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Contatti con i clan, il Comune di Bari rimuove nove vigili urbani dal servizio armato

Dopo gli accertamenti seguiti all’inchiesta “Codice Interno” sul voto di scambio politico-mafioso, gli agenti saranno assegnati ad altre mansioni. Rapporti con esponenti del clan Parisi-Palermiti alla base del provvedimento

La sede della Polizia Locale di Bari

La sede della Polizia Locale di Bari

BARI - Nove agenti della Polizia municipale di Bari sono stati trasferiti ad incarichi privi di porto d’armi, in seguito agli esiti delle verifiche avviate dopo il blitz “Codice Interno”, che lo scorso febbraio ha portato all’arresto di oltre 130 persone per presunti legami tra mafia e politica. La misura è stata disposta dal Comune di Bari, che ha deciso di anticipare un provvedimento annunciato dal prefetto Francesco Russo, volto a revocare il titolo di pubblica sicurezza agli agenti coinvolti.

Ufficialmente, i trasferimenti sono motivati da “esigenze di servizio”, ma secondo quanto riportato oggi dalla Gazzetta del Mezzogiorno, si tratterebbe di una formula tecnica pensata per rendere più difficile l’impugnazione degli atti da parte dei diretti interessati.

I nove agenti, tutti formalmente incensurati, sono stati ritenuti inopportunamente vicini ad ambienti criminali, in particolare a soggetti riconducibili al clan Parisi-Palermiti del quartiere Japigia. I profili emergono da una relazione dettagliata della commissione ispettiva trasmessa al Ministero dell’Interno, nella quale vengono elencati episodi e rapporti personali risalenti anche a più di dieci anni fa, considerati incompatibili con il ruolo di pubblici ufficiali in servizio armato.

Tra i casi evidenziati, ci sarebbe un agente che, in passato, avrebbe gestito un noto locale notturno insieme a un esponente del clan. Un altro sarebbe stato più volte visto in compagnia di soggetti con precedenti penali, legami che l’interessato ha giustificato come rapporti di vecchia amicizia. In altri casi, parentela o affinità con persone pregiudicate hanno sollevato dubbi sull’opportunità di affidare loro compiti legati al controllo del territorio o ad attività di polizia giudiziaria.

Il prefetto Russo, lo scorso 18 febbraio, nel comunicare al sindaco Vito Leccese l’assenza di condizioni per lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, aveva comunque segnalato la necessità di adottare misure interne di epurazione, già in parte attuate con la sospensione di una vigilessa e, ora, con l’avvio delle procedure per la revoca del porto d’armi ad altri nove operatori.

Le indagini sull'inchiesta “Codice Interno” proseguono, mentre l’attenzione resta alta su eventuali fili invisibili tra ambienti istituzionali e criminalità organizzata, in una città che cerca risposte concrete e credibili.

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