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I dati

Stipendi bassi, stress e carriere ferme. Giovani in fuga dal posto fisso

Ricerca Cisl FP: "Il lavoro statale non è più un sogno, ma un ripiego". L’età media sfiora i 52 anni, stress e insoddisfazione dilagano

Stress da lavoro

Fuga dal lavoro fisso

Il "posto fisso", un tempo mito intramontabile per intere generazioni, oggi si sta trasformando in un piano di riserva. A rivelarlo è un’indagine condotta dalla Cisl FP Lombardia insieme al Centro studi BiblioLavoro, che ha analizzato le percezioni di oltre 1.000 lavoratori attraverso la campagna di ascolto "I Care", coinvolgendo un totale di 15 mila iscritti.

La fotografia è impietosa: stipendi bassi, carriere bloccate, contratti che restano fermi per anni, episodi di violenza sul posto di lavoro, scarso riconoscimento del merito e una reputazione sociale sempre più bassa. Questi sono i motivi principali che stanno svuotando di fascino il lavoro nella pubblica amministrazione, spingendo molti a considerarlo non più come una scelta di vita, ma piuttosto come una soluzione di ripiego.

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Non sorprende dunque che l’età media dei dipendenti pubblici sfiori i 52 anni, segno evidente di un ricambio generazionale che non si è mai concretizzato. Perfino l’impiegato dell’Ufficio caccia e pesca reso celebre dal film "Quo vado?" di Checco Zalone, oggi, potrebbe decidere di cercare altre opportunità.

La segretaria generale della Cisl FP Lombardia, Angela Cremaschini, commenta con preoccupazione: "Il blocco dei contratti tra il 2010 e il 2019 ha fatto crollare il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici del 16% rispetto a chi lavora nel settore privato. Serve urgentemente un rinnovo contrattuale, le risorse ci sono. Non si può continuare a ignorare la sofferenza di un comparto piegato dalla carenza di personale, da carichi di lavoro insostenibili e da aggressioni, soprattutto nel settore sanitario".

La ricerca ha messo in evidenza un profilo chiaro del dipendente pubblico: età media di 51,8 anni, solo il 10% ha meno di 39 anni, con una netta prevalenza femminile del 62,5%. Il 45,4% è laureato, il 41,4% possiede un diploma di scuola superiore. Più della metà degli intervistati lavora nella sanità, mentre il resto si divide tra enti locali e amministrazioni centrali. Ben 6 lavoratori su 10 hanno oltre 20 anni di servizio, il 28% opera su turni, il 31% ha figli minorenni e il 35% si prende cura di familiari anziani.

Motivi della fuga dal pubblico impiego

Alla base della crescente disaffezione ci sono cause ben precise. L’83,2% degli intervistati denuncia stipendi inadeguati rispetto al costo della vita, il 55,2% lamenta scarsissime possibilità di avanzamento professionale e il 51,5% accusa la totale mancanza di riconoscimento per il lavoro svolto. L’ambiente lavorativo è percepito come stressante dal 34,9%, mentre il 30,5% punta il dito contro la burocrazia soffocante. Infine, il 23,5% sottolinea la cattiva considerazione sociale del lavoro pubblico.

Stress e pressioni quotidiane, un male diffuso

Il quadro dello stress è altrettanto allarmante. Il 60% dei lavoratori si sente spesso o sempre sopraffatto, con picchi più alti tra donne, personale sanitario e chi lavora su turni. Le cause principali sono l’eccessivo carico di lavoro, indicato dal 50,5%, le carenze di organico (42,6%) e il comportamento degli utenti (28,3%). Non meno rilevante è il tema sicurezza: il 12% segnala episodi di aggressioni fisiche o verbali, soprattutto tra gli operatori sanitari.

Gli effetti di questo malessere sono profondi: il 93,4% riferisce un pesante squilibrio tra vita e lavoro, il 92% soffre di problemi fisici o psicologici, mentre l’88,4% si dichiara demotivato e l’83,1% parla di isolamento.

Carriere al palo e organizzazione carente

Non meno critico è il giudizio sull’organizzazione interna. Più di 6 dipendenti su 10 la considerano inefficace, citando la scarsità di personale (40,8%), la mancanza di supporto dalla dirigenza (36,6%), i problemi di comunicazione interna (36,5%) e la burocrazia eccessiva (36,4%).

Il 46,5% denuncia condizioni di lavoro inadeguate, con punte del 58,4% tra gli operatori sanitari. Una persona su 3 lamenta strumenti informatici obsoleti, scarsa manutenzione degli ambienti e spazi insufficienti.

Di fronte a questi dati, la fotografia è chiara: il lavoro pubblico, da sempre considerato un porto sicuro, oggi è percepito sempre più come una scelta obbligata, priva di soddisfazioni e con poche prospettive di miglioramento.

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