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Il caso

La legittima difesa: tra uno Stato che non fa bene il suo compito e la benevolenza della magistratura

La legge spesso si ritorce contro il derubato o minacciato che reagisce

Edilizia

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Compito fondante dello Stato e di qualunque Stato è la difesa del cittadino cominciando dalla difesa fisica.
 
Se lo Stato non lo fa o lo fa male ognuno si arrangia: qualcuno compera una porta speciale come anche le finestre blindate o l’impianto di allarme o le telecamere…spendendo soldi che già lo Stato gli aveva chiesto per difenderlo. Tutte cose che minano la fiducia nella efficienza delle forze dell’ordine che a loro volta si sentono frustrate dall’eccessiva benevolenza della magistratura verso i delinquenti.
 
Al di la di leggi e codici la questione sembra divenire sempre più seria. La incertezza del posto di lavoro e la modestia della retribuzione spingono molti a rimediare rubando o comunque violando la legge; la impossibilità di lavorare per disposizioni normative (penso ad esempio ad alcuni immigrati irregolari) porta alcuni a rivolgersi alle organizzazioni malavitose; intere province e aree interne e periferie quasi prive di servizi passano progressivamente sotto il controllo dei capi banda locali; immigrati clandestini portano modelli di comportamento non conformi ai nostri quando non sono reduci delle loro patrie galere; in sintesi: il lavoro per le forze dell’ordine cresce e crescerà mentre i mezzi e gli uomini a loro disposizione non crescono di pari passo.
 
La burocrazia inoltre impone l’impiego sempre crescente di tali forze per i più svariati scopi e la gente comune non sa come difendersi anche per via di una legge sulla legittima difesa che spesso si ritorce contro il derubato o minacciato che reagisce. In soldoni: lo sfaldamento dell’economia e della società non possono essere fermate dalle sole forze dell’ordine né la rigorosa applicazione della legge -che pure deve essere sempre inderogabile- può riuscire a dare le risposte necessarie. Un disastro biblico che non potrà essere fronteggiato dai tutori dell’ordine da soli.
 
Questa è la situazione cui la politica è chiamata pressantemente a dare risposte.
 
Sul piano giudiziario chiameremo gli addetti ai lavori ad esprimersi sul piano concreto ma non crediamo possa farsi molto di più di quanto con abnegazione già non si faccia; serve sottrarre da SUBITO braccia alla malavita introducendo un principio giuridico ma anche etico che prevalga su tutti gli altri e segnatamente sulla invadenza della pubblica amministrazione: il lavoro è sacro. Sempre comunque e dovunque. Punire un datore di lavoro o un lavoratore per aver lavorato qualunque ne sia la ragione significa far prevalere le ragioni dell’agenzia delle entrate o dell’ente previdenziale su questo sacro principio. La legislazione lavoristica, fiscale e previdenziale deve rispettare tale sacralità ed adeguarsi; mai più il contrario! è certamente meglio perseguire qualcuno per recuperare tasse o contributi evasi che favorire sparatorie nelle case dei cittadini o l’abbandono di centinaia di persone al soldo delle mafie locali a bighellonare nelle periferie delle grandi città o, ancor peggio, riempire le prigioni di gente che potrebbe lavorare.
Questa modifica della legislazione fu già molto efficacemente abbozzata da un precedente governo in cui il Ministro del Lavoro era Maroni e che fu poi totalmente vanificata dai successivi governi di sinistra.
 
Peraltro una lettura più attenta della nostra Carta Costituzionale dovrebbe rimuovere ogni dubbio sulla ineluttabilità di questo assunto. Né in un momento in cui il debito sale mentre il Pil si accresce solo facendo ulteriori debiti con il Pnrr o con i bonus o assumendo dipendenti pubblici e pagandoli in debito… possiamo prenderci il lusso di lasciare per strada qualunque persona abile. La piaga delle retribuzioni basse va combattuta non certo creando disoccupazione e cioè favorendo certi lavoratori ipergarantiti ma interpretando la realtà dei settori che non rispettano le regole. Né si può sostenere che un lavoratore che non conosce l’italiano abbia la stessa produttività di uno che invece non solo conosce la lingua ma anche ha esperienza.
 
Questa -che è vera rivoluzione culturale- è la precondizione minima per riavviare ad un tempo sviluppo e convivenza pacifica, rispetto della proprietà e benessere diffuso, merito e dignità di ognuno, rispetto delle regole e aumento del gettito. Servirà un periodo di “rodaggio” per perfezionare la legislazione necessaria ma è una sfida da accettare per superare l’attuale impasse in cui siamo caduti da decenni nella quale per garantire un buon lavoro ai lavoratori inclusi nel mondo dell’impresa si tengono fuori crescenti folle di disoccupati. In attesa di essere utili a qualcuno.
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