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La Piazza Fontana di Nicola Carrino è il monumento più importante della città

Piazza Fontana

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Come è possibile leggere nella scheda relativa alla riqualificazione di Piazza Fontana di Taranto, consultabile on line nel “Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi” promosso dal Ministero della Cultura, “risale al 7 giugno 1992 l’inaugurazione del progetto di riqualificazione di piazza Fontana a Taranto, concepito da Nicola Carrino, il quale dal 1983 iniziò a riflettere e a immaginare una riqualificazione dell’antica piazza della sua città natale”. Qualche mese prima dell’inaugurazione, nel dicembre 1991 il “Corriere del Giorno” pubblicò un mio intervento in cui espressi tutte le mie perplessità su quel che dell’opera si intravedeva dalle transenne del cantiere dei lavori allora in corso. L’idea di fondo era che quella sistemazione urbanistica costituisse “un pugno in un occhio” attesa l’apparente stridente disarmonia tra l’edilizia vetusta e ammalorata della Città Vecchia e l’acciaio rilucente della scultura allora in via di installazione. Quello scritto diede il via a un articolato dibattito in cui si confrontarono le diverse posizioni in campo e che magari un giorno qualcuno potrà ricostruire. Col tempo, tuttavia, ho capito che quel mio approccio iconoclasta era, come si usa dire oggi, frutto di una valutazione di pancia. Iniziai a comprenderlo quando mi fu spiegato il senso del progetto di Carrino che si era sforzato di sintetizzare plasticamente la storia della città in uno spazio urbano esso stesso così pregnante di storia, probabilmente il luogo più importante della città medievale e moderna (dominato per secoli dalla Cittadella orsiniana) in cui la comunità si approvvigionava di acqua, si ritrovava nelle fiere e nei mercati, accoglieva quanti vi giungevano dalla strada di Napoli. Nel nuovo monumento Carrino aveva riunito la vasca e i ruderi superstiti della fontana ottocentesca coniugandoli con l’acciaio della città siderurgica, aveva cercato il raccordo spaziale con il percorso dell’acquedotto del Triglio, aveva evocato l’idea delle chiavi della città con la nuova vasca grande a forma di toppa di serratura (di cui la stessa fontana era appunto la chiave), aveva assemblato i moduli di acciaio in analogia strutturale con le mura urbane di età aragonese, che a loro volta rimandavano alle più antiche mura in opera isodomica della città classica. Dunque, lo sforzo mirabile e complesso di Carrino era stato quello di condensare la storia della città in uno spazio urbano di importanza primaria per tanti secoli. Vi è stato poi un secondo passaggio che mi ha definitivamente convinto del mio iniziale abbaglio sulla Piazza Fontana di Carrino. Il monumento, insomma vasche e mura (su cui tende ad appuntarsi lo sguardo più o meno frettoloso del passante), fa in realtà corpo tutt’uno con la sistemazione complessiva della piazza: Carrino, infatti, non ha progettato il monumento in sé, ma ha progettato l’intera piazza tutt’attorno al monumento con la mirata distribuzione degli spazi, dei salti di quota, degli effettivi visivi e percettivi: “Il disegno planimetrico della piazza - si legge nella richiamata scheda inserita nel Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi - è scandito sulle direttrici che partendo dal centro della stessa passano per i vertici o la metà dei lati dell’ottagono e del dodecagono, rispettivamente delle vasche e del basamento su una serie di cerchi in progressione che partendo dal centro della piazza determinano le misure della vasca piccola, della vasca grande e del basamento della fontana antica e quindi quelle della vasca nuova sul piano della piazza ed il limite della piazza stessa, creando nell’intersezione con le precedenti direttrici, un reticolo di riferimento formale e proporzionale. In tal modo elementi strutturali e linee percettive da questi determinate si irradiano dal centro verso le fabbriche delimitanti la scena della piazza e da queste ultime ritornano verso il centro, tendendo a riaggregare il tessuto urbano e spaziale dell’insieme”. Per tutti gli argomenti sopra esposti, e non solo per l’indubitabile rilevanza di Nicola Carrino nel panorama dell’arte contemporanea (argomento che in sé non sarebbe comunque trascurabile), la sua Piazza Fontana - insieme con la Concattedrale di Giò Ponti - è sicuramente, anche per il suo intrinseco elevatissimo tasso di originalità creativa, il monumento di architettura contemporanea più importante della città. Certo non le hanno giovato l’abbandono cui è stata praticamente condannata già all’indomani della sua inaugurazione e la mancanza di una adeguata valorizzazione almeno sotto il profilo turistico, per esempio con l’installazione anche di un solo cartello illustrativo utile a farne comprendere il significato e, per questa via, il suo valore urbanistico e artistico. A fronte di questa generale trascuratezza, incoraggia oggi la notizia che l’attuale Amministrazione Comunale sia impegnata a realizzare un progetto di riqualificazione della piazza che non mancherà di salvaguardare e valorizzare l’opera di Nicola Carrino che, come si è detto, va oltre il monumento e, nella logica dell’arte degli spazi urbani di cui egli era maestro, riguarda invece l’intera piazza. Questo recupero intelligente di Piazza Fontana dovrà fare in modo da indurne un altro, più difficile e più profondo, sicuramente più ambizioso in quanto chiamato a far presa su luoghi comuni: favorire la riappropriazione della Piazza Fontana di Nicola Carrino in termini di maggiore consapevolezza perché, un po’ come è accaduto al sottoscritto, al di là delle reazioni d’impulso, l’intera comunità cittadina impari ad apprezzare la densità artistica e urbanistica del progetto dello scultore tarantino e a riconoscervi il valore di un’opera originalissima che rende ancora più interessante e più bella la nostra città.
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