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Bari
27 Febbraio 2025 - 06:30
Avvocati
BARI - La Corte d’Appello di Bari ha confermato la condanna a tre anni e sei mesi per omicidio colposo nei confronti di Domenico Colasanto, ex direttore generale della Asl di Bari, riconosciuto responsabile della mancata sicurezza sul lavoro nel caso dell’uccisione della psichiatra Paola Labriola. La professionista fu accoltellata da un paziente il 4 settembre 2013 all’interno del centro di salute mentale di via Tenente Casale, nel quartiere Libertà.
Anche in secondo grado, i giudici hanno ritenuto che Colasanto abbia avuto una responsabilità diretta nella tragedia, contestandogli l’omissione delle misure di sicurezza sul posto di lavoro. La sentenza prevede inoltre che l’ex dirigente, insieme alla Asl di Bari, ritenuta responsabile civile, debba risarcire le spese processuali sostenute dalle parti civili e quelle relative a questo grado di giudizio.
Per l’altro imputato, l’ex funzionario della Asl Alberto Gallo, la Corte ha dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione in merito all’accusa di falso nella valutazione dei rischi del centro di salute mentale. Gallo, in primo grado, era stato condannato a tre anni di reclusione per questa imputazione, mentre era stato assolto da altre accuse, tra cui l’induzione indebita a dare o promettere utilità. Le statuizioni civili restano confermate e dovrà comunque rimborsare le spese sostenute dalla Asl, costituitasi parte civile.
La Corte ha inoltre assolto, perché il fatto non sussiste, Antonio Ciocia, ex segretario di Colasanto, che era imputato per induzione indebita in concorso con l’ex direttore generale.
A commentare la sentenza sono stati gli avvocati Michele Laforgia e Paola Avitabile, legali dei familiari di Paola Labriola. «Una condanna per omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro è sempre una sconfitta», hanno dichiarato. «Questa sentenza certifica che Paola Labriola non è morta solo per mano di chi l’ha accoltellata, ma anche a causa di chi avrebbe dovuto garantirne la sicurezza».
«Paola Labriola è una vittima del lavoro, come tante nel nostro Paese – hanno concluso i legali –. Speriamo che simili tragedie non si ripetano più e che questa condanna possa servire da monito e insegnamento».
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