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Il caso

Così sparisce l’acciaio di Taranto

La provincia ionica finisce in coda nella graduatoria nazionale dell’export di prodotti siderurgici

L'ex Ilva di Taranto

L'ex Ilva di Taranto

Questa non è più una “provincia d’acciaio”. Fanno riflettere, i dati diffusi dall’Ufficio Studi Siderweb secondo i quali Taranto è stata, nel 2023, la ventesima provincia italiana per export di prodotti della siderurgia, tubi e altri prodotti della prima trasformazione dell’acciaio. Una posizione in meno rispetto all’anno precedente, il 2022; calo che però arriva dopo un decennio di discese, in cui Taranto ha perso l’80% delle esportazioni. Un crollo verticale.

Tornando agli ultimi dodici mesi, la provincia ionica ha fatto registrare un calo delle esportazioni in valore del 20,5%, scese a 280 milioni di euro, con una variazione negativa superiore alla media nazionale, sempre secondo quanto emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi Siderweb, su elaborazione di dati Istat. In particolare, spiega Gianfranco Tosini di Siderweb, «le vendite all’estero di prodotti della siderurgia, che pesano per il 96,3% sul totale, sono diminuite del 21,8%, quelle di altri prodotti della prima trasformazione dell’acciaio (3,6%) sono calate del 36,2%. Le esportazioni nei Paesi Ue, che rappresentano il 77,8% del totale, sono diminuite del 23,1%, mentre le vendite nei Paesi extra Ue si sono ridotte del 20,5%». In generale, nel 2023 è sceso del 16,9% l’export italiano di acciaio. Il valore è passato dai 28 miliardi del 2022 ai 23,2 miliardi di euro dello scorso anno.

I volumi, però, sono rimasti sostanzialmente stabili a 16,2 milioni di tonnellate, dopo il calo tendenziale del 6% registrato nel 2022. La variazione negativa è dunque dovuta in toto alla diminuzione dei prezzi. Dopo due anni consecutivi di crescita seguiti al crollo del 2020 (+51,7% del 2021 e +23,8% del 2022), le esportazioni in valore di acciaio sono quindi tornate a scendere. Un calo che è stato leggermente più marcato se si guarda solo ai primi 20 poli siderurgici italiani: l’export è diminuito del 17,6%, fermandosi a 19,4 miliardi di euro. La top tre delle province italiane è rimasta invariata: al primo posto c’è ancora la provincia di Brescia, seguita da Udine e Mantova. Variazioni negative significativamente più alte della media sono state registrate dai poli di Terni (-39,2%), Genova (-35,3%), Aosta (-29,3%) e da Brescia (-26,1%).

L’unico polo con il segno più è quello di Bergamo (+16,2%), incentrato sulla produzione di tubi senza saldatura. «Questi dati confermano il consolidamento della geografia dei poli produttivi dell’acciaio italiani che si è venuta a creare dopo la grande crisi del 2008 – commenta ancora Tosini -. Tale processo traspare, oltre che dall’andamento della produzione, anche da quello delle esportazioni, che hanno registrato una riduzione molto più marcata nelle province dove sono o, meglio, erano presenti le aziende siderurgiche di maggiori dimensioni. Infatti, nel 2023 rispetto al 2008, le esportazioni di prodotti siderurgici della provincia di Taranto (dove si trova Acciaierie d’Italia) sono diminuite dell’81,3%, relegandola all’ultimo posto nella classifica dei primi 20 poli siderurgici italiani. Le esportazioni della provincia di Torino (dove c’era lo stabilimento Thyssenkrupp, ora chiuso) sono diminuite del 39,1%, provocando la perdita di otto posizioni nella classifica dei primi 20 poli siderurgici italiani. Le esportazioni della provincia di Livorno (dove opera JSW Steel Italy) si sono ridotte del 60,6%, causando l’esclusione dai primi venti poli siderurgici italiani».

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