BARI - Quando un Papa se ne va, una specie di fulmine attraversa il mondo intero. In un baleno le coscienze e i pensieri più diversi si destano e tributano -anche inconsapevolmente- il loro immenso cordoglio.
Papa Francesco è stato come altri del recente passato: un Grande.
È stato Grande il suo voler parlare con le altre confessioni anche rischiando la tenuta unitaria della Chiesa e del Suo stesso ruolo. È stato Grande nel pensiero universale anche mettendosi al centro delle critiche prevedibili dei Paesi di immigrazione. È stato Grande nell’introdurre il tema della difesa dell’ambiente come elemento irrinunciabile della vita economica mondiale. È stato Grande nel convivere con un altro Papa vivente in Roma di differente orientamento senza che le crepe che pur si vedevano nella Unità della Chiesa prevalessero.
Ha quindi scritto una pagina importante nella Storia del mondo.
Adesso che non c’è più, e molte delle critiche che lo hanno angustiato non hanno più ragione di essere, si deve guardare al futuro.
Le guerre si sono acuite laddove il suo dialogare con le altre confessioni mirava proprio al loro superamento; anzi le guerre si sono trasformate in barbarie vili e sanguinose. La tecnologia lungi dal favorire un ambiente più salubre e mettersi al servizio della persona, ha reso le armi più micidiali e sta minando financo le menti di tutti. Le differenze economiche tra i Paesi e tra le persone si sono allargate come non mai. Le certezze che le religioni offrivano ai loro fedeli stanno crollando. Le periferie dalle quali Lui viene, lungi dal trovare un esito favorevole al recupero dei disperati che vi vivono si sono centuplicate. Senza voler parlare delle vocazioni, della denatalità, dello spopolamento di intere nazioni, dei vaccini, del ruolo perversamente invasivo delle multinazionali.
L’eredità lasciata dal Papa argentino è terrificante per la gravità delle criticità e per la loro diffusione: dopo il periodo in cui il Male era tutto dentro il sistema inumano sovietico abbiamo oggi un periodo in cui non si sa distinguere più il bene dal male. E la Chiesa è chiamata in primis a chiarire proprio questo: la concentrazione di potere pubblico e privato in poche mani susseguente alla unione tra Stati o tra gruppi economico-finanziari è cosa buona o no? Oppure si deve favorire ed auspicare la frammentazione degli stati continentali in stati nazionali o regionali? La tentazione degli stati e degli agglomerati pluristatuali di riarmarsi spendendo cifre faraoniche è o no una patologia gravissima del nostro mondo? La gestione delle minoranze etniche come deve essere impostata? La crescita economica come deve essere perchè si distribuisca meglio la ricchezza prodotta?
Il Potere immenso racchiuso nel pensiero cattolico verso quale scenario deve andare? La posta è così alta che non possiamo immaginare come potrà la Chiesa del futuro rispondere. Il Conclave prossimo venturo sarà libero da influenze esterne? E riuscirà a trovare una sua strada unitaria? O si isolerà nel confessionalismo più stretto rinunziando al supremo Magistero Sociale che dai tempi di Leone XIII ha posto la Chiesa al centro anche del mondo laico? Va rilanciato il pensiero cattolico che deve ritrovare al proprio interno le necessarie risposte.
il compito è molto arduo! È il momento di un lungo pontificato italiano.
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