Notizie
Cerca
Il colloquio
06 Aprile 2025 - 06:00
Roberto Vannacci
Lo scorso giovedì 27 marzo Taranto Buonasera ha avuto la possibilità di intervistare a Bruxelles in esclusiva il Generale Roberto Vannacci, eurodeputato eletto al Parlamento europeo nella lista della Lega di Matteo Salvini. L’onorevole Vannacci ha espresso in queste settimane scetticismo per il piano di riarmo europeo che abbiamo imparato a conoscere nelle scorse edizioni del settimanale di Taranto Buonasera, e ai nostri microfoni ha ribadito la sua perplessità.
Così ho aperto la discussione con Vannacci: “Si può definire che lei porti avanti una posizione sovranista per quanto riguarda le politiche nazionali. Lei pensa che appunto un’Europa anche più indipendente dal punto di vista dell’esercito, ma anche dal punto di vista industriale e tecnologico, e quindi anche indipendente rispetto alle altre superpotenze (USA, Cina e Russia ndr), non sia un futuro auspicabile per l’Europa e quindi anche per l’Italia?”. Il Generale ha risposto: “Dobbiamo mettere le cose in ordine. Certo che ho una posizione sovranista, perché gli Stati esistono e ogni Stato ha i suoi interessi nazionali. L’esercito comune è solamente un slogan, è una fesseria, una balla, non può esistere fintanto che esisteranno Stati diversi, perché gli interessi di ogni Stato sono diversi dagli interessi di un altro. Quindi questo ReArm Europe in parte erode quella che è la sovranità di ogni Stato, perché questo prestito verrebbe fatto solamente se rispetta determinate condizionalità che sono decise dalla Commissione. Quindi questo è il primo step. Secondo problema: per quale motivo scatta improvvisamente questo Rearm Europe? C’è un’emergenza? A Taranto ci sono i soldati russi che navigano nel Mar Piccolo? Nessun Paese europeo è stato invaso dai soldati della Federazione russa. In compenso abbiamo un Paese europeo che è invaso dalla Turchia, che è Cipro, dal 1974. Eppure non è stata proclamata nessuna Rearm Europe per contrastare la Turchia, che ha già invaso un Paese europeo. E poi è anche il modo col quale è fatto questo ReArm Europe. Questo ReArm Europe fondamentalmente è un’immensa spesa di prestito e di investimento della quale l’Italia beneficerà molto poco. Perché, come lei sa, l’industria della difesa si basa sull’industria pesante e la maggior parte di queste industrie pesanti sono in Germania e in Francia. Quindi prenderemo in prestito dei soldi, ma non avremo il benefit di creare nuovi posti di lavoro e maggiore produzione in Italia. E in ultimo, è il principio, ovvero perché ci vogliono convincere che dobbiamo spendere molto di più? Perché riusciamo a comprare meno materiale militare perché il materiale militare è stato fortemente influenzato dall’incremento dei prezzi del gas, dell’energia e delle materie prime. Mediamente è aumentato negli ultimi 3, 4 anni, anche più del 100% se non addirittura del 200%. Allora ci dicono che quello che spendevamo sino a due anni fa non basta, dobbiamo incrementare le spese. Ma perché invece non facciamo scendere il prezzo dell’energia e delle materie prime? Come? L’ha detto Draghi. Draghi ci ha detto nel suo rapporto che uno dei motivi della scarsa competitività dell’Europa è proprio il fatto che abbiamo rinunciato a quello che era il più grande fornitore di energia dell’Europa, che era la Russia. Allora oggi che si sta parlando di pace e non più di guerra che è quindi uno scenario del passato e non del futuro, perché invece di investire ed indebitarci per uno scenario che non è più ipotizzabile non, invece, investiamo per far scendere il prezzo delle materie prime e del dell’energia ristabilendo una normalità commerciale con l’Asia e con la Russia e poi eventualmente riprovvedere al riarmo quando i prezzi sono calmierati? Ci sono tante cose che non tornano ed è anche per questo che io sono contrario e critico rispetto a questo provvedimento”.
Dopo questa risposta, abbastanza esaustiva, mi sono sentito in dovere di interpellarlo sulla questione che è stata, è e sarà centrale per quanto riguarda il territorio tarantino, ovvero sullo stato degli impianti siderurgici dell’ex Ilva: “Proprio sull’industria pesante. Sa, io sono di Taranto, quindi il tema dell’Ilva è un tema molto sensibile per la popolazione, soprattutto in questo momento in cui si cercano investitori e la produttività si alzerà sempre di più anche per, diciamo, porre rimedio ai vari debiti che l’industria ha”.
