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Il Siderurgico
01 Dicembre 2023 - 17:22
Arcelor Mittal
Una «una grande manifestazione», a Taranto, il 20 gennaio 2024, per «l'aggravarsi della situazione e la tensione crescente» in merito alla crisi di Acciaierie d'Italia. E' l'iniziativa annunciata questo pomeriggio dal sindacato Usb.
«Quanti smacchi deve subire ancora questo paese, affinché ci si accorga che l’affidare ad una multinazionale senza scrupoli le sorti dell’industria strategica italiana è un clamoroso errore?» è la domanda che si legge in una nota del sindacato. «L’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia ha subito l’ennesimo rinvio (noi lo avevamo ampiamente preannunciato), sbattendo così in faccia a tutti il grado di assoluta irresponsabilità di chi in questo momento sta scientificamente portando l’azienda verso il baratro. Non ci facciamo strane idee su quanto succederà il 6 dicembre: se il Governo cederà al ricatto di ArcelorMittal, svenderà il futuro del nostro paese, perché oggi parlare di ex Ilva significa parlare di un paese intero. Ed è proprio per questo che Usb continua a dire una cosa semplice e chiara e siamo gli unici a dirlo da anni: l’azienda va nazionalizzata subito».
La nazionalizzazione, si sottolinea da Usb, «non è un vezzo ideologico: questa oggi è l’unica soluzione che può salvare l'azienda. Solo lo Stato può garantire una vera transizione ecologica a tutela dell’ambiente e della salute di lavoratori e cittadini e la piena tutela dei posti di lavoro per i lavoratori di Acciaierie d’Italia, di Ilva in As e dell’appalto, rilanciando lo stabilimento dentro un piano industriale capace di guardare “oltre la fabbrica” guardando al futuro attraverso un modello di sviluppo economico sostenibile, utile al rilancio del Territorio». Si punta anche ad «un piano per dare sicurezza a lavoratori e famiglie, riconoscendo il lavoro usurante, l’amianto e mettendo in campo un piano di incentivazione all’esodo per chi già oggi lo sta richiedendo».
«Lo stabilimento ex Ilva sta spirando. E se muore, muore la produzione di acciaio del Paese e molta parte dell’economia pugliese, innescando una catastrofe ambientale. Serve perciò alzare il tono dell’iniziativa, cominciando col convocare un Consiglio regionale straordinario, aperto ai ministri Giorgetti, Fitto e Urso, e ai parlamentari pugliesi. Lo abbiamo chiesto con una nota inviata alla Presidente Capone, su cui speriamo di ottenere la sottoscrizione di tutti i colleghi»: a parlare sono il consigliere e commissario regionale di Azione Fabiano Amati, i consiglieri regionali Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, capogruppo, e il responsabile regionale industria di Azione Nicola Di Donna.
Fabiano Amati
«Avevamo detto di non cambiare le condizioni del contratto con Arcelor Mittal, altrimenti sarebbe stata la fine; avevamo detto di non offrire ragioni di disimpegno o pretesti ad Arcelor Mittal, modificando una norma ovvia, una mera replica del codice penale in materia di colpevolezza, travestendola da scriminante per eccitare le paure delle persone; avevamo detto che il disimpegno dei manager Arcelor Mittal dagli stabilimenti di Taranto era un chiaro indizio di abbandono; avevamo detto che Arcelor Mittal aveva abbandonato ogni interesse per l’Italia, provato dall’accordo con il Governo francese per gli investimenti di decarbonizzazione in quel Paese; avevamo detto, anche promuovendo un’audizione in Consiglio regionale con Franco Bernabè, che la chiusura dello stabilimento equivale all’innesco di una bomba ambientale con esiti catastrofici», sottolineano gli esponenti del partito di Carlo Calenda. «Ora che c’è ancora (forse) un po’ di tempo, bisogna fare qualcosa di straordinario, compresa l’ipotesi di assumere la fabbrica nel pieno dominio dello Stato, per poi cederla in rinnovata salute a un privato, salvando più o meno tutto il salvabile e smettendola di sperperare, infruttuosamente, soldi prelevati dalle tasse dei cittadini. E pure questo lo avevamo detto e lo ribadiamo, affinché non sia inserito nell’elenco dell’ultimo ‘l’avevamo detto’».
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