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Dai beni confiscati alla rinascita sociale: l’impegno di Libera, in Puglia numeri record

Un modello di sviluppo che trasforma gli spazi sottratti alla criminalità in risorse per la collettività

Dai beni confiscati alla rinascita sociale: l’impegno di Libera, in Puglia numeri record

Don Ciotti a Trani in uno dei beni confiscati alla mafia

BARI - Un Paese che reagisce alla criminalità organizzata e si riappropria dei propri spazi. Oltre 1132 realtà della società civile operano in Italia per gestire beni confiscati, con il coinvolgimento di più di 600 associazioni e oltre 30 scuole che li utilizzano come strumenti educativi. Il risultato è una rete solida che incide sul territorio, costruendo un’economia positiva e restituendo dignità a luoghi un tempo simbolo del potere mafioso. In occasione dell’anniversario della legge 109 del 1996, che ha introdotto il riutilizzo sociale dei beni sottratti alla criminalità organizzata, l’associazione Libera ha tracciato un quadro aggiornato delle esperienze di riutilizzo.

La Puglia e il riutilizzo sociale: numeri in crescita

La Puglia si conferma una delle regioni più attive in questo percorso di legalità e sviluppo. Attualmente, 129 realtà sono impegnate nella gestione di beni confiscati in 45 comuni, sei in più rispetto al 2024. Questi spazi non sono solo simboli di riscatto, ma diventano strumenti concreti per creare welfare, generare nuove economie e offrire servizi alle fasce più fragili della popolazione.

Dal rapporto di Libera emerge che circa la metà delle realtà sociali impegnate nella gestione dei beni è costituita da associazioni di varia natura (63 in totale), mentre 38 sono cooperative sociali. A queste si aggiungono 7 enti religiosi tra diocesi, parrocchie e Caritas, 7 Ats, 4 enti pubblici, 2 fondazioni, 2 consorzi di cooperative e un istituto scolastico. Non sono inclusi nel censimento gli immobili destinati direttamente a finalità istituzionali da parte di amministrazioni pubbliche.

Tipologie di beni e destinazioni d’uso

I dati raccolti da Libera evidenziano la grande varietà di immobili sottratti alla criminalità e riutilizzati per scopi sociali. Nel dettaglio, attualmente si contano:

  • 68 tra appartamenti e abitazioni indipendenti;

  • 33 terreni agricoli o edificabili, spesso con pertinenze immobiliari;

  • 32 ville, fabbricati su più livelli o intere palazzine;

  • 11 locali commerciali o industriali;

  • 2 garage e 2 complessi immobiliari.

L’uso di questi beni è variegato e copre diversi settori. 75 realtà gestiscono attività legate al welfare e alle politiche sociali, 31 operano nella promozione culturale, 23 sviluppano progetti nel settore agricolo e ambientale, 6 sono attive nella produzione e nel lavoro e 3 si dedicano allo sport. Inoltre, 10 progetti sono stati intitolati a vittime innocenti delle mafie, in un simbolico riconoscimento della memoria e dell’impegno civile.

Un’Italia che costruisce legalità

La nuova edizione del report “Raccontiamo il bene”, curato da Libera, mette in luce come, dopo ventinove anni dalla legge 109, il Paese abbia dato vita a una vera e propria comunità alternativa a quella mafiosa. In silenzio, con determinazione, queste realtà lavorano ogni giorno per costruire un modello di sviluppo territoriale fondato sulla legalità e sulla partecipazione attiva.

Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera, sottolinea come il numero di esperienze censite sia il frutto di un impegno plurale e di una crescita costante. "Nel 1995, un simile risultato era inimmaginabile. Oggi, invece, possiamo contare su centinaia di associazioni e cooperative che hanno trasformato quei luoghi di malaffare in spazi educativi, produttivi e comunitari. Questo processo ha rafforzato il tessuto sociale e rappresenta un modello riconosciuto anche a livello europeo e internazionale".

Normative e strumenti per il futuro

Negli ultimi anni sono stati compiuti importanti passi avanti sia sul piano normativo che amministrativo. L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati ha assunto un ruolo chiave nel coordinamento tra enti nazionali e amministrazioni locali. Tuttavia, il percorso presenta ancora diverse criticità. La recente introduzione della Piattaforma Unica delle Destinazioni rende le procedure più snelle, ma assegna ai Comuni e agli enti del Terzo Settore una maggiore responsabilità nella gestione e pianificazione del riuso.

L’obiettivo ora è consolidare e ampliare l’impatto sociale dei beni confiscati. Come ribadito da Libera, serve una maggiore sinergia tra istituzioni e società civile, un impegno congiunto per valorizzare questi spazi e renderli luoghi di crescita e inclusione.

I dati in Puglia: immobili e aziende sotto gestione

Secondo i dati aggiornati al 24 febbraio 2025 forniti dall’Agenzia nazionale, in Puglia risultano 1532 immobili confiscati già destinati, mentre 1015 sono ancora in gestione, in attesa di essere assegnati. Sul fronte delle imprese, 99 aziende sono state affidate per nuove attività, mentre 135 restano sotto amministrazione giudiziaria.

Le sfide ancora aperte

Se i successi ottenuti sono evidenti, restano ancora nodi cruciali da sciogliere. Libera indica tre priorità su cui è necessario intervenire:

  • Trasparenza nella gestione dei beni confiscati: è fondamentale garantire la tracciabilità dell’intero processo di confisca e riuso, attraverso banche dati accessibili che permettano una progettazione più efficace basata sui bisogni della comunità.

  • Chiarezza politica sulla destinazione d’uso: il patrimonio confiscato non può essere privatizzato, né attraverso la vendita né mediante affitti onerosi. Secondo Libera, ogni ipotesi di alienazione di questi beni rappresenterebbe un tradimento della storia antimafia del Paese.

  • Maggiore coordinamento tra fondi pubblici e investimenti privati: le risorse destinate alla valorizzazione devono essere integrate in una strategia nazionale, come richiesto dalla nuova direttiva europea. La creazione di una cabina di regia nazionale potrebbe consentire di armonizzare i finanziamenti e renderli più efficaci.

Conclusioni

Il riutilizzo sociale dei beni confiscati rappresenta una delle risposte più concrete ed efficaci alla criminalità organizzata. La strada percorsa finora ha dimostrato che sottrarre risorse alla mafia e restituirle alla collettività non è solo possibile, ma anche strategico per costruire un modello di sviluppo equo e sostenibile. Tuttavia, affinché questo processo possa consolidarsi e crescere ulteriormente, è necessario un impegno collettivo da parte di istituzioni, politica e società civile. La battaglia per la legalità non può ammettere passi indietro.

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