Sono stati presentati martedì 11 ottobre, nell’ambito del Greenbluedays forum, i “Dialoghi su Taranto”, una serie di proposte per il cambiamento. Gli autori sono i membri del comitato scientifico-culturale del Piano strategico “Taranto futuro prossimo”. Del comitato fanno parte: Caterina Bagnardi, Loreto Gesualdo, Maria Luppino, Salvatore Marzo, Giuseppe Mastronuzzi, Angelo Mellone, Armando Spataro, Angelo Tursi. Oggi ospitiamo il contributo di Armando Spataro.*** Sono nato a Taranto il 16 dicembre 1948 e, dopo i primi anni a Matera dove mio padre lavorava come giudice, vi ho vissuto fino al 30 agosto 1976, allorché la lasciai per andare a vivere a Milano, lavorando come sostituto Procuratore della Repub-blica presso il locale Tribunale. Prima di entrare nel vivo del mio contributo ci tengo a precisare che vivendo da molto tempo fuori dalla mia città di origine, pur essendomi recato negli ultimi decenni a Taranto diverse volte per i legami con la mia famiglia d’origine e per dibattiti in Licei ed Università, non posso affermare di avere conosciuto a fondo l’evoluzione anche economica della città: conosco da lontano l’esplodere della questione ambientale collegata alla produzione industriale dell’acciaio, il “colore” politico delle amministrazioni locali succedutesi nel tempo ed i suoi progressi culturali. Insomma, è come se fossi rimasto lontano dallo spirito di Taranto, pur se era ed è la mia patria e pur se l’ho trovata sempre più bella ogni volta che vi tornavo. Attraverso alcuni amici tentavo comunque di mantenere sano il filo che mi legava alla “Città dei due mari”. Di seguito, pertanto, si potranno leggere sintetiche riflessioni e proposte, magari scontate, ma tutte legate a specifici periodi della mia vita tarantina. Fino al diploma di maturità, ho compiuto e completato i miei studi a Taranto, frequentando in successione la scuola elementare Pitagora, la scuola media Vittorio Alfieri ed il liceo classico Archita. Si tratta di istituti di grande prestigio, ma non vi è dubbio che l’Archita costituisce un vero e proprio pezzo di storia della città che andrebbe maggiormente valorizzato (come è in programma di fare nei progetti di riqualificazione e rigenerazione) attraverso una esposizione museale, che potrebbe includere anche riferimenti ad altri luoghi o fatti storici di cui appresso parlerò. Studio, sport e musica sono stati i miei unici impegni, le mie passioni finché sono rimasto a Taranto. Nessun coinvolgimento in attività studentesche o politiche, neppure nell’ambiente studentesco di Bari, presso la cui Università mi sono laureato. Non a caso dico spesso che “il ’68” l’ho praticamente conosciuto solo nel 1978, a Milano. Ma dallo sport ero presissimo, soprattutto da nuoto e pallanuoto. E’ inutile che qui parli di nuoto e pallanuoto in piscina, salvo dire che il primo è lo sport che può accompagnare le persone fino alla vecchiaia e che il secondo è il principale sport di squadra che esista al mondo: rari sono i solisti mentre tutti i sei giocatori (portiere escluso) devono nuotare in avanti quando si attacca e ritornare indietro quando si difende, ma sempre tutti insieme! Parliamo allora di una specialità poco popolare, ma che potrebbe costituire lo spunto per un periodico evento di rilevanza mondiale: il nuoto di fondo. Mi aiutano i ricordi: fu indimenticabile una gara di livello mondiale di nuoto pinnato che la Rari Nantes Taranto (la squadra di nuoto e pallanuoto di cui facevo parte) organizzò, mi pare nel 1974, con partenza ed arrivo nei pressi della discesa-Vasto, all’incrocio tra il Canale ed il Mar Piccolo: vi partecipai e fu bellissimo circumnuotare attorno a “Taranto Vecchia”, passando sotto il Ponte di Pietra, lambendo le piantagioni di cozze dal lato Mar Grande, guardando la costa a sinistra, scorgendo le due isole a destra e nuotando poi – prima dell’arrivo sotto il Ponte Girevole, un ponte che mio padre amava per le tante volte in cui, passando nel canale sull’incrociatore su cui era stato