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La Storia
28 Marzo 2024 - 07:27
I riti della Settimana Santa che uniscono Taranto alla Spagna
Esperienza, ricerca, studio. Ecco tre parole che devono contraddistinguere chi desidera svolgere un’indagine storica. Il 14 ottobre dello scorso anno, nel Centro Congressi della città di Granada, in occasione del 34esimo incontro annuale di tutte le Hermandades e Cofradìas (Confraternite), sono stato invitato a dar conto dei risultati delle mie ricerche.
Quanta strada ho percorso per giungere a questo risultato prestigioso. Chi si avventura nella ricerca sulla cultura popolare religiosa, deve sapere di muoversi sulle sabbie mobili virtuali. Ovvero: assenza di documenti da consultare in materia, che sono assai rari, perché molto spesso, il resoconto della realtà, era affidato a “officiali” che a malapena sapevano leggere, scrivere e fare i conti. Ciò deve spingerti a controllare tutto. Non dare per scontato niente. Insomma bisogna controllare e verificare ogni e qualunque affermazione. Anche quelle ritenute certezze. Per chi si addentra in questo genere di studio, l’unico Vangelo vero è quello che si legge in chiesa durante le celebrazioni liturgiche. Il resto è opinabile. Sempre. Comunque. Va verificato. Non nascondo che durante il mio viaggio di ricerca e fisico in aereo, mi sono spesso tornati nella mente quanti, in questi anni mi hanno omaggiato con le loro considerazioni... Ho ascoltato di tutto a commento delle mie ricerche. Persino chi per anni ha contrabbandato gli usi della propria famiglia per storia. Spesso copiando da tutto quello che altri un po’ più accorsati di lui, avevano scritto.
I riti della Settimana Santa che uniscono Taranto alla Spagna
Eviterò di parlare di quel tizio che ha avuto l’amabilità di dichiarare che i documenti da me portati a sostegno delle mie tesi erano falsi. E che dunque false sono le mie ricerche. Poveretto, per carità cristiana, va lasciato perdere! Dunque torniamo per un attimo allo scorso 14 ottobre, nel Centro Congressi di Granada. Ebbene ai confratelli spagnoli ho spiegato, con dati e date alla mano e con riferimenti storici circostanziati, che non sono loro ad aver insegnato al mondo a celebrare i riti della settimana santa. E, a parte la storia, sono loro stessi ad affermarlo in numerose pubblicazioni, nelle quali si indica l’italiano Tommaso Pésare come colui che ha insegnato, partendo dai sivigliani, a «celebrare degnamente i riti della settimana santa», come dice testualmente Felix Gonzáles de León, storico spagnolo, autore di un libro che ripercorre e ricostruisce la storia delle Confraternite spagnole, citato nelle mie pubblicazioni. Tommaso Pésare dal León viene indicato come “proveniente da Genova”.
Seguendo le mie ricerche quando ebbi tra le mani questo nome, chiesi all’archivio di stato di Genova, le origini di questo cognome. All’epoca del mio rapporto epistolare, la reggente dell’Archivio, la dottoressa Schiappacasse, mi spiegò in una missiva, che avevano terminato da poco una ricerca sui cognomi liguri, ed escludeva nella maniera più assoluta che Pésare potesse essere un cognome originario di quella regione. E mi indicava il sud Italia in particolare, come l’origine più accreditata, specie nei territori dove erano numerosi gli artigiani della ceramica. Peraltro, spiegava la reggente dell’archivio di stato, la maggior parte di quelli che si trasferivano dall’Italia in Spagna, s’imbarcavano nel capoluogo ligure, dunque “provenienti da Genova”. Mi sono guardato bene, dall’affermare che fosse originario della nostra provincia, dove il cognome è frequente e sono radicati i laboratori di ceramica. Infatti, benché mi sia affannato a ricercarlo, non esiste un documento che parla della sua nascita. Ho provato anche in Spagna con il certificato di morte. Mi hanno risposto che l’invasione francese della penisola iberica, provocò la distruzione dei più importanti archivi, ed in particolare quelli ecclesiastici. Specie nel sud della Spagna.
I riti della Settimana Santa che uniscono Taranto alla Spagna
Ma torniamo al nostro “eroe” che per insegnare a celebrare i riti della settimana santa degnamente, doveva averli visti ed imparati nei luoghi in cui era vissuto precedentemente. Questo signor Pésare, di professione operaio ceramista, trasferito dall’Italia nella capitale andalusa nella prima metà del ‘500, impiantò una fabbrica di ceramiche, e, per meglio entrare nel tessuto sociale sivigliano, fondò una confraternita intitolata a Santa Maria di Villaviciosa. Ma a parte questa annotazione, in cui viene indicato il Pésare come colui che ha insegnato a celebrare i riti della settimana santa, esistono una serie di documenti che, a partire dalla fine dell’anno Mille, in tutto il Mezzogiorno d’Italia, il giovedì santo i penitenti, vestiti di sacco, con il volto coperto ed accompagnati dai “musici”, andavano in giro per le chiese, fermandosi a pregare davanti agli altari. Tutto questo l’ho raccontato durante il mio intervento al 34esimo incontro nazionale delle Confraternite a Granada. E, partendo dalle mie ricerche, gli ho poi raccontato come e quanto siano suggestivi i riti di Taranto. Di quale fascino, tradizione e devozione popolare, siano custodi. Delle peculiarità che li contraddistingue e di quali momenti di grande emozione siano portatori. Ho anche spiegato che ciò che a loro può sembrare un rumore, come la tróccola, per chi vive nella città dei due mari è un suono! Non ho mai detto di voler portare le ritualità spagnole a Taranto o viceversa.
I riti della Settimana Santa che uniscono Taranto alla Spagna
Riti e musiche, hanno radici talmente diverse che non possono essere considerati né parenti né cugini lontani! Ho solo detto però che alcuni accorgimenti adottati in Andalusia durante la settimana santa, potrebbero essere utili ed adottati anche a Taranto, affinché chi viene a vederli, possa goderne a pieno. Questo perché chi è protagonista dei riti non deve essere legato al numero di chi vi assiste o alla lingua che parla. Chi è in processione o in pellegrinaggio dovrebbe farlo per fede. Dunque tutto quello che al di fuori del suo credo, non può e non deve interessarlo. Che ci siano o no delle tribune, se gli alberghi sono pieni, se l’economia della città abbia beneficio dall’evento, non sono argomenti che devono interessare i confratelli, i quali in processione, hanno altro a cui pensare.
Gigi Montenegro
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