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Il focus/ La situazione a Taranto e in Puglia: parlano i protagonisti

Case green: voglia di ambiente, paura dei costi

Le misure che entreranno in vigore nei prossimi anni ed il possibile impatto delle ristrutturazioni degli immobili su proprietari e affittuari

Le caldaie a gas in Italia

Le caldaie a gas in Italia

Un importante tassello sulla strada della sostenibilità ambientale o una sorta di “ecopatrimoniale”, con l’Europa che mette le mani nelle tasche dei proprietari di casa? Sta facendo molto discutere la direttiva europea sulle cosiddette case green.

Prima di tutto: cosa è, e cosa prevede, il provvedimento che la scorsa settimana ha avuto l’ok dell’Ue? Che reazioni ha avuto tra gli stakeholder del nostro territorio? Come spiega l’agenzia AdnKronos, il Parlamento Europeo ha adottato a Strasburgo la direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astensioni. Lo scopo della revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia è quello di ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030 e pervenire alla neutralità climatica entro il 2050.

OBIETTIVO EMISSIONI ZERO
Tra gli obiettivi figurano anche la ristrutturazione di un maggior numero di edifici con le prestazioni peggiori e una migliore diffusione delle informazioni sul rendimento energetico. Secondo la nuova normativa, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero, a partire dal 2030. Inoltre, gli edifici nuovi occupati o di proprietà delle autorità pubbliche dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Gli Stati membri potranno tenere conto, nel calcolare le emissioni, del potenziale impatto sul riscaldamento globale del corso del ciclo di vita di un edificio, inclusi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per realizzarlo.

Per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030, rispetto al 2020, e di almeno il 20- 22% entro il 2035, sempre rispetto al 2020. Ancora, in base alla nuova direttiva, gli Stati membri dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033: i Paesi dovranno introdurre requisiti minimi di prestazione energetica. Se tecnicamente ed economicamente fattibile, i Paesi membri dovranno garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. Gli Stati membri dovranno spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040. A partire dal 2025 sarà quindi vietata la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore. La nuova normativa, eccezione rilevante per un Paese come l’Italia, non si applica agli edifici agricoli e agli edifici storici, e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto.

Per l’irlandese Ciarán Cuffe (Verdi/Ale), relatore, la direttiva sulle prestazioni energetiche nell’edilizia «mostra chiaramente come la politica climatica possa avere benefici reali e immediati per le fasce di popolazione più vulnerabili della nostra società. Questa legge contribuirà a ridurre le bollette energetiche e ad affrontare le cause profonde della povertà energetica, offrendo nel contempo migliaia di posti di lavoro locali di alta qualità in tutta l’economia europea. Nonostante la direttiva sia il pezzo finale del più grande puzzle che è il ‘Pronti per il 55%’, ciò non ne diminuisce l’importanza. Contrastando il 36% delle emissioni di Co2 dell’Europa, aggiunge un pilastro assolutamente essenziale al Green Deal europeo. Il risultato della votazione dimostra che il Parlamento continua a sostenere un Green Deal che garantisca, nella stessa misura, equità e ambizione». Per diventare legge, la direttiva dovrà ora essere approvata formalmente anche dal Consiglio dei ministri. Secondo la Commissione, gli edifici dell’Ue sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni climalteranti.

ROSA D’AMATO: «NO ALLE FAKE NEWS»
I partiti del centrodestra italiano hanno votato per lo più contro la direttiva: compatti Fdi e Lega. «Ennesima follia europea. Grazie all’impegno della Lega e del gruppo ID, erano già state fermate alcune delle eco-follie volute dai burocrati, ma non è bastato. La nostra battaglia continua: serve un cambio di rotta per rivedere la direttiva, mandando a casa le sinistre e portando a Bruxelles una nuova maggioranza di centrodestra» ha commentato Matteo Salvini. La delegazione italiana del Ppe in maggioranza si è espressa contro, tranne la vice capodelegazione Alessandra Mussolini e Herbert Dorfmann della Sudtiroler Volkspartei, che hanno votato a favore. Favorevoli M5S (Non Iscritti), Pd (S&D), Italia Viva (Renew) e i tre italiani dei Verdi/Ale (Rosa D’Amato, Piernicola Pedicini, Ignazio Corrao). Tra i contrari anche Fabio Massimo Castaldo (Azione). La direttiva è passata con ampio margine grazie ai voti di buona parte del Ppe, di Renew, della quasi totalità di S&D e Sinistra e della totalità dei Verdi/Ale.

