Continua la nostra rassegna sui “Dialoghi su Taranto”, una serie di proposte per il cambiamento della città. Gli autori sono i membri del comitato scientifico-culturale del Piano strategico “Taranto futuro prossimo”. Del comitato fanno parte: Caterina Bagnardi, Loreto Gesualdo, Maria Luppino, Salvatore Marzo, Giuseppe Mastronuzzi, Angelo Mellone, Armando Spataro, Angelo Tursi. Oggi ospitiamo il contributo del professor Giuseppe Mastronuzzi. Il territorio compreso nella struttura a rete gerarchizzata del territorio esteso del sistema urbano di Taranto si estende ai piedi della Murgia Martinese e con caratteri geomorfologici differenti digrada sino al Golfo di Taranto a definire la grande unità fisiografica di primo dettaglio nota come l’anfiteatro Tarantino (Belluomini et al., 2002; Mastronuzzi et al., 2015). Questa, per interazione fisica e morfodinamica nelle sue estensioni funzionali immediatamente più prossime, è parte integrante del territorio tarantino che ha un baricentro forte-mente spostato verso il mare come condizionato dalla collocazione della città di Taranto. Taranto nella sua origine trova il mare come elemento di insediamento e sussistenza, di difesa e di comunicazione, di traffico e di comunicazione. Ma una lettura dell’area di Taranto solo riguardo alla sua origine insediativa, seppur storicamente vera e documentata, oltre che essere limitata nel tempo è anche limitatamente romantica (p.es.: Mastronuzzi e Marzo, 1999; Mastronuzzi et al., 2013, 2015). Se infatti l’insediamento permanente nell’attuale territorio dell’anfiteatro tarantino può essere datato almeno all’Età del Bronzo, se l’affermazione e la crescita del centro urbano è conseguenza dell’arrivo, via mare, di popolazioni dalla Grecia e nel tempo degli scambi e delle contaminazioni con popolazioni bizantine, arabe e normanne, un po’ come buona parte del meridione d’Italia, una lettura del territorio tarantino e dei suoi ambiti territoria-li non può prescindere dalle caratteristiche fisiografiche del territorio (Mastronuzzi e Marzo 1999; Mastronuzzi et al., 2013; 2015). E queste derivano dalla storia geologica dell’area Tarantina che è marcata da una continua interazione del continente con il mare. Essa nel tempo ha guidato il modellamento del paesaggio fisico - a disegnare ripiani corrispondenti a terrazzi marini, profonde incisioni, prima valli fluviali e poi profonde insenature, gravine e grotte oggi in parte sommerse ad alimentare sorgenti costiere e sottomarine, come conseguenza delle continue variazioni climatiche astronomiche e per le caratteristiche geodinamiche di quest’area del Mediterraneo- marcatamente marino costiero a mo’ di imprinting comportamentale, ancora oggi condizionato dalle dinamiche marine (p.es.: Mastronuzzi e Sansò, 1998; Belluomini et al., 2002; Amorosi et al., 2014; Valenzano et al., 2018). La rete urbana estesa di Taranto ha una connotazione disegnata e condizionata dai suoi mari che condizionano un percorso di crescita sociale ed economica perché custodi e fonti di risorse essenziali, distribuite su unità territoriali fortemente connotate dal punto di vista geomorfologico, e dalla disponibilità di acquee, conseguentemente predisposte a determinate attività antropiche basilari, dall’agricoltura alla pesca. Le unità fisiografiche sono citate nel PST tanto che i territori omogenei che compongono la corona insediativa territoriale sono riconducibili ad ambiti con una marcata e robusta connotazione morfografica tanto da poter essere considerate unità che si sottolinea essere “funzionali” geneticamente e dinamicamente fra loro: • Territorio 1 - Ambito omogeneo della Piana costiera Set-tentrionale, che compone la piana costiera occidentale; • Territorio 2 - Ambito omogeneo del Litorale Meridionale, riferito alla stretta fascia territoriale della costa orientale; • Territorio 3 - Ambito omogeneo della Serre tarantine; • Territorio 5 - Ambito omogeneo delle Gravine tarantine; • Territorio 6 - Ambito omogeneo del Primo Gradino tarantino. Questa “compartimentazione aperta” nel contributo qui proposto sono considerate ai fini della (1) illustrazione delle caratteristiche del modello geologico a terra e a mare; (2) descrizione delle dinamiche geomorfologiche della fascia costiera e dei