Legambiente ha trasmesso ai componenti della Commissione Industria ed Agricoltura del Senato le proprie proposte di emendamenti al Decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2 - Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale, relativo come si sa ad Acciaierie d’Italia, insieme ad un articolato documento contenente le considerazioni dell’associazione. La prima delle richieste è la soppressione degli articoli con cui si introducono norme che limitano la valutazione del singolo caso da parte del magistrato, sia rispetto ai provvedimenti da adottare che alle modalità di esecuzione, si impongono la prosecuzione delle attività anche nelle more dell’attuazione di prescrizioni volte ad eliminare le situazioni di pericolo rilevate, si sottraggono talune decisioni al giudice naturale precostituito spostandole al Tribunale di Roma. Si ripropone poi l’esimente penale (il cosiddetto “scudo penale”), addirittura estendendolo addirittura a chiunque, già oggetto di sentenza da parte della Corte Costituzionale (la n° 58 del 2018) e di successive modifiche da parte del Parlamento che hanno evitato un nuovo pronunciamento della Consulta. “Siamo di fronte a disposizioni che, se confermate, costituirebbero una grave manomissione dell’autonomia della magistratura e che, a nostro avviso, andrebbero oltre ogni ragionevole bilanciamento tra l’interesse all’approvvigionamento di beni e servizi essenziali per il sistema economico nazionale, da un lato, e valori costituzionalmente garantiti come la salute, l’ambiente ed il lavoro, dall’altro. Non è in alcun modo accettabile oggi, dopo più di dieci anni dal sequestro degli impianti, e quando il termine inizialmente previsto per il loro adeguamento è ampiamente trascorso, voler imporre ai cittadini di Taranto ed ai lavoratori dello stabilimento una totale perdita di garanzie circa reati che potrebbero danneggiarli, anche gravemente”, dice l’associazione. Ancora, Legambiente chiede poi di rendere obbligatoria la valutazione preventiva dell’impatto sanitario per tutti gli impianti industriali dichiarati di interesse strategico nazionale. “Siamo nella situazione paradossale per cui lo stabilimento di Acciaierie d’Italia oggi - e già quello Ilva prima- è da una parte definito ‘impianto di interesse strategico nazionale’ e dall’altra escluso dall’elenco degli impianti per i quali la legge vigente prevede la Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) nell’ambito della Valutazione di Impatto Ambientale. La valutazione dell’impatto sanitario è già espressamente disciplinata nell’ordinamento legislativo italiano per le centrali termiche, i grandi impianti di combustione, gli impianti di raffinazione, gassificazione, liquefazione e, in base alla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 983 dell’11 febbraio 2019, è comunque, necessaria quando le concrete evidenze istruttorie ( nel procedimento di valutazione di impatto ambientale e nella procedura per il rilascio dell’A.I.A.) dimostrino la sussistenza di un serio pericolo per la salute pubblica. Per questo che essa vada prevista per tutti gli impianti industriali di interesse strategico nazionale”. Legambiente chiede infine che per lo stabilimento siderurgico di Taranto si disponga l’effettuazione da parte del Ministero della Salute di una valutazione di impatto sanitario (VIS), in conformità alle linee guida VIS predisposte dall’ISS, Istituto Superiore di Sanità, entro il termine di 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della presente legge.” L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato la validità dei rapporti prodotti fin dal 2013 da Arpa e Aress Puglia e Asl Taranto circa la Valutazione del Dan no Sanitario provocato dalle emissioni degli impianti ex Ilva. L’ultima V.D.S., prodotta a maggio del 2021, nell’ambito del procedimento di riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata allo stabilimento siderurgico jonico, attesta la permanenza di un rischio sanitario residuo non accettabile relativo ad uno scenario di produzione ottenuta con gli attuali impianti di 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio, cioè la produzione attualmente autorizzata. Legambiente ritiene che sia improcrastinabile fare tutto ciò che è necessario per evitare che produrre acciaio possa tradursi in nuove morti premature evitabili, da aggiungere alle tante in eccesso già rilevate fino ad oggi. Per questo riteniamo necessario e urgente che si stabilisca con chiarezza se e quanto è possibile produrre con l’attuale assetto produttivo, e con quello futuro, senza rischi inaccettabili per la salute e, a tal fine, richiediamo che, in sede di conversione del decreto, si inserisca l’obbligo di effettuare immediatamente, e con effetto vincolante sulla capacità produttiva massima dello stabilimento siderurgico, una valutazione preventiva di impatto sanitario secondo le linee-guida VIS definite dall’ISS e adottate dal Ministero della Salute. Ai senatori della Nona Commissione l’associazione ambientalista scrive che “abbiamo perso il conto del numero dei decreti che si sono succeduti da quando, il 26 luglio 2012, la magistratura jonica sequestrò gli impianti dell’area a caldo del siderurgico tarantino. Allora tutto il Paese scoprì finalmente le condizioni disastrose, a scapito della salute dei cittadini oltre che dei lavoratori e dell’ambiente, in cui per decenni era stata garantita la “strategica” produzione dell’acciaio a ciclo integrale, il più inquinante. Salvaguardare il lavoro e l’ambiente è stato il motivo conduttore con cui sono stati giustificati tali decreti. Alla luce dei fatti, dopo circa 11 anni, non si è riusciti a salvaguardare né il lavoro (le continue manifestazioni dei lavoratori lo dimostrano) né la salute e né l’ambiente (lo dimostrano vari e autorevoli studi epidemiologici oltre che gli episodi di picchi di benzene cancerogeno o la particolare patogenicità delle polveri originate dallo stabilimento siderurgico). In questi anni abbiamo sentito tante dichiarazioni su come in un futuro, spostato sempre più avanti, potrà diventare sostenibile uno stabilimento considerato strategico. Ma non è mai stato presentato un piano industriale che desse garanzie sul fronte ambientale, sanitario e lavorativo. A maggio del 2019 il Ministero dell’Ambiente, su richiesta del sindaco di Taranto, dispose il Riesame dell’A.I.A., la Autorizzazione Integrata Ambientale: a distanza di quasi 4 anni ancora il procedimento non risulta concluso: aspettiamo che qualche voce autorevole ne chieda conto al Ministero dell’Ambiente”. Riguardo all’ultimo provvedimento, “non solo segue le orme di alcuni decreti passati, ma compie un ulteriore salto di qualità nello sbilanciamento verso la produzione dell’acciaio, senza curarsi di introdurre norme a tutela della salute. L’unico obiettivo del decreto, infatti, sembra essere il conseguimento di un aumento della produzione, mentre non c’è traccia dell’introduzione di norme poste a tutela del diritto alla salute, a partire dalla introduzione di una valutazione preventiva dell’impatto sanitario degli impianti in esercizio, richiesta da Legambiente sin dal 2013, che stabilisca in maniera scientifica quanto acciaio si possa produrre a Taranto senza rischi inaccettabili per la salute di lavoratori e cittadini”.
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