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Puglia svuotata dall’emigrazione, la Cgil lancia l’allarme: “Persi in vent’anni gli abitanti di quattro capoluoghi”

Oltre 690mila pugliesi hanno lasciato la regione dal 2002. La segretaria Gigia Bucci denuncia il lavoro precario come causa della fuga: “Un declino sociale inarrestabile se non si interviene con politiche serie”

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BARI - In poco più di vent’anni la Puglia ha visto partire una popolazione pari a quella di intere province come Taranto, Foggia, Lecce e Brindisi messe insieme. Un dato impressionante, che emerge dal bilancio demografico pubblicato dall’Istat, e che accende i riflettori su un fenomeno ormai strutturale: l’emigrazione interna ed estera dei cittadini pugliesi in cerca di un futuro migliore.

A rilanciare l’allarme è la segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci, che parla di un esodo silenzioso ma devastante. Tra il 2002 e il 2024, secondo i numeri forniti dal sindacato, sono stati oltre 573mila i residenti che hanno trasferito la propria residenza verso altre regioni italiane, con una media annua di 26mila partenze. A questi si aggiungono quasi 119mila pugliesi che hanno scelto l’estero, quasi novemila soltanto nel 2023.

“È un’emorragia sociale che riflette una crisi profonda del lavoro e della qualità della vita in Puglia”, denuncia Bucci. “Chi parte lo fa per trovare un’occupazione coerente con il proprio percorso di studi, stabile, con salari dignitosi. Invece qui il lavoro è povero, frammentato, spesso privo di diritti”.

Ma la perdita di capitale umano non è l’unico segnale preoccupante. Secondo la segretaria della Cgil, la debolezza occupazionale si riflette anche sul calo delle nascite, con un saldo naturale negativo che conferma il crollo demografico. “Molte giovani coppie rinunciano ad avere figli perché non vedono prospettive. Se non si agisce in fretta, l’inverno demografico non sarà solo un fenomeno statistico, ma si tradurrà in impoverimento e desertificazione sociale”.

Per il sindacato, la risposta non può che partire da una riforma profonda del mercato del lavoro, restituendo piena dignità a chi lavora. “Serve riaffermare il principio costituzionale secondo cui il lavoro deve garantire una vita dignitosa”, sottolinea Bucci. “Basta con la precarietà sistemica, basta con i salari da fame, basta con l’uso distorto del reddito che costringe a subire violazioni contrattuali, anche a discapito della sicurezza”.

L’occasione per cambiare rotta, secondo la Cgil, è rappresentata dai referendum del prossimo 8 e 9 giugno, che propongono l’abolizione di norme discriminatorie tra lavoratori assunti in tempi diversi e l’eliminazione dei contratti a termine perpetui. In Puglia, uno su cinque lavora con un contratto a termine da oltre cinque anni.

Ma l’azione, avverte Bucci, non può fermarsi alla riforma del lavoro. Serve una difesa concreta del tessuto industriale, soprattutto nel Mezzogiorno. “Non possiamo accettare che crisi produttive o scelte speculative cancellino asset strategici. Al contrario, bisogna investirvi per creare filiere moderne, che generino occupazione qualificata e retribuzioni adeguate”.

“Chi lascia la Puglia è soprattutto giovane, spesso laureato, pieno di potenziale. A questo destino di declino noi ci opponiamo”, afferma con forza Bucci. “È ipocrisia lamentarsi dei dati demografici e poi non sostenere politiche per il lavoro e la dignità. La nostra lotta continua, con proposte concrete, mobilitazioni e una visione chiara: vogliamo una Puglia che non costringa più nessuno a partire”.

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