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Il fatto

Cemerad, incubo finito: via tutti i fusti radioattivi. Il video e le foto

Dopo venticinque anni completamente svuotato il capannone. Cerimonia con il commissario Vera Corbelli e con il viceministro Vannia Gava

Vera Corbelli

Il commissario Vera Corbelli; alle sua spalle il tir con gli ultimi fusti portati via

La bomba è disinnescata. Dopo 25 anni il capannone della Cemerad è finalmente vuoto. Mercoledì 29 gennaio, data da consegnare alle cronache: l’ultimo tir carico di 141 fusti contenenti materiale radioattivo è partito per destinare quegli enormi bidoni di rifiuti pericolosi allo smaltimento.

Le interviste a Vannia Gava e Vera Corbelli

Persino commossa la commissaria Vera Corbelli, che dal 2015 ha la responsabilità di bonificare quell’area di pertinenza del Comune di Statte ma che in realtà si trova a una manciata di chilometri dal quartiere Paolo VI e quasi ad un tiro di schioppo dall’ospedale Moscati, tra le contrade Vocchiaro e Grottafornara, lungo la statale 172 verso Martina Franca.  Cerimonia tra abbracci e ringraziamenti, resa ancora più ufficiale dall’arrivo del viceministro per l’ambiente Vannia Gava.

«Questo - ha detto la viceministra - è un lavoro straordinario di messa in sicurezza e presto avvieremo le pratiche per ridare al territorio un sito pulito e utilizzabile. Questo lavoro è un orgoglio per il nostro Paese, perché abbiamo fatto vedere quello che siamo in grado di fare. È chiaro che a monte serve una cultura ambientale perché queste cose non devono accadere».

In totale per ripulire l’area Cemerad ci sono voluti 18 milioni di euro, stanziati in due tranche, la prima di 10 milioni nel 2015, poi una seconda tranche di 8 e infine 2 milioni sono destinati alla riqualificazione del sito.

«È stato un percorso complesso – ha detto Vera Corbelli – da un punto di vista tecnico, giuridico-amministrativo, istituzionale. Abbiamo messo fine a una situazione incresciosa che ha compromesso questo territorio. Tanti anni perché abbiamo avuto periodi di pausa: uno per il Covid, poi i fusti erano talmente compromessi che abbiamo dovuto infustarli tre volte».

C’è anche una ammissione: «Abbiamo dovuto superare resistenze di vario tipo». Non dice quali, Vera Corbelli, ma queste parole bastano a far intendere quanti ostacoli devono essere stati affrontati e superati per raggiungere il risultato del completo svuotamento del capannone.

Una parte dei rifiuti, quelli radioattivi, sono già finiti in Slovacchia, altri trattati nel sito Enea di Casaccia. I fusti contenenti materiale non radioattivi sono invece finiti in altri depositi specializzati.

Si chiude quindi, una storia cominciata venticinque anni fa, quando la Procura della Repubblica pose sotto sequestro tutta l’area fino a quel momento utilizzata dalla ditta Cemerad che dal 1984, debitamente autorizzata, stoccava rifiuti pericolosi provenienti da attività sanitarie e industriali. Tra questi, appunto, anche materiali radioattivi e persino apparati contaminati dalle emissioni radioattive del disastro di Chernobyl. In totale, oltre 16.500 fusti. Un quarto di secolo per portarli via da quel capannone ormai fatiscente. E ora cosa sarà di quel sito?

«Abbatteremo il capannone – ha detto ancora Corbelli - e, se ci sarà data la possibilità, riqualificheremo l’area per restituire ai cittadini quello che è loro».

Il capannone Cemerad

Foto di gruppo con i protagonisti del lavoro svolto in questi anni

Vera Corbelli firma l'ultimo fusto della Cemerad

Il viceministro Vannia Gava

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