Rosa D'Amato 

Contrari l’Ecr, Identità e Democrazia, una cinquantina di Popolari e una minoranza di Renew. Per l’eurodeputata tarantina Rosa D’Amato «la cosiddetta direttiva Case green aiuterà le famiglie e le categorie più deboli. Già, perché rendere le nostre case più efficienti da un punto di vista energetico significa abbattere i prezzi delle bollette proprio per chi ha più difficoltà ad arrivare a fine mese, riducendo inoltre le emissioni nocive per l’ambiente e per la nostra salute. Vale per i proprietari, ma vale anche per tutte quelle famiglie che vivono in affitto, e che rappresentano il 20% delle famiglie italiane». D’Amato critica «la campagna mediatica orchestrata dalle lobby del mattone e dalla destra l’ha dipinta come una legge volta a togliere le case agli italiani»; ma il problema del costo degli adeguamenti alle nuove normative c’è, eccome. «Certo, le ristrutturazioni costano» conferma l’esponente dei Greens. «Ma proprio per questo noi Verdi europei, e non certo la destra, ci siamo battuti per assicurare un nuovo fondo Ue ad hoc che garantirà un sostegno finanziario a chi ristruttura e a proteggere chi è in affitto dalle speculazioni sui prezzi e dagli sfratti. Il governo italiano, adesso, la smetta di promuovere fake news e fare gli interessi dei grandi gruppi immobiliari. Metta in atto la legge, dato che l’ha votata in Consiglio Ue, tutelando davvero chi oggi vive in case fatiscenti e inquinanti, pagando bollette elevate». Da Fratelli d’Italia - Ecr Elisabetta De Blasis spiega invece che «a Strasburgo, con il mio gruppo ho votato contro alla direttiva “case green” che secondo le prime stime coinvolgerà cinque milione di case in Italia.

Non vorrei che questa normativa si traducesse in ulteriori oneri per i proprietari di case. Infatti, seppure il risparmio energetico sia un obiettivo da raggiungere, la normativa rimane permeata da un’ideologia green che vede solo alcune tecnologie come utili al raggiungimento del miglioramento energetico degli edifici». «Inoltre» aggiunge De Blasis «nonostante il miglioramento della direttiva in sede negoziale che lascia agli stati membri una flessibilità negli obiettivi di riqualificazione energetica, resta il bando delle caldaie a gas metano al 2040, che se pur migliorativo del target precedente, rappresenta comunque un potenziale costo per i consumatori, vista la scarsità di alternative attualmente sul mercato». «Questa direttiva europea rappresenta un enorme passo avanti nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale per l’Ue e i singoli paesi. I periti industriali saranno in grado di svolgere un ruolo di primaria importanza nella progettazione, realizzazione e collaudo degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici privati come di quelli pubblici contemplati nella direttiva stessa» dice Giovanni Esposito, presidente del Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati.

DUE ANNI DI TEMPO
Nella sua analisi pubblicata da HuffingtonPost, Antonio Cianciullo ha ricordato come «a breve, dopo il via libera del Consiglio Ue programmato ad aprile, la norma comunque diventerà legge e i Paesi avranno due anni di tempo per adeguarsi. Dunque dalla contrapposizione ideologica converrebbe passare a un approccio più pragmatico. Gli edifici rappresentano – lo ricorda la direttiva – il 40% dei consumi finali di energia della Ue e il 36% delle emissioni di gas serra prodotte dall’uso dell’energia. Se vogliamo evitare che la siccità arrostisca campi e città e le alluvioni li allaghino, è chiaro che bisogna ripensare il modo in cui scaldiamo (sempre meno) e raffreschiamo (sempre più) le nostre case. Dal dibattito sul se cambiare (ormai cancellato dalla direttiva che pone l’obiettivo di una riduzione del consumo energetico di almeno il 16% rispetto al 2020 entro il 2030) bisogna passare al dibattito su come cambiare. Come dal punto di vista tecnico ed economico. Sul piano tecnico in realtà la discussione non è accesa. C’è chi sottolinea più un aspetto e chi più un altro, ma l’assieme è chiaro. Bisogna utilizzare fonti rinno vabili e pompe di calore al posto di combustibili fossili e vecchie caldaie. Gli edifici vanno coibentati (con buon senso) per evitare dispersioni di calore. Elettronica avanzata e smart grid completano l’efficientamento del sistema. Il vero problema è chi paga e, soprattutto, come si calcola il costo. Se si fotografa l’istante, questo costo è alto, spesso scoraggiante. Ma se si guarda in proiezione, negli anni il risparmio ottenuto compensa l’investimento. È la logica del prestito, o del mutuo: molto dipende dal tasso d’interesse. E su questo i governi potrebbero agire, così come potrebbero agire sui finanziamenti».