imbarcato da ufficiale durante la II^ guerra mondiale, ne rimaneva affascinato. Allora, mi chiedo, perché non dar vita ad un simile evento, da ripetersi annualmente, anche in occasione dei Giochi del Mediterraneo, con adeguata attenzione alla sicurezza dei nuotatori e delimitazione del percorso con creazione di una maxi-corsia? Potrebbe essere chiamata “la gara dei due ponti” e la sua promozione affidata anche a Benedetta Pilato, nuotatrice tarantina giovanissima, medaglia d’oro nei 100 m. rana nei Mondiali di nuoto a Budapest del giugno 2022. L’evento potrebbe essere anche, dal calcio alla pallacanestro, dal nuoto alla pallavolo etc l’occasione per ricostruire nel museo predetto l’intera storia dello sport e delle sue tradizioni a Taranto. Partecipai alla gara di nuoto pinnato prima citata mentre ero ufficiale di complemento della Capitaneria di Porto di Taranto: un servizio militare di quasi diciotto mesi (incluso quello preliminare presso l’Accademia di Livorno) che furono un’esperienza per me molto interessante e tale da consentirmi di approfondire la conoscenza della storia della Marina Militare e del suo impatto a Taranto, in breve diventata una delle principali basi militari d’Italia. La sede della Capitaneria di Porto, ora Guardia Costiera, ubicata nel borgo di Taranto Vecchia, vicinissima al Mar Grande, da un lato, ed alla Cattedrale di San Cataldo, dall’altro. Dal lungomare, attraverso una scala riservata, era possibile scendere fino al pontile della Capitaneria ed imbarcarsi sulle motovedette per le attività di servizio. Sulle motovedette, dunque, ci si muoveva per lavoro nel Mar Grande, si lambivano le isole di San Pietro e San Paolo, si vedevano da lontano l’Arsenale Nuovo ed altre aree militari della Marina, si passava per il Canale per entrare in Mar Piccolo, navigando sotto il Ponte Girevole ed accanto al Castel Sant’Angelo (o Castello Aragonese): insomma, tante indimenticabili visioni che mi ritornano in mente quando – in tempi recenti – mi è capitato di guardare dall’alto il Canale tra i due mari. Penso allora alla valorizzazione di tutti i luoghi citati che sono già il principale oggetto di interesse da parte dei visitatori, e che, specie in occasione dei Giochi del Mediterraneo del 2026, potrebbero avere un grande successo e consentire a tutti di conoscere una storia di cui anche Taranto come città deve essere orgogliosa, ma che spesso è trascurata. Non basta la visita di ciò che è esposto nel Castello Aragonese: la storia della Marina Militare e dei siti citati andrebbe illustrata in cicli di incontri organizzati da tenere anche nelle scuole superiori della città. Apprendo con vivo entusiasmo che la Marina Militare, sta puntando all’apertura dei suoi luoghi alla città ed ai visitatori, attraverso i progetti di riqualificazione come quello della Ex Banchina Torpediniere, dove insieme al Centro Nautico della città, sorgerà il Museo multimediale dedicato al Mediterraneo. Il progetto rientra nella nuova Visione del Porto di Taranto uno dei porti più importanti d’Europa su cui occorre puntare per lo sviluppo economico del territorio. I contenuti del Piano Strategico per Taranto Futuro Prossimo appaiono ampiamente condivisibili, inclusi quelli riguardanti la valorizzazione di Taranto Vecchia, come ancora continuo a denominarla, e che purtroppo non ho mai ben conosciuto durante la mia giovinezza: la guardavo sempre dall’altro lato del ponte girevole! Un Gioiello nascosto della nostra città, augurandomi di vedere messi in pratica tutti gli interventi del Contratto di sviluppo nazionale su Taranto sulla valorizzazio-ne dei palazzi numerosi nobiliari e storici, oltre che di ipogei e percorsi sotterranei, ristrutturazioni varie di vie principali e di vicoli (che in parte sono già in corso), al fine di favorire la ripopolazione del Borgo. Nella storia della cultura, conta anche la “cultura leggera”. Tra gli ultimi mesi del 1975 ed i primi del 1976, avevo curato, appunto con aspirazioni culturali e non