animali e suscitando profondo sgomento nell’opinione pubblica.
Ora, dopo mesi di accertamenti e valutazioni, il giudice ha stabilito che la ragazza dovrà scontare 7 mesi di volontariato presso il canile comunale, dove si occuperà della cura quotidiana degli animali ospitati. Il provvedimento prevede inoltre la partecipazione obbligatoria a un corso di educazione alla legalità e una serie di colloqui di sostegno presso un consultorio familiare.
La difesa della giovane, affidata all’avvocata Ornella Tripaldi, ha evidenziato che la ragazza, dopo aver realizzato la gravità del proprio gesto, avrebbe manifestato un sincero pentimento. A conferma di ciò, avrebbe adottato un cucciolo, instaurando con lui un rapporto affettivo costante e assumendosi la piena responsabilità del suo benessere.
L’intento del percorso imposto dalla magistratura è quello di trasformare una condotta inaccettabile in un’esperienza educativa, che possa aiutare la giovane a sviluppare consapevolezza e rispetto verso gli esseri viventi. L’obiettivo, come sottolineano fonti vicine alla decisione, è responsabilizzare la minore, offrendo una possibilità di riscatto attraverso l’impegno concreto e quotidiano.
Il caso, che aveva ferito profondamente la comunità di Alberobello, ora si chiude con una risposta giudiziaria improntata al recupero, ma che non minimizza la gravità dell’atto. Un gesto brutale che ora dovrà lasciare spazio al senso del dovere, all’empatia e – si spera – a un cambiamento autentico.
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