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Bari
02 Aprile 2025 - 06:17
Michele Emiliano
BARI - La Giunta regionale della Puglia ha deciso di non difendere davanti alla Corte costituzionale una delle disposizioni più controverse contenute nella recente legge elettorale. Con una delibera approvata nel corso della seduta odierna, l’esecutivo ha stabilito che non vi sono motivi per opporsi all’impugnazione dell’articolo 219 della legge regionale numero 42 del 2024.
Si tratta della norma che, modificando in modo significativo la disciplina previgente, impone ai sindaci intenzionati a candidarsi alle prossime elezioni regionali di rassegnare le dimissioni con almeno centottanta giorni di anticipo rispetto alla scadenza della legislatura. Un obbligo che ha suscitato forti polemiche e una levata di scudi da parte degli amministratori locali.
Fino all’ultima legge di bilancio, il comma 2 dell’articolo 6 della legge elettorale pugliese stabiliva invece che i sindaci potessero mantenere l’incarico fino al termine ultimo per la presentazione delle candidature. La riforma ha di fatto stravolto l’impianto normativo precedente, introducendo un vincolo molto più rigido.
Ad approfondire la questione sono stati i giuristi dell’Avvocatura regionale e gli uffici legislativi competenti, i quali hanno sottolineato l’irragionevolezza della nuova disposizione. Secondo le analisi tecniche, la norma in questione lede in maniera sproporzionata il diritto di elettorato passivo, tutelato dall’articolo 51 della Costituzione, e mina la stabilità delle amministrazioni locali, costringendo a dimissioni anticipate che potrebbero avere conseguenze pesanti sulla continuità dei governi municipali.
Il provvedimento, ora oggetto del vaglio della Consulta, è stato duramente contestato da numerosi sindaci pugliesi e dall’Anci, che ne hanno denunciato la palese incostituzionalità. A loro avviso, si tratta di una misura che discrimina chi amministra i Comuni, limitando l’accesso paritario alle cariche pubbliche, in contrasto con i principi di uguaglianza e libertà sanciti dalla Carta fondamentale.
Alla luce di queste considerazioni, la Giunta regionale ha scelto di non schierarsi a difesa della norma. Una decisione che segna una presa di distanza da una modifica legislativa introdotta dallo stesso Consiglio regionale, e che rischiava di trasformarsi in un boomerang politico in vista delle prossime scadenze elettorali.
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