fondali marini; (3) indicazione delle pratiche antropiche impattanti sulle dinamiche geomorfologiche a terra e a mare; (4) esposizione delle dinamiche geoambientali; (5) individuazione delle emergenze sul territorio che possono permetterne la conoscenza consapevole e contribuire alla costruzione di un modello di crescita sostenibile e condiviso. I temi trattati sono oggi parte di progetti di ricerca che sono in diversi stadi di realizzazione sul territorio da parte di DI-STEGEO quali l’IGCP Project n.639 – International Geological Correlation Programme “Sea-level change from minutes to millennia” che, recentemente, ha visto la realizzazione di un evento scientifico proprio a Taranto assunta come area rappresentativa a scala globale di complesse unità geodinamiche diffuse sul Pianeta Terra. Le conoscenze acquisite da progetti scientifici e da collaborazioni con il Commissario alle Bonifi-che, sono state alla base del rapporto istauratosi fra il Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali e ASSET reso operativo in diverse collaborazioni fra le quali spicca la realizzazione della nuova cartografia geologica (CARG) del Foglio Taranto in stretta collaborazione con ISPRA. L’area del foglio in realizzazione corrisponde grosso modo ai Territori sopra elencati, se non altro per concatenazione degli eventi che ne hanno marcato nel tempo l’ evoluzione e la dinamica geo-morfologica. I temi toccati sono stati quelli (1) delle risorse naturali marine e costiere, (2) dell’impatto ambientale delle attività industriali, portuali, commerciali, turistiche e residen-ziali, (3) dell’uso della fascia costiera in relazione a scenari di prossimi cambiamenti climatici, (4) della capacità di carico di tali sistemi. Sulla base della bibliografia esistente, di seguito riportata nei suoi testi essenziali, sono stati approfonditi i contributi derivanti dalle numerose emergenze geoambientali di natura geologica senso lato presenti, tanto in ambiente mari-no tanto in ambiente terrestre con un approccio olistico di coinvolgimento di altre branche del sapere scientifico. Esse emergenze sono da intendersi quali i caratteri tipici di un sito - puntuale, lineare o areale - che emergono dal territorio per positività scientifica-culturale e che hanno potenziale elevato valore per la crescita sociale ed economica o per negatività che espongono a pericolosità e, quindi, a rischio i caratteri di salubrità ambientale e la crescita economica del territorio. Le emergenze geologiche, a varia scala, sono corrispondenti o contengono a loro volta geositi. Con questo termine si intende una ”località, area o territorio in cui è possibile individuare un interesse geologico o geomorfologico per la conservazione (Wimbledon, 1996)” ai fini didattici, educativi e di valorizzazione (Mastronuzzi et al., 2015). Per le aree del PST valgono quei geositi così come definiti dal primo catasto della Puglia “Ricognizio-ne e verifica dei geositi e delle emergenze geologiche della Regione Puglia” ( 2 luglio 2013. L.R. 33/2009 - Azione 4.4.1 -Linea 4.4 - ASSE IV P.O FESR 2007-2013) (Mastronuzzi et al., 2015). In una sintesi che non può essere definitiva ma solo aggiornata allo stato delle conoscenze attuali, si ritiene di considerare quali positività le seguenti aree emergenti dal punto di vista geologico ambientale in buona parte corrispondenti alle aree dei “territori“ come definiti dal PST • l’anfiteatro dei terrazzi marini nel suo complesso; • il sistema delle dune costiere e delle spiagge del litorale alto Ionico; il sistema delle gravine; il sistema del Mar Piccolo e del Mar Grande e delle Isole Chéradi; il sistema dei citri e delle risorgenze costiere; il sistema fluviale del Canale d’Aiedda – Leverano d’Aqui-no e della palude La Vela; il sistema delle coste rocciose e delle pocket beach del litorale alto-salentino. In queste aree, alcune di per loro già definite “geosito”, sono poi individuati geositi puntuali che rivestono interesse sia in quanto parte di una rete di geositi ma anche in assoluto tanto che uno di essi, il “ CGP0432 – La successione stratigrafica de Il Fronte”, è classificato quale Geosito Speciale - Monumento Naturale in quanto testimone a scala planetaria dell’ultima variazione climatica globale in senso