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Europa

L'Unione tra competitività e sicurezza

Cosa è emerso dal Consiglio dello scorso 20 marzo

L'Unione tra competitività e sicurezza

L'Unione tra competitività e sicurezza

Giovedì 20 marzo si riuniscono i 27 capi di Stato e primi ministri per il meeting ufficiale del Consiglio europeo. Presiedono la riunione, come di consueto, anche la Presidente della commissione von der Leyen, il Presidente del consiglio europeo Antonio Costa, l’alto rappresentate degli affari esteri e politica di sicurezza Kaja Kallas e per l’occasione è stato invitato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Dopo l’arrivo dei leader in mattinata, il programma, parecchio fitto, prevedeva un collegamento in videochiamata col presidente ucraino Volodymir Zelensky per un aggiornamento sulla guerra, una discussione sulla competitività europea, un resoconto su quello che accade in medio oriente e chiaramente il topic centrale delle ultime settimana ovvero il piano di riarmo europeo proposto dalla commissione.

La Presidente Meloni arriva a Bruxelles dopo un intervento in parlamento, che mancava da un po’, dove non si è espressa su temi di strettissima attualità, edulcorando. Ha preferito, difatti, alla vigilia di un summit europeo di grande importanza, concentrarsi sulla politica interna e dividere il parlamento nazionale gettando fumo sulla manifestazione di qualche giorno fa tenutasi a Roma che ha visto partecipare gran parte dell’ala progressista e all’opposizione, richiamata dal giornalista Michele Serra, per ricordare i valori europei. Sul contenuto, francamente criptico, dei pacifistici scesi in piazza che avvallano il riarmo europeo, ciò su cui la Presidente del Consiglio ha posto l’attenzione è stato lo stampo ideologico di questa ala progressista che ha come sua bibbia il manifesto di Ventotene del 1941, scritto dagli italiani Spinelli e Rossi, due padri fondatori europei. La decontestualizzazione della scelta del contenuto del testo letto dalla stessa Presidente che ha omesso il periodo storico di estrema dittatura nel quale è stato prodotto il manifesto è evidente, ma la decontestualizzazione della scelta fatta di parlare di questo manifesto scritto più di 80 anni fa per mettere in cattiva luce l’opposizione interna in un periodo che richiede estrema praticità e pragmatismo a livello internazionale è ancora più disarmante. Chiaramente, questa strategia comunicativa permette di monopolizzare il dibattito pubblico per giorni e di distogliere l’attenzione dalla spaccatura interna del governo sulla politica estera.

Il vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani conferma, a margine del consiglio europeo, che la Presidente Meloni “ha tutto il sostegno di Forza Italia per andare avanti nella direzione di un’Europa con una politica estera e di difesa comune” e conferma che se il governo non fosse europeista, uscirebbe da quest’ultimo con rapidità. Matteo Salvini, che invece era il giorno prima davanti al Parlamento europeo per ribadire la sua posizione per la non-spesa in armi, non sembra essere d’accordo con i suoi partner di governo. Le conclusioni raggiunte in sede del Consiglio europeo sulla questione ucraina hanno seguito i medesimi punti del summit straordinario del 6 di marzo, con una approvazione a 26 che resiste al veto ungherese. Riguardo questo, le conclusioni di questo Consiglio europeo sono state le seguenti: “il Consiglio europeo ribadisce il suo continuo e incrollabile sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti.

