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Siderurgico. Il caso
16 Febbraio 2024 - 11:20
Lucia Morselli, ad Acciaierie d'Italia, e Rocco Palombella, segretario generale nazionale Uilm
L'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia S.p.A. Lucia Morselli ha dato mandato ai propri legali di sporgere querela contro il segretario nazionale della Uilm-Uil, Rocco Palombella, per la sua affermazione riportata nell'intervista pubblicata oggi sul quotidiano "la Repubblica" secondo cui "Da Morselli solo bugie" durante l'audizione alla IX Commissione del Senato tenuta in data 13 febbraio scorso.
Nel corso dell'audizione in Commissione Industria, l'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia ha dichiarato: «L’azienda è ancora viva, ancora produce e ha gli impianti in efficienza». «Il problema di questa azienda è la liquidità. I soci stanno lavorando per trovare una soluzione in accordo, perché l’obiettivo principale non è cacciare ArcelorMittal o Lucia Morselli, il problema è capire cosa si vuole fare di questa azienda» ha aggiunto l’ad. La soluzione per l’ex Ilva «non passa per decreti ma per la volontà di fare il meglio e proteggere il valore dell’azienda e delle persone che ci lavorano».
«La composizione negoziata continua ma non si sa fino a quando - ha dichiarato Lucia Morselli - La decisione sul quando è nelle mani degli azionisti diretti e indiretti e questo getta una grande incertezza sulle misure che l’azienda sta adottando per il risanamento». «Sulla stampa - ha proseguito l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia - si parla di 3,1 miliardi di debiti. La composizione negoziata non è del gruppo, ma su una delle sue società, ovvero quella operativa. Questo debito di cui si parla è in massima parte intercompany, verso la società capogruppo, per circa un miliardo. Poi c’è un miliardo circa di debito che dovremmo pagare nel caso in cui dovessimo comprare gli impianti. Di fatto il debito vero di questa società è un po’ meno di 700 milioni di cui scaduto solo la metà». «Solo il 18% di questi 3 miliardi è debito scaduto».
«Siamo sconcertati per l'annuncio di querela comunicato da Acciaierie d'Italia nei confronti del nostro segretario nazionale Rocco Palombella. Non ci imbavaglierà nessuno. È paradossale che non si riconosca il diritto di pensiero e di critica sindacale nell'ambito di una vertenza così complessa e drammatica, a fronte di appuntamenti cruciali che avverranno nei prossimi giorni e che ci aspettiamo segnino una svolta, dopo anni di demolizione e di mortificazione sociale causati dall'attuale gestione. È il tempo di riavviare la ricostruzione per garantire il futuro dello stabilimento e per i lavoratori. In merito agli ultimi anni di gestione, vogliamo sottolineare con qualche esempio che più volte è stato detto che i problemi erano collegabili alla bancabilità dello stabilimento e alla mancanza di liquidità. Intanto, per esempio, durante il periodo della pandemia Covid (rappresentato come momento critico da parte dell'azienda), tutte le acciaierie mondiali hanno guadagnato. Solo quella di Taranto ha prodotto di meno (nel 2021 poco più di 4 milioni di tonnellate di acciaio). Per Taranto, il Covid non ha fatto da "effetto molla". Per quanto riguarda la guerra in Ucraina scoppiata nel febbraio 2022, la stessa ha avuto un effetto molto duro sul settore della siderurgia, anche italiana, che dipende dalle importazioni di prodotti semilavorati. L'acciaio di Taranto a ciclo integrale, quindi, sarebbe servito ad alimentare l'economia della manifattura nazionale, per colmare i difetti di produzione provocati dalla guerra. A fronte dei 6 milioni dichiarati dall'azienda nei primi mesi del 2022, a guerra già iniziata e con le criticità già evidenti, nello stesso anno sono state prodotte invece circa 3,3 milioni di tonnellate. Infine, più volte è stato pubblicamente detto che l'azienda è sana, per esempio alla vigilia dell'ultimo finanziamento di 680 milioni di euro stanziati dal governo Meloni. Ai sindacati fu chiesto di condividere il percorso per rilanciare la produzione; fu annunciata una produzione sottostimata di 4 milioni di tonnellate nel 2023 (sono stati invece prodotti circa 3 milioni di tonnellate). I sindacati non hanno mai saputo come sono stati spesi questi soldi pubblici e le criticità legate all'indebitamento erano già note al management aziendale. Lunedì a Roma - conclude il segretario della Uilm di Taranto - ci aspettiamo che il governo smetta di guardare al passato, ascolti la voce dei lavoratori e della città e ponga mano a questa situazione prima che sia troppo tardi, portando sul tavolo un progetto di rilancio che offra garanzie ai lavoratori tutti (lavoratori diretti, di Ilva in amministrazione straordinaria e dell'indotto)».
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