certo da disk jockey, una rubrica sulla musica westcoastiana a Radio Taranto, una delle prime radio private italiane, credo la prima nella città. La sigla della mia rubrica era Harvest Moon di Neil Young. Infatti, amavo anche la musica pop e rock, ma soprattutto la cd. West Coast Music di Crosby, Stills, Nash & Young, dei Jefferson Airplane, dei Grateful Dead ed altri ancora. In ritardo mi stavo anche avvicinando a Bob Dylan, poi passione della maturità. Radio Taranto nasce nel 1975 per iniziativa di Loris Pepe (pre-maturamente scomparso), Gianni Madaro e dei fratelli Lau-ria. Ricordo che una rubrica musicale della Radio, all’inizio degli anni ’80, vinse anche il Premio nazionale “TV Sorrisi e Canzoni”. Come si legge nel web, fin dal principio, la radio ha proposto non soltanto musica, ma anche programmi che rilanciano le tradizioni tarantine e la sua poesia dialettale. Loris Pepe, tra l’altro, suonava la chitarra basso ed il sax nel leggendario gruppo tarantino dei Pettirossi. Le radio private tarantine si sono ora moltiplicate: difficile sapersi orientare persino tra le tante manifestazioni culturali che promuovono. Penso che sarebbe bello organizzare uno o più eventi sulla storia delle radio private e della musica rock a Taranto. Sul tema legalità e giustizia penso di poter meglio trattare visto che, per oltre quarant’anni, ho svolto funzioni di pubblico ministero a Milano e a Torino, occupandomi di ogni tipo di reato, soprattutto di criminalità organizzata. Penso che in qualsiasi parte d’Italia, ma soprattutto in Italia meridionale, sia necessario diffondere la conoscenza dei gravi fenomeni criminali che affliggono il nostro Paese, tra cui, ad esempio: la criminalità mafiosa e – definizione più generica ed omnicomprensiva – la criminalità organizzata; i cd. reati di natura ambientale ed il loro rapporto con il mondo dell’economia; i reati connessi al fenomeno della tratta degli esseri umani e dell’immigrazione illegale. La conoscenza di tali fenomeni, naturalmente, non deve prescindere da quella delle modalità e delle regole della risposta istituzionale che non può mai prescindere dal rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Contrariamente a quanto spesso si dice, i grandi fenomeni criminali sono presenti ovunque, specialmente nei territori in cui lo sviluppo industriale ed economico favorisce la ricerca di profitti illegali, anche con mezzi violenti. Occorre dunque organizzare, unitamente ai vertici delle istituzioni pubbliche, scolastiche ed universitarie, incontri periodici e discussioni sui temi predetti, coinvolgendo la cittadinanza. Necessariamente l’Autorità Giudiziaria locale dovrà esserne partecipe, peraltro avendo già dato ampia prova a Taranto di saper contrastare ogni forma di grave reato, smantellando la convinzione, propria anche di taluni sedicenti intellettuali o giuristi, secondo cui la mafia non esisterebbe in buona parte della Puglia o le esigenze dell’economia e delle imprese dovrebbero imporre passi felpati nel contrasto dell’inquinamento ambientale, come se la salute non fosse al primo posto, nella Costituzione, tra i diritti dei cittadini da tutelare. Mi permetto una citazione personale: quando da studente mi recavo all’Università di Bari, la motocicletta su cui spesso viaggiavo sollevava abbondanti polveri rosse sulla statale che fiancheggiava l’Italsider, come allora si chiamava il noto impianto industriale metallurgico. La verità è che si doveva intervenire con fermezza sin d’allora, come si sta facendo adesso. Quanto al fenomeno dell’immigrazione si deve contrastare ogni tendenza, carica di populismo e xenofobia, alla “chiusura dei porti” ed alla negazione dei diritti fondamentali degli immigrati che lasciano le loro patrie solo per la speranza di una vita dignitosa. Quello di Taranto è stato recentemente indicato come porto sicuro per una nave che ha salvato centinaia di migranti in pericolo di morte. Salvataggi ed accoglienza ispirati alla solidarietà che – come diceva