L’UPPI: «NON SI PUÒ GRAVARE SULLE TASCHE DEI PROPRIETARI»

Ciro Parisi


Cosa pensano i proprietari di casa? Che «non si possa gravare sulle tasche dei proprietari» è la convinzione dell’avvocato Ciro Parisi, presidente dell’Uppi - Unione Piccoli Proprietari Immobiliari - di Taranto. «La transizione energetica è giusta - dichiara ancora Parisi a Buonasera Taranto - perchè il pianeta è di tutti, e tutti dobbiamo averne cura. Ma non può esistere una “patrimoniale ecologica”, se così si può dire. Ad ogni buon conto, la direttiva approvata ha fatto sicuramente passi in avanti rispetto alla prima stesura, che prevedeva obblighi oggettivamente impraticabili: bene, per esempio, la scadenza prorogata per l’eliminazione delle caldaie a gas». Resta il nodo-costi: «Lo Stato dovrà programmare dei bonus, che siano ovviamente modulati in modo migliore rispetto al “110”, e con adeguati controlli. C’è poi un’altra questione - aggiunge Parisi - che è relativa alla specificità italiana: sono tantissimi gli immobili che vengono dalla Storia, e manomettendoli si rischia di danneggiarli».

ANCE TARANTO: IL PUNTO È LA RICEZIONE DELLA DIRETTIVA EUROPEA
A Buonasera Taranto Fabio De Bartolomeo, presidente di Ance Taranto, gli edili di Confidustria, evidenzia un dato fondamentale: «Bisognerà valutare come la direttiva verrà effettivamente recepita e come sarà effettivamente applicata. E comunque di case green non iniziamo a parlare oggi: è un discorso che viene da lontano, ne ragioniamo da tempo e le nuove costruzioni hanno già standard che sono improntati alla sostenibilità ambientale. Il punto ora è capire i costi, e la tipologia delle agevolazioni, e come il tutto verrà “calzato” a livello locale: un ruolo fondamentale è quello, ad esempio, dei Comuni. Senza dimenticare le specificità italiane: in vari Paesi dell’Unione Europea è possibile demolire e ricostruire secondo nuovi paramentri anche in centro; in Italia, no».

IL CASO SUPERBONUS
Impossibile non dedicare un passaggio alla dibattutisima questione del Superbonus 110%. In Puglia sono stati oltre 26mila gli interventi (con almeno un’asseverazione protocollata) per 5,2 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione col Superbonus 110% finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico in chiave antisismica degli edifici; ad essere ultimato in Puglia il 90,9% dei lavori (a livello nazionale la media è dell’88,7%) ma si rischiano contenziosi e blocco dei cantieri sui 480 milioni relativi a lavori non conclusi. Chiusa la stagione del Superbonus 110% Ance Puglia, su dati Enea-Mase rielaborati da Ance, ha fatto un bilancio sulla misura introdotta nel 2020 per dare fiato al settore delle costruzioni, fiaccato da un decennio di crisi e dalla pandemia, e per favorire la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano. «La misura è stata un formidabile volano per il settore e per l’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare pugliese, spesso vetusto ed energivoro» secondo il presidente di Ance Puglia Gerardo Biancofiore.

«La chiusura traumatica della misura ingenererà, purtroppo, contenziosi e problemi economici per tantissime di famiglie e imprese nella nostra regione, che avevano confidato sulla certezza della norma; seppur varata con una serie di carenze a livello di controlli, sin da subito segnalate da Ance, la misura col tempo ha dimostrato in pieno la sua efficacia». L’evidenza di una prima riqualificazione diffusa sul territorio pugliese trova riscontro in un dato: gli interventi di Superbonus energetico rispetto al totale degli edifici residenziali per i quali la riqualificazione energetica poteva considerarsi fattibile e conveniente è pari al 3,7%. Rilevante anche il numero di interventi in Puglia per mille abitanti, pari a 6,7, contro la media italiana di 7,8. Nessun dubbio anche sull’impulso dato dal Superbonus al PIL regionale (l’ANCE stima che circa un terzo del +10% del Pil italiano nel biennio 2021-2022 sia stato originato dagli investimenti in costruzioni, trainati proprio dai bonus edilizi) e sulla crescita del settore che, in Puglia, ha visto nascere nel biennio 2020/2021 ben 2.182 imprese edili portando a 30.330 il totale delle stesse a fine 2021 (+7,8% rispetto al 2019). «È stato un importante segno di vivacità del comparto edile pugliesi che, al netto delle imprese nate dalla sera al mattino per approfittare in modo talvolta illegale o improprio della misura, ha saputo cogliere questa opportunità mettendosi al servizio del territorio.

Purtroppo, con questa chiusura disordinata della stagione del Superbonus il comparto dell’edilizia residenziale si avvia a scontare un trend inevitabilmente negativo – conclude Biancofiore –. Tuttavia, le imprese edili pugliesi, quelle che operano legalmente e con lealtà sul mercato, sono pronte per dare risposta alle necessità del Pnrr e delle altre misure di coesione territoriale».

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