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Il caso
25 Marzo 2025 - 07:38
Olio extravergine di oliva
BARI – L’arrivo massiccio di olio d’oliva tunisino nei porti italiani accende i riflettori su un fenomeno in preoccupante crescita, che secondo Coldiretti Puglia rappresenta una minaccia concreta per la trasparenza del mercato, la qualità dei prodotti e la tutela dei consumatori.
Secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio nazionale tunisino dell’agricoltura, nei primi quattro mesi della campagna olivicola 2024-2025, la Tunisia ha esportato oltre 132mila tonnellate di olio, registrando un incremento del 40,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il principale acquirente è stata l’Italia, che ha assorbito quasi un terzo del totale, seguita da Spagna e Stati Uniti.
Una fetta enorme di prodotto ha viaggiato sfuso, pari all’89,8 per cento delle esportazioni, lasciando ampio spazio a possibili manipolazioni e false etichettature, denuncia Coldiretti. L’olio confezionato, infatti, ha rappresentato appena il 10,2 per cento del totale.
A rendere ancora più allarmante il quadro è il crollo dei prezzi dell’olio tunisino, scesi del 54,9 per cento nel solo mese di febbraio 2025 rispetto all’anno precedente. A seconda della tipologia, si va da 2,57 a 5,60 euro al chilo, cifre che stravolgono il mercato e rendono quasi impossibile la competizione per i produttori italiani, i cui costi di produzione sono decisamente più alti.
“Questa ondata di olio straniero alimenta il rischio che venga spacciato come Made in Italy, danneggiando i nostri agricoltori e confondendo i consumatori”, denuncia Coldiretti, che richiama l’attenzione sull’accordo siglato tra Unione Europea e Tunisia, il quale consente ogni anno l’importazione senza dazi di 56.700 tonnellate di olio vergine, extravergine e lampante. Una norma che, secondo l’organizzazione agricola, apre la porta a gravi distorsioni del mercato.
Il vicepresidente di Coldiretti e presidente di Unaprol, David Granieri, ha puntato il dito contro il Regolamento UE 2020/761, sottolineando la necessità di regole più stringenti. “Serve garantire che l’olio importato rispetti gli stessi standard qualitativi e sanitari che valgono per quello europeo”, ha dichiarato. “Senza controlli efficaci sulla provenienza e sulla qualità, si mette a repentaglio la fiducia dei consumatori e si indebolisce la reputazione del nostro olio extravergine, riconosciuto in tutto il mondo per la sua eccellenza”.
Il timore, ora, è che dietro l’importazione di grandi quantitativi a basso costo si nasconda un sistema di speculazione che sacrifica la qualità a favore del profitto, con effetti devastanti sull’intero comparto olivicolo nazionale.
Per questo motivo Coldiretti e Unaprol tornano a chiedere l’istituzione di un Registro Telematico Unico a livello europeo, sul modello del sistema italiano Sian, per tracciare con precisione ogni movimento di olio e rendere trasparenti origine e destinazione del prodotto.
Intanto si intensificano anche i controlli da parte del Masaf, dell’Icqrf e delle forze dell’ordine, soprattutto nei porti, come accaduto lo scorso febbraio a Civitavecchia, dove centinaia di agricoltori hanno simbolicamente presidiato lo scalo marittimo per protestare contro l’arrivo di una nave carica di olio tunisino.
“Non si può parlare di qualità senza trasparenza”, ribadisce Coldiretti, che chiede una svolta nella politica agricola europea, in difesa del lavoro degli olivicoltori italiani e del diritto dei cittadini a sapere cosa portano in tavola.
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