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L'operazione della Polizia

Nardelli ucciso su ordine del fratello. I nomi dei presunti mandanti e degli autori materiali del delitto

Cinque fermi eseguiti all'alba di oggi

Omicidio Nardelli, ecco i nomi dei presunti mandanti e autori

La conferenza con il questore Massimo Gambino e il dirigente della Squadra Mobile, Cosimo Romano

Cosimo Nardelli sarebbe stato ucciso su mandato di suo fratello Tiziano Nardelli e di Paolo Vuto, due degli indagati sottoposti a fermo su disposizione della Procura Distrettuale di Lecce e della Procura della Repubblica di Taranto. In poco più di venti giorni la Squadra Mobile è quindi risalita ai presunti responsabili dell’omicidio avvenuto la sera del 26 maggio in via Cugini, a Taranto. Cinque i  fermi eseguiti: oltre ai già citati Paolo Vuto e Tiziano Nardelli, gli altri fermati sono Francesco Vuto, Cristian Aldo Vuto, entrambi accusati di essere i presunti autori materiali del delitto, e Ramazan Kasli. I fermi sono stati seguiti all’alba di oggi.

Nella conferenza stampa tenuta dal questore Massimo Gambino e dal dirigente della Mobile, Cosimo Romano, sono emersi altri particolari della sanguinosa vicenda. Nardelli sarebbe stato ucciso per questioni economiche legate a fondi agricoli.

Ma c’è un altro episodio, risalente alla notte tra il 12 e il 13 aprile, sul quale gli inquirenti hanno fatto luce: il tentato omicidio di Cristian Troia, rimasto ferito dopo un agguato che si sarebbe consumato su mandato di Paolo Vuto e con la partecipazione materiale di Cristian Aldo Vuto e di Ramazan Kasli. Troia sarebbe stato colpito non per questioni economiche ma per vicende personali che sarebbero state percepite dal gruppo come affronto alla propria autorevolezza.

Due episodi di particolare ferocia, a testimonianza, secondo quanto emerso dalle indagini, della volontà del gruppo Vuto - un cognome molto noto alle cronache criminali della città - di affermare la propria potenza criminale sul territorio. E non a caso al centro delle indagini è finita anche una presunta estorsione ai danni di un imprenditore. Agli indagati viene contestata anche l’aggravante del metodo mafioso.

«La risposta che abbiamo dato a questi episodi criminosi - ha detto il questore Gambino - è la testimonianza di come le forze di polizia, tutte indistintamente, siano attente alle dinamiche del territorio. Taranto è una città complicata, ma lo Stato c’è».

«Fin dall’inizio - ha sottolineato il dirigente della Mobile, Romano - avevamo ben chiara la pista da seguire, ma avevamo bisogno di un compendio indiziario molto forte. Da tempo seguivamo le mosse degli indagati, un gruppo che stava tentando di radicarsi sul territorio».

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