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Il ragazzo del quartiere Kvartal 95
01 Marzo 2025 - 08:26
La resistenza Ucraina
Nemmeno in una delle sue sceneggiature più strampalate e drammatiche avrebbe immaginato di trovarsi da lì a qualche anno a tenere unita l'Ucraina prima nella difesa della sovranità territoriale dall'aggressione imperialista di Putin e poi in questi giorni dal tradimento di Trump.
Volodymyr Zelensky, classe 1978, nasce a Kryvyj Rih, una città dell’attuale Ucraina Centrale: lungo il percorso dei pozzi minerari di uno dei più grandi giacimenti ferrosi al mondo. Vive con la famiglia, in uno dei tipici palazzoni dell’edilizia sovietica nel quartiere Kvartal 95. Il padre è a capo del Dipartimento di Informatica e Cibernetica dell’Università, sua madre è un ingegnere.
Da giovane a Praga. Una laurea in giurisprudenza per far contenti i genitori, ma la sua passione che resiste e continua a coltivare è il teatro.
La sua storia è quella di tanti giovani ucraini, nati sotto l’Unione Sovietica, ne vivono il crollo conseguendo gli studi in un’Ucraina indipendente.
Quando i membri del KVN gli offrono una posizione stabile come autore negli uffici centrali di Mosca, Volodymyr ringrazia ma declina l’offerta. Sceglie di rimanere fedele ai suoi amici e rimane nel Kvartal 95, destinato a diventare un colosso dell'intrattenimento. Nel 2012 comincia a trasmettere l’Evening Quarter, un condensato di sketch caustici, dove non manca la satira politica, ideati da Zelensky e dal suo gruppo.
Zelensky diventa un volto popolarissimo della TV ucraina. Quel gruppo di amici partiti dal quartiere di Kryvyj Rih ha messo in piedi un vero e proprio impero dell’industria dell’intrattenimento. Le facce degli attori sono ovunque nelle strade di Kiev, il Kvartal 95 dà lavoro a decine di migliaia di persone.
Nel novembre 2013, dopo che il presidente Viktor Janukovyč scelse di non firmare un accordo di libero scambio e di associazione politica con l'Unione Europea al vertice del partenariato orientale a Vilnius, scegliendo invece di stringere legami più stretti con la Russia, una serie di manifestazioni di piazza filoeuropee diedero avvio alla rivoluzione ucraina, conosciuta con il nome di Euromaidan.
La Russia procede con l’annessione illegale della Crimea, mentre scoppia una guerra separatista nelle regioni più orientali dell’Ucraina.
Il Kvartal 95 dona un milione di Grivne all’esercito ucraino e nel 2015 esce la serie tv "Servitore del popolo": la messa in scena dell’uomo semplice, onesto, duramente critico nei confronti della classe dirigente ucraina e dei politici corrotti, che può essere considerata quasi un manifesto politico in cui Volodymyr interpreta un professore del liceo che viene inaspettatamente eletto Presidente dell’Ucraina.
Quando, la sera di Capodanno 2018, Zelensky annuncia in diretta TV la sua candidatura alle elezioni presidenziali, i telespettatori non capiscono se si tratti di una messa in scena o se sia serio.
La campagna elettorale è un manuale di comunicazione nell’era dei social. Video brevi, spontanei, senza mai apparire in trasmissioni TV ufficiali. Il 21 aprile 2019, con il 73 percento di voti, batte al secondo turno il presidente uscente Petro Poroshenko e diventa presidente dell’Ucraina.
Nemmeno in una delle sue sceneggiature più strampalate e drammatiche avrebbe immaginato di trovarsi da lì a qualche anno a tenere unita una nazione nei drammatici momenti dello scoppio di una guerra.
Il futuro ci dirà il destino che spetterà al ragazzo del Kvartal 95, che faceva ridere la gente e ora lo incoraggia a difendere la libertà e la democrazia.
La schiena dritta di quel ragazzo del quartiere Kvartal 95, convocato nello Studio Ovale per imporre a lui e al suo popolo la logica imperialista di Trump e Putin rappresenta un monito per l'Europa.
Zelensky ha dimostrato che per difendere la libertà e la democrazia non sono accettabili le minacce di Trump di abbandonare l'Ucraina al suo destino e i ricatti sulle terre rare, un impegno da parte dell'Ucraina a cedere i diritti sui minerali rari per rimborsare gli aiuti militari statunitensi degli ultimi tre anni, in cambio di una pace finta. Quanto finta e scandalosa è l'accusa di volere la “terza guerra mondiale” da chi ha impunemente assaltato Capitol Hill.
Trump vuole umiliare l'Ucraina e sottomettere l’Europa in un nuovo ordine mondiale imposto in combutta con Putin. Non è sufficiente indignarsi. Adesso è il momento delle decisioni forti.
Se l’Europa politica unita era un'aspirazione, oggi diventa un obbligo ineludibile. Oggi, per chi difende il liberalismo, la sua frontiera più importante è senza dubbio l’Ucraina.
La velocità dei cambiamenti provocati dalle spacconate di Donald Trump confligge drammaticamente con la lentezza delle risposte che l'Europa e i singoli governi in ordine sparso stanno cercando. Fra annunci di aumento della spesa militare, propositi di invio di truppe in Ucraina e ritorsioni economiche per difendersi dalla nuova dottrina di Washington, l'impressione è quella di una navigazione a vista, con un occhio ai problemi elettorali e politici di casa propria e un'oggettiva difficoltà di coordinare un piano, un progetto, un'idea guida per le sfide del presente e del domani.
Bisogna dire la verità: sono in gioco la salvaguardia dei nostri valori, lo Stato di diritto, la democrazia. Trump ci infliggerà un serio rallentamento della crescita. Se ci saranno più dazi doganali e più protezionismo, ci saranno più disoccupazione e inflazione. E Trump ci costringerà a sforzi di bilancio ancora maggiori per finanziare la nostra sicurezza, la nostra futura indipendenza e democrazia. L'offensiva di Trump non è solo commerciale e mercantile, è anche ideologica e imperiale, sulla base di obiettivi di potenza o logiche predatorie, con l'obiettivo di demolire l’idea stessa di Civiltà Europea.
Chi difende il liberalismo è consapevole che l’Ucraina rappresenta, sul terreno della sovranità politica e dei valori universali, quanto di meglio si è costruito in questo secolo: un continente di benessere, pace e libertà.
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Testata: Buonasera
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