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Il procuratore di Bari critica la riforma: «Limiti pericolosi per la libertà di informazione»

La preoccupazione sulla riforma che attribuisce nuovi vincoli al diritto di informazione sulle attività delle Procure

Roberto Rossi

Roberto Rossi

BARI - La recente riforma che introduce l'obbligo per i procuratori della Repubblica di autorizzare la diffusione di comunicati stampa su vicende giudiziarie sta sollevando forti perplessità tra magistrati e professionisti dell'informazione. Secondo il procuratore di Bari, Roberto Rossi, la norma appare mal strutturata e rischiosa, poiché attribuisce ai capi delle procure il potere di decidere cosa abbia rilevanza pubblica. Una scelta che, a suo avviso, pone una seria minaccia all'indipendenza del giornalismo e alla libertà di informazione.

«Io non sono un giornalista, non posso stabilire se una notizia sia di pubblico interesse o meno», ha dichiarato Rossi durante un convegno intitolato "Giustizia e informazione: verità, potere e responsabilità", organizzato dall'associazione Studenti Per dell'Università di Bari. Nel suo intervento, ha inoltre evidenziato come l'attuale dibattito sulla pubblicabilità delle ordinanze giudiziarie sia privo di fondamento, poiché oggi le informazioni non passano più soltanto attraverso i giornalisti, ma vengono filtrate e diffuse dagli algoritmi dei social media. Un fenomeno, questo, che rappresenta una minaccia per la democrazia, su cui occorre riflettere con urgenza.

Alla discussione ha preso parte anche Paola Cesaroni, giudice civile e membro del direttivo nazionale dell'Anm, che ha espresso preoccupazione per gli effetti della riforma del 2021. Secondo Cesaroni, il provvedimento ha ridotto ulteriormente le possibilità per i procuratori di rilasciare dichiarazioni sui processi in corso, creando uno squilibrio comunicativo che favorisce quasi esclusivamente la difesa. «Restringere ulteriormente i margini di comunicazione rischia di compromettere la trasparenza dell'azione giudiziaria, alimentando una percezione distorta dell’opinione pubblica», ha sottolineato la magistrata, avvertendo che si potrebbe arrivare al paradosso di ascoltare solo la versione di chi ha interessi privati nel processo.

Sulla stessa linea il giornalista Michele Partipilo, che ha denunciato come il rapporto tra giustizia e informazione sia peggiorato negli ultimi anni a causa delle restrizioni imposte ai giornalisti. «Se si limitano le fonti, il rischio è che l’informazione diventi parziale, imprecisa o persino ipotetica», ha avvertito. Secondo Partipilo, la soluzione non è creare ulteriori vincoli normativi, ma garantire ai professionisti dell’informazione il diritto di accedere a fonti attendibili. «La presunzione di innocenza non deve diventare un pretesto per soffocare il lavoro giornalistico, che già oggi è attento a tutelarla», ha concluso.

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