caldo precedente all’at-tuale avvenuta circa 125mila anni fa. Di contro è altresì evidente che alcune peculiarità antropiche del territorio urbano esteso di Taranto, le stesse che assicurano l’equilibrio economico e rappresentano risorsa tec-nologica, sono limitanti le risorse culturali e geoambientali. In un delicato instabile equilibrio di rapporti, quelle stesse fondamentali attività sono innescanti le dinamiche proprie delle forme di inquinamento (definito quale immissione in ambiente “bianco” di elementi, sostanze, energie, ostacoli e specie alloctone sino ad alterarne la peculiarità originale) e, di conseguenza, costituiscono le negatività rispetto all’am-biente. Queste sono tipiche di un territorio urbanizzato ad elevata densità di popolazione: aree residenziali, produttive, commerciali portuali e militari, estese in mare a terra e lungo la costa cui corrisponde un elevato consumo di suolo, di aree costiere e di aree marittime e marino-costiere sottratte alle dinamiche morfodinamiche ed ecologiche naturali. Quel-le stesse, nel contempo rappresentano risorse economiche e sociali di cui non si può prescindere. Per loro caratteristiche tutte, incluse quelle residenziali, devono essere messe nel-le condizioni di essere perno economico di un futuro di blue economy, intesa nella sua essenza originale ad emissione zero e a riciclo elevato, che rappresenta l’unica forma di sviluppo sostenibile. Nella pianificazione delle scelte future non possono essere trascurati i modelli di dinamica geomorfologica legati ai cambiamenti climatici in forte accelerazione a causa dell’effetto serra generato dalle attività antropiche, nonché quelli di distribuzione degli inquinanti e di estensione dell’inquinamento (derivanti dalle attività industriali, portuali, commerciali, agricole e zootecniche, della pesca, militari e residenziali) e dei loro effetti sulle componenti bersaglio essenziali alla vita quali le acque potabili, la base della catena trofica e le risorse ittiche demersali (p.es.: Tursi et al., 2020; Cotecchia et al., 2021; Rizzo et al., 2021; 2022a, b). Obiettivo strategico è far comprendere che ogni attività da realizzarsi nei prossimi anni deve essere inquadrata in uno scenario fortemente condizionato dalle variazioni climatiche antropogenetiche in atto che comporteranno il diverso impatto dei processi atmosferici e forti variazioni del livello del mare. Queste ultime avranno effetto su tutte le attività concentrate sulla fascia costiera, sulle dinamiche naturali in relazione a quelle antropiche e, non in ultimo, sui beni culturali concentrati lungo la fascia costiera, inesorabilmente condizionandone l’integrità. La previsione dell’innalzamento di un metro del livello del mare per il 2100 e - probabilmente di 6 m per il 2300 - disegnano scenari di dinamica costiera in cui estese aree di “terre basse” saranno sommerse, tutti i sistemi mobili costieri condizionati dall’insediamento antropico andranno in erosione, opere di difesa costiera saranno inutilizzabili e aree portuali saranno da ripensare a causa della riduzione del loro bordo libero. (IPCC, 2019; 2022; Aucelli et al., 2022). A somiglianza di altre realtà in Italia oramai radicate con il territorio o che sono in varie fasi di realizzazione, diviene im-prescindibile per l’area di Taranto la realizzazione di un centro di ricerca che sia al servizio del territorio e del Paese senza per questo trascurare la ricerca di base. Un centro che raccolga ricercatori di aree scientifico-culturali differenti rappresenta il luogo in cui si ricevono sollecitazioni e si accettano sfide per cercare e trovare soluzioni a quesiti derivanti da problemi di pianificazione e gestione del territorio rispetto alle sue caratteristiche specifiche fisiche, geologiche, naturalistiche, sociali ed economiche. Un centro quindi che sia di riferimento per stakeholder e per decision maker che vedano in esso uno strumento di ricerca integrata. Esso deve produrre risposte alle necessità del quotidiano, ma anche deve essere capace di affrontare in maniera olistica le sfide che il territorio deve affrontare quale parte del Paese e dell’Europa, in una visione strategica proiettata verso un futuro sostenibile. In questo l’Università degli Studi di Bari ha gettato