L’Unione europea mantiene il suo approccio di “pace attraverso la forza”, che richiede all’Ucraina di essere nella posizione più forte possibile, con le proprie solide capacità militari e di difesa come componente essenziale”. Ancora: ”Il Consiglio europeo accoglie con favore la dichiarazione congiunta dell’Ucraina e degli Stati Uniti a seguito del loro incontro in Arabia Saudita l’11 marzo 2025, comprese le proposte per un accordo di cessate il fuoco, gli sforzi umanitari e la ripresa della condivisione delle informazioni e dell’assistenza alla sicurezza da parte degli Stati Uniti. Il Consiglio europeo invita la Russia a dimostrare una reale volontà politica di porre fine alla guerra”. Sembra quindi esserci un “forte accordo” sulla necessità di “continuare a sostenere l’Ucraina politicamente e militarmente”. Tutto ciò se non fosse che un funzionario ungherese, incaricato di parlare con la stampa, ha di seguito asserito ai nostri microfoni, parafrasando: “non c’è accordo sull’Ucraina con noi, la posizione dell’Ungheria è molto chiara sin dal primo giorno(…) le nuove sfide consistono, secondo noi, nel riaffermare una nuova strategia sul ripristinare le comunicazioni e provare a trovare un accordo che sarebbe la cosa migliore per tutti”, continua: “la situazione è cambiata da quando abbiamo la nuova amministrazione americana che ha un diverso approccio alla guerra(…)sfortunatamente sembra che la maggior parte degli Stati membri e dei leader europei pensino che il medesimo approccio che stavamo avendo negli ultimi anni ci stia portando da qualche parte, e noi ungheresi non vediamo il punto di ciò, ecco perché non aderiamo alle conclusioni oggi presentate sull’Ucraina”. Continuando il discorso: “Il problema è che non siamo riusciti ad avere la situazione in pugno da tre anni ed ora gli Stati Uniti non stanno più appoggiando la strategia europea e stanno negoziando, non solo sulla guerra, ma su come reintegrare la Russia nel sistema occidentale. Ora l’Unione europea invece ripete le stesse motivazioni. Il problema non è l’Ungheria ma una mancanza di una visione strategica. L’Europa è isolata grazie a quello che è accaduto in questi tre anni in cui abbiamo stoppato cooperazione pragmatica, energetica ed economica con la Russia, il che ci è costato molti soldi. Questa strategia non ci porta da nessuna parte”.

La Presidente von der Leyen ha, nella conferenza stampa tenutasi alle 23:30 del 20 marzo insieme al Presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, deliberato le sue conclusioni sul summit sulla difesa europea che sembra andare a braccetto con il piano per accrescere la competitività economica e industriale con le altre super potenze : “Dobbiamo fare in modo che questo mercato frammentato si trasformi in un’unica unione del risparmio e di investimento, con un unico insieme di regole che consentano lo stesso punto di ingresso ovunque e rendano attraente l’allocazione del denaro nell’UE.” Specificando il lavoro del Consiglio europeo in merito :”Abbiamo anche presentato il libro bianco sul futuro della difesa europea ed è stato molto positivo avere entrambe le discussioni perché la competitività e la difesa sono due facce della stessa medaglia. (…) Due settimane fa, al Consiglio europeo (Consiglio europeo del 6 marzo n.d.r.), abbiamo raggiunto un accordo storico per aumentare la nostra capacità di difesa, la nostra spesa per la difesa e per farlo insieme e oggi, infine, abbiamo presentato il piano “Readiness 2030”. In altre parole, abbiamo concordato su come effettuare tale spesa. In primo luogo stiamo attivando la clausola di salvaguardia nazionale poiché gli Stati membri siano pronti a investire di più nella propria sicurezza. L’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale consente agli Stati membri di aumentare la spesa per la difesa senza innescare una procedura per disavanzo eccessivo. In secondo luogo, abbiamo proposto un nuovo strumento che abbiamo chiamato “azione di sicurezza per l’Europa”, detto Safe, ovvero una collaborazione per gli acquisti congiunti. Vogliamo spendere di più insieme, vogliamo spendere meglio e vogliamo spendere di più in Europa. Si tratta di finanziare questi acquisti congiunti da parte dell’industria europea fino a 150 miliardi di euro in prestiti agli Stati membri disponibili per questi investimenti nella difesa”. Inoltre, il piano delineato dalla von der Leyen quindi prevedrebbe entro 4/5 anni un aumento del PIL nazionale dell’ 1,5% per investimenti sulla difesa che possono arrivare fino a 650 miliardi i quali possono essere spesi in autonomia sulle forniture militari decise dai singoli Stati membri.

Questo Consiglio europeo è stato quindi fondamentale e ha chiarito che l’aumento della competitività europea non è solo una questione economica, ma anche una necessità strategica per garantire la sicurezza e l’autonomia dell’UE. Il piano Readiness 2030, nome cambiato rispetto al precedentemente usato ReArm Europe, e il rafforzamento della competitività vanno quindi di pari passo: una base industriale forte e innovativa è essenziale per supportare sia la crescita economica che la capacità di difesa dell’Europa. Per far questo c’è bisogno di un maggiore investimento nell’industria della difesa europea, riducendo la dipendenza da fornitori esterni; un rafforzamento della capacità produttiva nel settore militare e tecnologico per rispondere alle minacce geopolitiche; e la creazione di un mercato interno più competitivo capace di sostenere l’innovazione e la sicurezza economica

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