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Il fatto

La procura di Potenza blocca gli impianti ex Ilva per crimini ambientali

Nuovo sequestro dell'area a caldo, ma la produzione non si fermerà

L'ex Ilva

L'ex Ilva ora Acciaierie d'Italia

La vicenda giudiziaria dell’ex Ilva di Taranto registra un nuovo capitolo. Il giudice per le indagini preliminari di Potenza, Ida Iura, ha emesso un decreto di sequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento su richiesta della procura lucana. La decisione arriva dopo la trasmissione degli atti dalla sezione distaccata di Taranto della Corte d'Assise d'Appello, che lo scorso 13 settembre aveva annullato la sentenza di primo grado del processo "Ambiente Svenduto" contro 37 imputati e tre società.

Il sequestro riguarda diversi reparti chiave dell’impianto tarantino, tra cui le Aree Parchi Minerali, le Cokerie, l'Agglomerato, gli Altiforni, le Acciaierie e l’area GRF (Gestione Rottami Ferrosi). Tuttavia, grazie ai cosiddetti “decreti salva-Ilva”, l’impianto potrà proseguire temporaneamente la propria attività.

Nel suo provvedimento, il gip Iura sottolinea come la gestione dello stabilimento sia stata orientata a massimizzare i profitti, “in spregio agli accordi presi per ridurre l’impatto mortale delle lavorazioni”, che hanno compromesso “l'ambiente, la salute dei lavoratori e della popolazione residente”. Per interrompere queste attività ritenute criminali, il giudice ha ritenuto necessario procedere con il sequestro delle aree dove si svolgono le lavorazioni pericolose.

L'attuale sequestro ricalca quello disposto il 26 luglio 2012 dal gip di Taranto Patrizia Todisco, quando l'allora Ilva venne coinvolta in una lunga serie di provvedimenti giudiziari incentrati sui gravi danni ambientali causati dagli impianti. L’atto è stato notificato ai commissari straordinari di Acciaierie d'Italia e di Ilva in Amministrazione Straordinaria, ribadendo un impegno delle istituzioni verso la tutela della salute pubblica e dell’ambiente.

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