le basi con una collaborazione con il CNR e il Politecnico portando a termine il progetto del Polo Scientifico e Tecnologico Magna Grecia. Esso, dopo aver avuto un quinquennio di intensa attività che ne ha collaudato l’efficienza ma al con-tempo ha usurato le strumentazioni digitali - fra le più avanzate in Italia -, per loro ingegneria destinate a rapida senescenza, sembra essere stato scordato dalla amministrazione del territorio. Esso continua a realizzare ricerche ad elevato profilo nell’ambito di progetti nazionali ed europei e a formare una figura essenziale per il territorio in genere e per quel lo di Taranto in particolare: il laureato in Scienze Ambientali. Tale corso di UNIBA opera presso quel Polo attirando studenti dall’intera penisola italiana - con le possibili specializzazioni in Bonifica e Conservazione e favorisce l’attivazione di dottorati, anche industriali, nel campo della geologia ambientale, della biologia marina e della chimica ambientale. Una sfida: la rete educativa culturale e geoambientale Un territorio ricco di aree ancora con elevato grado di valore naturalistico, disseminato di emergenze geologiche ad alto valore didatticoeducativo, una forte e concreta antropizza-zione caratterizzata dalla presenza di strutture e produttive e strategiche di alto valore per il Paese, una enorme e dif-ficilmente valutabile concentrazione di valori archeologici e storico-culturali ha tutte le caratteristiche per essere conside-rato un laboratorio a cielo aperto. In questo laboratorio sono da analizzare le esperienze passate e da costruire gli scenari di sviluppo sostenibile per il futuro in una declinazione det-tagliata delle relazioni che esistono e di quelle che sono da scoprire fra ambiente, mare e cultura. A parere dello scrivente in un sistema Paese non è da trascurare il ruolo che l’area urbana estesa di Taranto può avere gra-zie alla maturazione delle capacità tecnologiche dei sistemi produttivi affermati sul territorio. Questi, come conseguenza degli anni di esperienza, rappresentano un inestimabile bagaglio di concreti valori tecnici e culturali su cui costruire gli scenari futuri. Essi riguardano l’industria pesante, ma anche quella ad alta tecnologia, aero-spaziale ed energetica, la zootecnia e la produzione agricola, l’attività di itticoltura e di maricoltura, le attività portuali. Nell’ottica della blue economy e consapevoli delle ricchezze immateriali e tecnologiche che insistono sul territorio sono da svilupparsi tutti i processi che portino a (1) minimizzare l’impatto ambientale delle attività industriali, commerciali e residenziali, (2) bonificare le aree industriali dismesse, (3) affermare delle attività di riciclo, (4) efficentare i processi pro-duttivi e le richieste residenziali con energie e materiali rinno-vabili, (5) rendere strategiche le attività portuali commerciali e diportistiche, (6) promuovere la cultura dell’in-novazione e della contaminazione, (7) affermare l’integrazione sociale e la parità di genere, (8) realizzare di una rete di emergenze naturali e culturali del territorio in una serie di percorsi ad alta attrattività turistica, didattica ed educativa che comprenda tutti i beni culturali come definiti dal Codice dei beni culturali e ss.mm. (2004) che generino educazione: dalle aree industriali a quelle militari dismesse, ai mezzi navali storici, ai beni archeologici e architettonici, a quelli paesaggi-stici biotici ed abiotici. Le emergenze naturali e culturali devono essere messe a sistema con quelle produttive industriali. E’ compito dell’am-ministrazione saper costruire, di concerto con le strutture di ricerca preposte (Università, Politecnico, CNR, Fondazioni) ed opportunamente rafforzate in un sistema regionale, un centro di ricerca, multidisciplinare ed interdisciplinare, centrato sul territorio e sulle richieste degli stakeholder che sappia guidare il passaggio già in atto dalla monocultura industriale alla differenziazione delle attività economiche nel rispetto dei principi della blue economy e delle imprescindibili relazioni lavoro-ambiente-salute. Giuseppe Mastronuzzi Professore ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia Università degli Studi di Bari
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