Stamattina la mobilitazione indetta dai sindacati. Lavoratori e imprenditori in corteo (foto Francesco Manfuso)
«É un segnaleal Governo:devonoesseresostenutituttiilavoratori direttieindiretti».
Fim Cisl: Oltre 6mila lavoratori in corteo
Secondo Valerio D'Alò, segretario nazionale dalla Fim Cisl sono «oltre6000lavoratoridell'ex-Ilva che da questa mattina stanno sfilando intorno al perimetro dello stabilimento di Taranto».
Incorteocisonoilavoratoridiretti,incassa integrazione e delmondodegliappalti.
«Lamassicciaadesionedeilavoratoriallamobilitazione- diceD'Alò-deveessereilsegnaleperilgovernodicomprenderechei passi che si faranno per salvare l'ex-Ilva dovranno tenere in debita considerazione e tutelare tutti
lavoratori diretti e delle imprese, siacomeammortizzatorisociali,siacometuteladelleimpresestessechedevonoessereaiutatenelpotertraguardareunasecondaeventualeinsinuazione al passivoqualorailpercorsosaràquellodell'amministrazionestraordinaria.Bisognerà fare presto e bene - sottolineaD'Alò- perrisolveretuttiinodichetengonobloccatoilrilanciodituttiisitidelgruppoex-Ilva,nonsolodiTaranto madituttoilPaese».
Pietro Cantoro, Fim Cisl
Le imprese dell'indotto: «Non riusciremo a superare un'altra amministrazione straordinaria»
«Siamo qui, abbiamo trovato sponda con i sindacati, i lavoratori, con le altre associazioni come Confapi e Casartigiani, e non immaginavamo di essere qui tutti riuniti, ma lo siamo nella speranza che qualcuno risolva questa partita a scacchi tra il privato Mittal e Invitalia perché in mezzo ci siamo noi». Lo ha detto Fabio Greco, presidente di Aigi, l'associazione che rappresenta la maggior parte delle imprese dell'indotto di Acciaierie d'Italia, mentre è in corso la protesta comune di lavoratori degli appalti del siderurgico e imprenditori, protesta indetta dalle sigle sindacali Fim, Fiom, Uilm e Usb.
«Noi domani saremo presenti con le altre forze produttive alle audizioni del Senato sul nuovo decreto legge - ha poi detto Greco - Stiamo cercando di condividere col ministro Urso e il pool dei tecnici a Roma una soluzione che è molto complicata. Siamo tornati ad anni indietro e credo che l'indotto non riuscirà a superare un'altra amministrazione straordinaria perché vuol dire la perdita finanziaria di ulteriori crediti. Le norme che sono state scritte vanno bene - ha sostenuto il presidente di Aigi - ma, attenzione, non per tutti. Esempio, l'aumento della garanzia dal 60 all'80 per cento ma qui col problema del 2015, con la precedente amministrazione straordinaria, le aziende non sono bancabili e quindi non ha senso. Così come non ha senso la prededuzione dei crediti perché Acciaierie non ha in pancia asset, non é proprietaria degli impianti, quindi i nostri crediti saranno persi come stiamo perdendo quelli dell'amministrazione straordinaria di Ilva del 2015».
L'urlo degli operai: «Mittal via da Taranto»
"Via da Taranto!" é il grido che sta accompagnando più di tutti gli altri il corteo in corso per l'indotto di Acciaierie d'Italia. Stanno sfilando attorno alla fabbrica migliaia di persone. A seguire anche camion, mezzi e auto delle imprese appaltatrici dell'ex Ilva con un "concerto" assordante di clacson. "Meloni caccia via i franco-indiani che stanno distruggendo questo stabilimento. Ministro Urso datti da fare. Siamo venuti sin qua per vedere cacciare Mittal" urlano gli operai. E ancora: "L'amministratore delegato non ha fatto altro che spegnere questo stabilimento. Migliaia di persone sono in cassa integrazione e la multinazionale continua a non pagare. Oggi i lavoratori chiedono il lavoro, non ammortizzatori sociali, ma soprattutto chiedono di mandare via ArcelorMittal. Non ci avrete mai come volete voi, noi saremo sempre contrari alla multinazionale ArcelorMittal che ha fatto solo disastri, ArcelorMittal é pregata di andare via immediatamente».
Confcommercio: «Taranto non può continuare a pagare»
«L’ex Ilva/Acciaierie d’Italia, dopo anni di veleni sparsi sulla città, ora si prepara a mettere in scena un nuovo atto della tragi-commedia che incombe su Taranto».
Anche la Confcommercio di Taranto sostiene la vertenza che sta tenendo con il fiato sospeso lavoratori e imprenditori dell'indotto.
«Si profila il concreto rischio di un blocco non programmato - ma voluto dal socio di maggioranza - dello stabilimento, evenienza che non farebbe giustizia dei danni provocati all’ambiente e alla salute dei cittadini e né ripagherebbe le vite perse, non darebbe prospettive economiche ai lavoratori, ma anzi acutizzerebbe la crisi economica del territorio, aprendo una voragine nel tessuto economico-sociale locale. Vi sono in ballo crediti per 120 milioni di euro. Giustamente le imprese dell’indotto, ormai al collasso, rivendicano i loro crediti. La protesta delle aziende della filiera, le ditte dell’indotto e gli autotrasportatori, accende i riflettori su una situazione di cui, a distanza di dieci anni dall’ultimo cambio di proprietà, ancora una volta è Taranto a pagarne le conseguenze. L’impoverimento del territorio è tangibile e si avverte in tutti i settori dell’economia: dal manifatturiero, all’autotrasporto, l’edilizia, i servizi, le professioni, ed ovviamente anche il commercio, in particolare quello di vicinato, sul quale si ribalta a 360° la sofferenza economica, finanziaria e occupazionale del territorio. Lo Stato ha il dovere di intervenire e dare risposte concrete alle imprese dell’indotto e agli autotrasportatori che in questi anni hanno garantito i servizi e la continuità operativa di Acciaierie d’Italia, e che ora sono allo stremo e rischiano di non vedere riconosciuti i loro crediti. Il Governo si faccia carico di un’ennesima situazione subita, determinata ancora una volta da strategie e scelte sbagliate le cui conseguenze ricadono sulla comunità locale.Taranto - conclude Confcommercio - non può continuare a pagare per gli errori commessi da anni di politiche industriali miopi».
Commentiscrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Buonasera24
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo