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Brindisi

“Grave degli Appestati” di Fasano: il cranio rinvenuto è di un uomo. Si indaga sull’epidemia del 1690

Primi risultati scientifici sul sito storico finanziato dalla Regione Puglia. Il teschio scoperto nel 2021 appartiene a un uomo adulto. In programma nuovi scavi e analisi per confermare la presenza di vittime della peste del XVII secolo

Il teschio della "Grave degli Appestati" - foto tratta dal sito GoFasano.com

Il teschio della "Grave degli Appestati" - foto tratta dal sito GoFasano.com

FASANO – Un uomo adulto, di età compresa tra i 40 e i 50 anni. È quanto emerso dall’analisi antropologica preliminare sul cranio rinvenuto nel dicembre del 2021 all’interno del sito noto come “Grave degli Appestati”, situato nel territorio di Fasano. Il reperto, che secondo le prime ipotesi risalirebbe alla terribile epidemia di peste del 1690-1691, rappresenta il punto di partenza per un’indagine archeologica e storica destinata a riscrivere un pezzo di passato pugliese.

A comunicarlo è stato il consigliere e assessore regionale Fabiano Amati, riferendo in merito agli aggiornamenti forniti nel corso di una recente audizione presso la VII Commissione regionale. Durante la seduta, Adele Candela, dirigente della Sezione Tutela e Valorizzazione dei Patrimoni Culturali della Regione Puglia, ha illustrato i primi risultati dello studio scientifico in corso, resi possibili grazie al finanziamento disposto dall’articolo 65 della legge regionale 51 del 2021.

Il sito carsico, oggetto del ritrovamento, è stato al momento classificato come giacitura secondaria, una tipologia considerata di minore rilevanza rispetto a una vera e propria fossa comune. Tuttavia, secondo le fonti storiche documentate, proprio in quell’area si sarebbe verificato un seppellimento collettivo durante l’epidemia di peste che devastò Fasano e il suo hinterland alla fine del XVII secolo.

L’ipotesi è che, nel corso dei secoli, i resti delle vittime siano stati ricoperti da materiali di risulta e inerti, rendendo difficile una piena conferma senza ulteriori indagini sul campo. La scoperta del teschio, avvenuta l’11 dicembre del 2021, rappresenta dunque un tassello importante, ma non ancora sufficiente per chiarire del tutto la natura storica del sito.

Il cranio, soprannominato affettuosamente “Laurenzia” in onore del giorno del ritrovamento, ha fornito agli studiosi informazioni precise sull’identità biologica della persona a cui apparteneva: un individuo adulto di sesso maschile, privo di patologie ossee visibili, un dettaglio coerente con l’ipotesi di una morte per malattia infettiva come la peste, che notoriamente non lascia tracce scheletriche visibili.

Per avvalorare scientificamente questa ipotesi, sarà tuttavia necessario procedere con analisi di tipo genetico. In particolare, si prevede di eseguire test sul collagene dentale per individuare tracce del bacillo Yersinia pestis, agente patogeno della peste. Un’operazione delicata, affidabile solo se il materiale biologico non risulta degradato, e che potrà portare al confronto con il genoma del ceppo pestilenziale del 1690, già sequenziato in precedenza da altri studi.

Parallelamente, si procederà con la datazione al radiocarbonio (C14) per stabilire con maggiore certezza l’epoca della morte del soggetto. Due, in sostanza, le linee di indagine previste: una di natura genetica, con costi stimati attorno ai 5.000 euro per campione, e una cronologica, con esborsi più contenuti, intorno ai 500 euro per ciascun esame C14. Entrambe le analisi necessiteranno di almeno dieci campioni e comporteranno tempi di attesa stimati tra i cinque e i sei mesi.

“Avere dati certi sulla natura e sull’epoca di questo ritrovamento – ha spiegato Amati – significherebbe giustificare nuovi investimenti pubblici per la bonifica e lo scavo dell’intera area, che potrebbe celare altri resti umani sotterrati nel corso dei secoli”. Il tutto dovrà però avvenire nel pieno rispetto delle finalità scientifiche, culturali e storiche, affinché sia garantito un impiego coerente dei fondi pubblici destinati alla tutela del patrimonio archeologico regionale.

La Regione Puglia, secondo quanto dichiarato, sta già provvedendo a raccogliere informazioni sui costi e sulle strutture specializzate capaci di effettuare le complesse analisi previste. Si valuta, inoltre, la possibilità che tali esami possano essere eseguiti all’interno del territorio pugliese, così da contenere le spese e valorizzare le competenze scientifiche locali.

Una volta completata la mappatura delle risorse disponibili, verrà sottoposta al Dipartimento Cultura una nuova richiesta di approfondimento, che sarà illustrata in una prossima audizione della Commissione. Il percorso è ancora lungo, ma gli elementi finora emersi offrono una base solida per proseguire nelle ricerche.

Il progetto di riqualificazione della “Grave degli Appestati” nasce dunque non solo come un’operazione di recupero archeologico, ma anche come occasione per riscoprire un capitolo poco noto della storia pugliese, legato alle grandi epidemie che colpirono il Mezzogiorno d’Italia nei secoli passati.

Una memoria che riaffiora tra le rocce carsiche, sotto strati di terra e silenzio, e che oggi chiede ascolto alla scienza e alla coscienza storica di un territorio.

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