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La Concattedrale, celebrata all’estero e maltrattata a Taranto

La Concattedrale di Taranto

La Concattedrale di Taranto

Domus, una delle più note ed autorevoli riviste in­ternazionali di architettura, le ha dedicato la copertina del primo numero del nuovo anno. Ma, a Taranto, la Concattedrale pogettata da Gio Ponti e voluta da monsignor Guglielmo Motolese continua a non riscuotere grande rispetto. Non manca di sottoli­nearlo Jonathan Griffin, l’autore dell’articolo che la rivista (fondata proprio da Gio Ponti) ha dedicato alla Gran Madre di Dio: «Oggi il complesso della Concattedrale appare trascurato: le vasche riflet­tenti ai piedi della sua gradinata anteriore sono prosciugate, mentre i campi e gli uliveti che un tempo lo circondavano sono invasi dai condomini».
Le vasche della Concattedrale di Taranto Le vasche della Concattedrale di Taranto
Un giudizio fin troppo elegante, perché quelle vasche dove dovreb­be riflettersi la vela - straordinaria intuizione architettonica dell’ar­chitetto milanese - sono ridotte ad una discarica. Quasi completa­mente a secco, oggi quelle vasche raccolgono foglie secche e immon­dizia. Tanta immondizia. Un’opera d’arte ridotta a pattumiera. E que­sto accade nell’anno in cui la Con­cattedrale compie 50 anni e nel momento in cui Gio Ponti è stato celebrato prima al Musée des Arts Décoratifs di Parigi e ora al Maxxi di Roma: due mostre per ricorda­re il valore di uno dei più grandi architetti e designer del Novecen­to. Due mostre nelle quali, non a caso, a primeggiare è proprio la riproduzione della Concattedrale di Taranto, l’ultima grande opera realizzata da Ponti prima della sua morte e al culmine del suo gran­dioso percorso artistico. Taranto e i tarantini, però, sembra­no non avere consapevolezza della importanza di questo monumento dell’architettura contemporanea. Apprezzato all’estero, disprezzato proprio a Taranto. La vita di quel­le vasche è sempre stata sofferta. Uliano Lucas, uno dei più celebri fotografi italiani, immortalò il piazzale della Concattedrale negli anni ‘90: le vasche erano state co­perte e trasformate in un parcheg­gio. Una foto che, forse anche al di là delle intenzioni dell’autore, im­mortala l’oltraggio all’opera d’arte e l’ignoranza della città che non è capace di apprezzarla e valorizzar­la. Sono passati tre decenni ma il rap­porto tra Taranto e la Concattedra­le non sembra essere migliorato. Resta forte la sensazione che la città sia culturalmente inadegua­ta a comprendere quest’opera e a trarne vantaggio. Basti pensare che davanti ad essa non c’è neppu­re un totem informativo che spie­ghi di cosa si tratta e persino nelle guide turistiche il più delle volte non se ne fa menzione. Paradossa­le che ciò accada in una città che ha la velleità di diventare meta tu­ristica e che si candida a Capitale della Cultura. Ma se l’oscenità delle vasche ridot­te in così cattivo stato è un insulto al senso e all’estetica di quest’ope­ra d’arte, le cose non vanno meglio sugli altri lati di questo tempio del gotico moderno. La parte poste­riore, per anni chiusa da una in­guardabile recinzione in lamiera ondulata, avrebbe dovuto ospitare le opere parrocchiali che Gio Pon­ti immaginava nello stesso stile del suo monumento. Oggi è invece un mortificante parcheggio acquitri­noso.
Il condizionatore della Concattedrale di Taranto Il condizionatore della Concattedrale di Taranto
Persino i recenti lavori con i quali si è rinfrescata la facciata hanno lasciato il segno: sconcertante è l’obbrobrio dell’impianto dell’aria condizionata posizionato a vista sul lato di via Blandamura con tan­to di marchio blu della casa produt­trice. Quello non è solo uno sfregio all’estetica dell’opera, ma è la bru­tale conferma dell’inadeguatezza culturale a percepire il valore di questo monumento, trattato come un qualsiasi condominio partorito da quella pulsione speculativa che soffocò il candore di quell’edificio sacro. Un edificio che Gio Ponti immaginava “aggredito” dal verde e finito invece per essere aggredito dal grigio cemento dei palazzoni circostanti. Una ferita alla vista e al cuore. Eppure un perché di fondo a que­sto libero scempio del quale la Concattedrale è vittima forse esi­ste: quest’opera non gode infatti delle tutele di legge perché pur­troppo non è un bene vincolato, in quanto non ha ancora compiuto 70 anni di vita. Un problema che qualche hanno fa l’Ordine degli Architetti pose ripetutamente alla Soprintendenza senza tuttavia ot­tenere risposta alcuna. Ma al di là degli aspetti burocrati­co-legali, resta inammissibile che un’opera di questo valore venga bi­stratatta così senza pudore. A giu­gno scorso è stata siglata un’intesa istituzionale tra Curia, Politecnico e Soprintendenza Archeologica per organizzare ricerche, convegni e mostre in occasione del 50esi­mo della Concattedrale. Bene, che ci sia uno scatto di orgoglio, che si svolga finalmente una adeguata funzione informativa, educativa e di tutela.
La copertina del nuovo numero di Domus La copertina del nuovo numero di Domus
Abbiamo la fortuna di ospitare un’opera il cui enorme valore artistico-architettonico è ri­conosciuto a livello internazionale. Facciamo che non sia una fortuna immeritata. Enzo Ferrari Direttore Responsabile
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