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Il caso

Ilva, il Pd accusa Melucci

Diventa legge il “decreto Meloni” sullo stabilimento siderurgico di Taranto

L'ex Ilva di Taranto

L'ex Ilva di Taranto

Diventa legge il “decreto Meloni” sullo stabilimento siderurgico di Taranto: nella giornata di ieri infatti la Camera dei Deputati ha approvato con 154 sì e 46 no la conversione in legge dell’ultimo provvedimento sull’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia.

Il testo varato dal Consiglio dei ministri a metà gennaio prevede, tra l’altro, l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, su istanza dei soci con almeno il 30% del capitale, per le imprese di interesse strategico nazionale, con almeno 500 dipendenti e debiti per 300 milioni. Il provvedimento, che ha già ricevuto il via libera dal Senato il 5 marzo, diventa quindi definitivo - ma ad emergere è anche la pesante accusa che il parlamentare pugliese del Partito Democratico, Ubaldo Pagano, rivolge al sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. «Italia Viva vota contro i nostri emendamenti e ordini del giorno per chiedere che a Taranto sia effettuata una valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario della produzione che sarà autorizzata dal prossimo piano industriale dell’acciaieria di Taranto. Questa decisione spiega bene le ragioni della nostra rottura col sindaco Melucci» le parole del parlamentare.

«Perché» continua Pagano «quando lui ha scelto di aderire a una forza politica guidata da un leader che ha responsabilità chiare rispetto alla vicenda tarantina, abbiamo capito di non poter restare in silenzio e insieme abbiamo deciso di rinunciare ai ruoli di governo cittadino perché prevalesse il rispetto di una battaglia ideale coerente per Taranto e per i tarantini. Nessuna antipatia o giochino di potere nei confronti dell’uomo, per cui anzi resta sempre grande affetto umano e sostegno concreto». Per l’esponente dei democratici, «nel frattempo vediamo perpetuarsi dalle parti del Governo e della maggioranza la solita indifferenza per la tutela dei lavoratori e delle imprese dell’indotto. Dopo settimane di annunci la situazione continua a peggiorare e, oltre a richiamare il Ministro Urso a fare presto il suo dovere, non possiamo che esprimere la massima solidarietà a tutti loro, nella speranza che il Governo si decida una volta per tutte a risolvere la questione, visto che anche su questo tema tutte le nostre proposte, risolutive davvero, sono state malamente respinte».

Vito De Palma, deputato tarantino di Forza Italia, «siamo di fronte al tredicesimo decreto legge che interviene sull’ex Ilva da undici anni a questa parte, a testimonianza dell’importanza strategica dello stabilimento di Taranto, ma anche a testimonianza di alcuni gravi errori che sono stati commessi dai Governi precedenti. Con questo provvedimento l’Italia riprende l’iniziativa su Taranto e lo fa in un momento cruciale non soltanto per lo stabilimento pugliese, ma anche per tutta la produzione di acciaio italiana, con un intervento che incide sotto il profilo non soltanto economico e produttivo, ma anche geopolitico. In particolar modo il provvedimento guarda alla riconversione industriale verso l’acciaio green». L’esponente di Forza Italia evidenzia come «l’obiettivo finale del Governo non è la nazionalizzazione dell’ex Ilva, ma applicare all’Ilva il “modello Monte Paschi”, ossia avere il tempo per risanare la società per poi uscire nei tempi necessari ad assicurare la continuità aziendale, una stabile produzione, un impatto ridotto sulle casse pubbliche e l’interesse nazionale. Quando quest’ultimo entra in gioco è necessario un confronto serio e costruttivo sulle soluzioni praticabili per difendere questa realtà, rispetto alla quale fortunatamente non mancano investitori che hanno mostrato interesse. Oggi la produzione è ai minimi termini con meno di 3 milioni di tonnellate, quando il punto di pareggio dovrebbe essere a sei milioni di tonnellate.

Ma oltre al polo industriale strategico noi intendiamo difendere i 20.000 lavoratori che vivono degli stipendi di Ilva, le imprese dell’indotto e il futuro dei territori interessati dal punto di vista della tutela dell’ambiente, della salute e della sanità pubblica».

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