Cerca

Cerca

Il Siderurgico

«Sull'ex Ilva Palazzo Chigi prenda in mano la situazione»

Il documento dei sindacati consegnato a Giorgia Meloni

Meloni e Vespa

Meloni e Vespa

«Nel rappresentarLe la disperazione di più di quindicimila famiglie, Le chiediamo di intervenire direttamente affinché una vertenza così complessa veda l’interessamento diretto di Palazzo Chigi». Questo il passaggio più significativo del lungo documento unitario che i segretari generali di Fim Cisl Biagio Prisciano, Fiom Cgil Francesco Brigati, Uilm Uil Davide Sperti e Usb Francesco Rizzo, a firma delle Rappresentanze sindacali unitarie di Acciaierie d’Italia, Ilva in amministrazione straordinaria e Appalto, hanno consegnato alla premier Giorgia Meloni sull'ex Ilva. 

Come noto, Meloni era a Manduria per la quarta edizione di “Forum in Masseria” , la rassegna organizzata da Bruno Vespa presso la Masseria Li Reni.

IL TESTO INTEGRALE DEL DOCUMENTO

Ill.mo Signor Presidente Giorgia Meloni,

è per le scriventi RRSSUU una grande opportunità poterLe consegnare direttamente un documento che vuole manifestarLe le nostre gravi e annose preoccupazioni inerenti la vertenza ultradecennale relativa allo stabilimento ex Ilva (ora Acciaierie d’Italia) di Taranto.

Il forum al quale Lei interverrà, ha come titolo “quale futuro all’Italia”. Molti autorevoli rappresentanti del mondo delle istituzioni, delle imprese, del mondo dell’economia etc. interverranno per confrontarsi su come costruire un futuro migliore per l’intero paese. Un dibattito importante che avviene proprio all’interno del territorio tarantino. A poche decine di km da questo luogo c’è lo stabilimento ex Ilva. Come è possibile per l’intera comunità ionica anche solo immaginare un futuro se non si pone fine alla pluridecennale vertenza che impatta quella fabbrica? Dopo più di dieci anni dal sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo, tutti i governi che si sono susseguiti hanno semplicemente deciso di non decidere, intervenendo esclusivamente attraverso decreti d’urgenza. Dopo un estenuante trattativa con la multinazionale, il 6 settembre 2018 raggiungevamo in sede governativa un importante accordo sindacale che prevedeva investimenti privati di natura ambientale, tecnico produttivi ed occupazionali garantendo il riassorbimento di tutti i lavoratori all’interno del perimetro aziendale a completamento del piano ambientale (quindi dal 23 agosto 2023 entro e non oltre il mese di settembre 2025) attraverso quindi un importante clausola di salvaguardia occupazionale a tutela dei circa milleseicento lavoratori rimasti in carico allo stato attraverso la gestione dell’amministrazione straordinaria. 

Nel 2020 il governo promettendo mirabolanti iniziative gonfie di demagogia, di fatto disattese insieme alla multinazionale gli accordi sottoscritti nelle stesse sedi governative meno di due anni prima, dando la possibilità ad Arcelor Mittal di disinvestire da Taranto preferendo altri paesi a livello europeo e internazionale, portando con se la tesoreria centralizzata e lasciando un sito senza alcuna capacità di finanziare il circolante e senza nessuna linea di accesso al credito, essendo sotto sequestro e confiscato a seguito della sentenza di primo grado del processo ambiente svenduto del 2021. L’assetto societario venutosi a creare vede lo stato attraverso Invitalia come socio di minoranza che non conta assolutamente nulla nella gestione ma esprime solo il polmone finanziario pagando i debiti che il soggetto privato continua a contrarre nei confronti di tutti gli stakeholders (partendo dalle aziende dell’appalto e indotto totalmente ridotte sul lastrico e che riversano le problematiche sulla mancanza di pagamento degli stipendi dei propri dipendenti). Come se non bastasse, negli accordi tra azienda e governo decade la clausola di salvaguardia occupazionale a tutela dei lavoratori rimasti in Ilva in AS, gettando molte ombre sul futuro di intere famiglie.

A fine 2022, quando l’attuale AD della società, come da consueta abitudine, ricattava il governo nazionale sospendendo circa 145 ordini relativi a decine delle aziende dell’indotto con immaginabili conseguenze occupazionali e di grave precarietà, con l’unico fine di ricevere il miliardo stanziato dal precedente governo nel DL Aiuti Bis come finanziamento soci, il Ministro Urso garantiva alle parti sociali di subordinare quel finanziamento ad una ricapitalizzazione con passaggio in maggioranza di Invitalia, al fine di dare un indirizzo di controllo prospettico allo stabilimento. Purtroppo, a causa di delicati assetti parasociali riservati stabiliti sempre negli accordi del 2020, il decreto inerente gli interventi per gli impianti di interesse strategico nazionale convertito in legge nel mese di marzo 2023, garantisce la trasformazione del prestito erogato (di 680 milioni) - in ogni momento - in quote azionarie di maggioranza, anche prima di maggio 2024 (data di scadenza degli attuali assetti), senza un intervento immediato. Ogni giorno la situazione della fabbrica si complica sempre di più. Non è assolutamente possibile continuare ad attendere.

La richiesta di proroga di alcune prescrizioni ambientali che non saranno ultimate entro il 23 agosto 2023 a partire dai ritardi sulla rimozione amianto, la mancanza di un piano di investimenti e di un progetto concreto, l’assenza di una mancanza di programmazione delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, l’aumento inspiegabile dei lavoratori collocati in cassa integrazione, nonostante la ripartenza di impianti fermi da tempo (es. AFO2) e in un momento più che positivo per i produttori d’acciaio,segnalano una chiara intenzione da parte di Arcelor Mittal di non voler investire sul futuro industriale, ambientale ed occupazionale del sito di Taranto.

L’annunciato processo di transizione ecologica, in assenza di un piano di investimenti finalizzati a garantire un concreto rilancio del sito attraverso interventi mirati sugli impianti, di una concreta verticalizzazione produttiva e di un piano industriale condiviso con le fonti di finanziamento necessarie a traguardare gli obiettivi di progressiva decarbonizzazione, diventa un puro esercizio retorico. Discutere di un fantomatico accordo di programma che, da un lato, come strumento istituzionale, esclude le parti sociali dai tavoli di negoziazione che impattano il futuro e gli interessi dei lavoratori; dall’altro è uno strumento del tutto privo di fondamenta in assenza di un piano industriale condiviso, di un progetto che abbia un inizio e una fine e, soprattutto, delle relative fonti di finanziamento volte a traguardare gli obiettivi.

Nel rappresentarLe la disperazione di più di quindicimila famiglie, Le chiediamo di intervenire direttamente affinché una vertenza così complessa veda l’interessamento diretto di Palazzo Chigi.

È assolutamente necessario voltare una pagina così drammatica, modificando gli assetti societari per poi condividere tra tutti i portatori di interesse obiettivi concreti e realizzabili, che vedano i lavoratori protagonisti e non vittime di cambiamenti che, allo stato attuale, fanno solo da cassa elettorale a chi, evidentemente, non ha a cuore il reale futuro della nostra comunità e dell’intero sistema paese che rappresentano il tema focale non solo ovviamente di questo dibattito, ma della Sua azione quotidiana in qualità di capo del governo.

Le RR.SS.UU.

Acciaierie d’Italia – Ilva in A.S. - Indotto

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Buonasera24

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Termini e condizioni

Termini e condizioni

×
Privacy Policy

Privacy Policy

×
Logo Federazione Italiana Liberi Editori