Rodotà – non è un senti-mento ma un diritto! Ed io aggiungo che è anche “un dovere”, imposto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, da convenzioni e risoluzioni sovranazionali e dalla nostra Costituzione. Ovviamente vanno puniti i trafficanti e chi si trasferisce in Europa per delinquere, ma non è questo il punto in discussione. Lo è il continuo riferimento alla nostra “sicurezza” che sarebbe in pericolo – si racconta – ipotizzando la presenza di terroristi a bordo dei barconi che approdano nelle nostre coste o a bordo delle navi delle O.N.G. (dei cui responsabili si chiede assurdamente l’incriminazione per concorso in immigrazione illegale) che li hanno tratti in salvo: ipotesi del tutto prive di fondamento! Di tutto questo e di altro ancora i cittadini devono ovunque essere informati, anche a Taranto, vista la sua collocazione geografica e gli eventi in programma, con discussioni chiare e prive di equivoci. Ciò consentirà loro di comprendere quanto l’impegno di ciascuno e di tutti insieme serve a rendere viva la democrazia ed apprezzata la cultura e la storia di una città. Alla luce di quanto esposto, sarebbe scelta di alta dignità dedicare un’altra parte del Museo ipotizzato in precedenza ai migranti ed alla loro sofferenza: penso a qualcosa che ricordi Ellis Island, sul mare di New York, ed al suo Immigration Museum, capace di suscitare sentimenti di compassione e solidarietà; testimonianza invincibile della disperazione che ha spinto milioni di persone a partire da ogni parte del mondo per un briciolo di speranza. È una storia che riguarda anche gli emigrati italiani all’estero: in un secolo, tra il 1873 e il 1973, sono stati circa 26 milioni. Basterebbe, per ricordarli tutti, che a Taranto fosse marmorizzata la poesia di Bertolt Brecht “Il giudice democratico” che racconta di un oste italiano che si presenta a Los Angeles davanti al giudice che esamina coloro che vogliono diventare cittadini degli Stati Uniti. L’oste si era preparato per mesi ma era a disagio per la scarsa conoscenza della nuova lingua, requisito essenziale per ottenere la cittadinanza; per tre volte fu respinto perché ad ogni domanda aveva risposto sempre: “1492”, l’unica cosa che sapeva dire in inglese. Orbene, il giudice, che aveva ormai simpatia per l’uomo, capì che non poteva imparare la nuova lingua, venne a sapere che l’oste viveva con un duro lavoro, aiutando altri immigrati. E allora, alla quarta seduta che convocò, il giudice gli pose la domanda: «Quando fu scoperta l’America?». Lui diede la risposta esatta: 1492. E ottenne la cittadinanza. La generosa figura del giudice democratico e quella dell’oste italiano immigrato forniscono occasione di riflessione: oggi, il primo sarebbe un sovversivo che per personali opzioni politiche ignora la richiesta di sicurezza e stravolge la legge, il secondo un nemico. Altrettanto importante, inoltre, potrebbe essere, viste la di-mensione e le principali modalità dei flussi migratori nel Mediterraneo, l’acquisto da parte della Regione di una nave – anche usata – da destinare al soccorso in mare e da affidare ad una delle autorevoli O.N.G. già attive. Addirittura i tarantini o i pugliesi potrebbe essere invitati a contribuirvi con singole donazioni. Sul punto sono in grado di fornire specifiche indicazioni, vi-sto il mio coinvolgimento nell’acquisto della nave “ResQ” (ht-tps:// Resq.it - Saving People). Una seria politica culturale, comunque, è quella che dobbia-mo insieme perseguire: essa serve ad innovare ed a prevenire rischi di qualsiasi natura. Serve per ritornare al racconto di Pasolini su Taranto, citato nel libro “Alla voce cultura” dall’ex Ministro dei Beni e delle Attività culturali, Massimo Bray: “Brilla sui due mari come un gigantesco diamante in frantumi Taranto, città perfetta. Viverci è come vivere all’interno di una conchiglia, di un’ostrica aperta”. Armando Spataro Già Magistrato e Procuratore della Repubblica
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