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Ambiente&Lavoro

«La decarbonizzazione, una sfida da affrontare senza perdere tempo»

L’intervento dell’onorevole Patty L’Abbate (M5S) ad Atreju

Una veduta del Mar Piccolo

Una veduta del Mar Piccolo. Sullo sfondo, la zona industriale

Di seguito pubblichiamo l’intervento dell’onorevole Patty L’Abbate, M5S, Vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera, docente di economia ecologica, ospite di Fratelli d’Italia (Atreju - 13 dicembre - Sala Marco Polo)all’incontro sul tema “La via italiana per una de carbonizzazione senza deindustrializzazione".

Decarbonizzazione non è sinonimo di deindustrializzazione ma di un modello diverso di fare industria capace di conciliare occupazione, salute e ambiente.

A mio avviso la decarbonizzazione necessita del passaggio all’uso di energie rinnovabili e all’applicazione di un modello di uso efficiente dell’energia.

Con l’ausilio di tecnologie green e di un modello di economia circolare è un’opportunità. Permette alle imprese di ridurre le missioni climalteranti nocive per l’ambiente e per la salute dei cittadini, di iniziare la propria indipendenza energetica diminuendo così i costi fissi e di creare nuovi posti di lavoro utile, lavoro green. Tutto a vantaggio di una competitività, che permette loro di restare sul mercato e dell’occupazione; ricordiamo un mercato internazionale dove tutti stanno innovando processi e prodotti.

Occorre considerare poi il miglioramento della propria reputazione aziendale nei confronti dei consumatori. La decarbonizzazione ha dei vantaggi, è una sfida da affrontare senza perdere tempo, se si resta fermi, si rischia di rimanere fuori dal mercato e si precludono una serie di possibilità di aprirsi a nuovi business.

Un altro  stimolo per andare nella direzione della decarbonizzazione, quindi della transizione ecologica, è la finanza Climatica.

La tassonomia europea indica chiaramente a banche e anche istituti finanziari  di investire in aziende green.

E saranno applicati dei parametri per valutare ogni azienda, per includerla nella lista delle imprese su cui effettuare appunto investimenti.

Che cosa manca per andare in questa direzione? Più conoscenza sicuramente,  fare sistema e mettere a fattore comune competenze ed esperienze, buone pratiche, fare rete con il mondo accademico investendo ricerca e innovazione scientifica.

Noi politici, dal canto nostro,  dovremmo colmare quei vuoti normativi per consentire al tessuto industriale di procedere con l’innovazione, per incentivare la formazione di figure professionali green, come il green manager. Una figura da impiegare nella Pubblica Amministrazione per fornirle le competenze necessarie a svolgere un ruolo di supporto alle piccole e medie imprese.

È una sfida da cogliere. Se ora ci fermiamo, rimandiamo il problema. E domani sarà ancora più difficile stare al passo con il mondo che cambia. Non possiamo restare indietro. L’Italia, non può restare indietro. Questo non è positivo per le nostre imprese. Per questo decarbonizzare e industrializzare viaggiano nella stessa direzione, sullo stesso binario. Solo che dobbiamo adottare metodi nuovi. La transizione deve essere culturale. Occorre utilizzare indicatori differenti oltre il prodotto interno lordo, quindi, indicatori di sostenibilità ambientale e sociale, per capire dove andare a cambiare le cose e virare verso una produzione e un consumo sostenibili. Nella nostra Puglia abbiamo due casi emblematici Brindisi e Taranto che rappresentano due sfide importanti per il nostro Paese. In entrambi i casi decarbonizzare significa dare una prospettiva  futura a questi impianti industriali, tutelando la salute di queste comunità e rispettando l’ambiente. Con la decarbonizzazione conciliare salute, ambiente e occupazione si può.

Una riconversione, con basse  emissioni di carbonio,  della centrale a carbone Enel di Brindisi, va in direzione della tutela della forza lavoro e della sostenibilità ambientale. Come è noto, la centrale va chiusa entro il 2025. È un passaggio obbligato, imposto dalle normative nazionali ed europee, che deve essere accompagnato da politiche industriali capaci di generare nuove opportunità occupazionali, i cosiddetti green job. Un fronte su cui il governo è in ritardo, per non dire assente. Per questo, in 23 parlamentari del Movimento Cinque Stelle, abbiamo chiesto al governo garanzie concrete e immediate per il futuro dell’occupazione e dello sviluppo del territorio.

Il futuro di Taranto e della produzione dell’acciaio non è il riavvio dell’altoforno, con recenti  inaugurazioni, a cui abbiamo assistito, che sembrano scene riesumate da un passato remoto che dà ben poche prospettive all’acciaieria tarantina e soprattutto non dà alcuna garanzia alla salute dei cittadini e all’ambiente.

In conclusione quindi, decarbonizzare significa rafforzare il sistema Italia, il Made in Italy, significa anche ascoltare tutti i settori delle imprese italiane, portare avanti quelli che sono i loro bisogni, andare incontro alle loro necessità, creare lavoro utile, creare lavoro green, ad esempio formare figure specializzate nelle energie rinnovabili e nella produzione di idrogeno verde.

È necessario dare inizio ad un “green deal” italiano, magari partendo proprio dai due casi emblematici di Brindisi e Taranto che richiedono una risposta più  tempestiva. Rafforzerebbe il nostro tessuto produttivo e aiuterebbe le imprese italiane, anche piccole e medie, ad essere forti sul mercato internazionale. E aiuterebbe l’Italia ad essere più forte in Europa.

Patty L’Abbate - vicepresidente commissione Ambiente della Camera

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