Qui mi riferivo alla negoziazione in atto per l’acquisizione privata degli impianti ex Ilva, nella quale, stando anche alle parole del 1 aprile del Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, la migliore offerta sia dal punto di vista del piano industriale, di quello ambientale e della tenuta dei livelli occupazionali, sembra essere rappresentata dalla cordata azera guidata da Baku Steel Company (Bsc) e Azerbaijan Business Development Fund (Abdf). Poi continuo: “Se lei ha un pensiero su questa cosa, sulla situazione dell’Ilva, che è una situazione che da anni inficia molto la popolazione ed è, diciamo, un argomento molto delicato per noi Tarantini”.
La risposta del Generale, anche con una nota sarcastica, non si fa attendere: “E’ paradossale, se non addirittura grottesco. L’Europa negli ultimi 10 anni ha puntato alla deindustrializzazione dell’Europa stessa, ha delocalizzato la propria industria pesante, ci ha convinto che non dovessimo produrre acciaio perché la produzione di acciaio era inquinante e oggi invece ci vuole convincere che dobbiamo riprodurre l’acciaio per fare le armi. Vede l’assurdità di tutte queste decisioni? Vede perché non torna alla fine il discorso né nella logica, né nella comprensione? E l’Ilva si trova al centro di questa polemica no? Quindi abbiamo colpevolizzato l’Ilva perché inquinava, perché era insostenibile, perché non era green, perché non si confaceva a quella che era l’idea ideologica degli ecologisti della domenica. E oggi invece il tutto viene in qualche modo esorcizzato con un provvedimento che non rispetta né i criteri dell’emergenza né criteri della necessità”.
Sulla delocalizzazione dell’industria pesante e sulla programmazione schizofrenica da parte dell’UE il Generale ha ragione. L’Unione Europea ha progressivamente delocalizzato la propria produzione industriale pesante negli ultimi decenni e questa tendenza è stata guidata da fattori come i costi energetici, le normative ambientali più severe e i ridotti costi di manodopera fuori dall’UE e nelle regioni limitrofe. Ad esempio l’UE ha adottato regolamenti ambientali stringenti come il Green Deal e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM). Inoltre la produzione d’acciaio è effettivamente calata per l’aumento esponenziale del costo dell’energia dovuto ai rapporti interrotti con l’ex fornitore principale e più economico che sarebbe la Russia e in particolare ultimamente si è prediletta l’importazione esterna dell’acciaio da Turchia e Cina. Attualmente, non risultano informazioni ufficiali che indichino un coinvolgimento diretto degli impianti siderurgici dell’ex Ilva di Taranto nella produzione di acciaio destinato specificamente al piano di riarmo europeo 2030 (Readiness 2030) presentato dalla Commissione europea, vero è, però, che l’UE ha un obiettivo in merito. Ha, infatti, delineato un piano significativo per la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto, riconoscendo l’importanza strategica di questo impianto sia per l’industria siderurgica europea che per la transizione ecologica. Quindi, da un lato per impedire alle industrie di trasferire la produzione in Paesi con regolamenti ambientali più permissivi, entro l’anno Bruxelles presenterà una revisione del CBAM (meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera), estendendone l’applicazione ad alcuni prodotti ottenuti dall’acciaio e dall’alluminio e introducendo nuove misure per contrastare eventuali tentativi di elusione delle norme. Dall’altro, puntare ancora sulla reindustrializzazione europea come sfida principale per il progressivo processo di indipendenza da esportazioni esterne. Oltre alle questioni più tecniche, è giusto però anche precisare che la messa in discussione dei processi produttivi dell’ex Ilva e il puntare l’attenzione sui rischi, edulcorando, ambientali e di salute che essa ha provocato, provoca e provocherà, non è avvenuta dall’alto, o per volontà dei cosiddetti “ambientalisti della domenica”, o per ideologismi non attinenti alla realtà delle cose. Questa terra ha una storia di battaglie contro questo mostro industriale, e ridurre o strumentalizzare queste battaglie e le istanze della popolazione per andare contro al nemico di turno (l’UE), non è rendere giustizia a dei cittadini che da sempre sono considerati di serie b e che non sono mai stati ascoltati dalla politica, a tutti i livelli.
I più letti
Testata: Buonasera
ISSN: 2531-4661 (Sito web)
Registrazione: n.7/2012 Tribunale di Taranto
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Piazza Giovanni XXIII 13 | 74123 | Taranto
Telefono: (+39)0996960416
Email: redazione.taranto@buonasera24.it
Pubblicità : pubblicita@buonasera24.it
Editore: SPARTA Società Cooperativa
Via Parini 51 | 74023 | Grottaglie (TA)
Iva: 03024870739
Presidente CdA Sparta: CLAUDIO SIGNORILE
Direttore responsabile: FRANCESCO ROSSI
Presidente Comitato Editoriale: DIEGO RANA