L’area a caldo resta sotto sequestro, mentre si firma la proroga - di due anni - del contratto che lega Invitalia e Arcelor Mittal, confermando la ‘coabitazione’ e rimandando quindi il passaggio allo Stato del controllo pieno di quella che oggi si chiama Acciaierie d’Italia. Giornata densa di avvenimenti, il 31 maggio, sul fronte del Siderurgico di Taranto. Quest’anno, come quello passato. RESTANO I SIGILLI Sul versante giudiziario, ieri 31 maggio la Corte d’assise ha respinto la richiesta presentata dai legali dell’Ilva in amministrazione straordinaria e confermato il sequestro dell’area a caldo. Lì ci sono gli impianti ritenuti fonte dell’inquinamento e degli “eventi di malattia e morte”, come si legge nella perizia che dieci anni fa al sequestro ha di fatto dato la stura. Prima dei giudici della corte, era stata già la Procura a metà maggio ad esprimere parere negativo alla richiesta di dissequestro. All’inizio di aprile i commissari di Ilva in As avevano chiesto, attraverso gli avvocati Loreto e Dinacci, di archiviare il sequestro del 2012, anche in ragione dell’adeguamento all’Autorizzazione integrata ambientale ormai completo al 90%. Ma prima la Procura poi la Corte hanno detto no. Dodici mesi fa, sempre il 31 maggio, gli stessi magistrati della Corte d’assise emettevano la storica condanna in primo grado nel processo Ambiente Svenduto. IL MANCATO “CLOSING” E IL NUOVO ACCORDO Il mantenimento dei sigilli è il motivo principale del mancato closing dell’accordo tra parte pubblica (lo Stato, tramite l’agenzia Invitalia) e parte privata (la multinazionale Arcelor Mittal) per il nuovo assetto di Acciaierie d’Italia. Da qui il “nuovo accordo” tra le due parti - in realtà la proroga dell’accordo esistente - con lo slittamento di due anni del passaggio sotto il controllo pubblico del 60% della società, rispetto all’attuale 38%. Slitta anche il conseguente versamento dei 680 milioni di euro da parte della stessa Invitalia. «Una proroga importante, perché abbiamo tempo di terminare il piano ambientale e di impostare i prossimi investimenti, quindi è molto utile» ha dichiarato Lucia Morselli, che sino al 2024 resterà amministratore delegato di Acciaierie d’Italia. E’ stata confermata, come il resto del cda, come il presidente Franco Bernabè. Per Morselli, «la priorità è essere un’azienda normale: avere un orizzonte abbastanza lungo sul quale lavorare e lavorare per quelli che sono i piani e gli investimenti concordati per gli azionisti. Due anni danno molta stabilità, si può lavorare moltissimo. Io ricordo cos’era l’azienda due anni fa, adesso è una cosa completamente diversa. Adesso è un’azienda autonoma, in utile, in due anni si possono fare grandissime cose». Ad essere confermato pure l’obiettivo di 5,7 milioni di tonnellate di acciaio prodotto nel 2022: «Ci sono dei finanziamenti - ancora parole di Morselli -, già deliberati, che l’aver firmato oggi questo accordo, semplificherà molto. Sono tutti finanziamenti con copertura Sace e di questo vorrei ringraziare il ministro dello Sviluppo economico e del Tesoro che sono stati grandissimi partner in questa operazione ». Sulle prospettive di riassorbimento dei lavoratori ex Ilva, Morselli ha evidenziato come «avranno anche loro una soluzione ma la dovremo gestire insieme ad altri attori, come ovviamente commissari, sindacati e governo». Da parte sua, Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo Economico, a margine dell’assemblea pubblica di Anfia, l’Associazione nazionale industria automobilistica, in corso a Firenze, ha detto che «abbiamo chiuso una proroga del contratto, che era l’unica possibilità per garantire la produzione di acciaio, date le circostanze, i vincoli ambientali e di carattere giudiziario. E’ un momento di mercato molto favorevole alla produzione di acciaio, il nostro auspicio è che si torni alla normalità, a una produzione ambientalmente sostenibile e al riassorbimento di tanti lavoratori che oggi sono in cassa integrazione». LE NOTE UFFICIALI «Invitalia S.p.A. e il Gruppo Arcelor Mittal, soci di Acciaierie d’Italia Holding S.p.A. (“Acciaierie d’Italia”), hanno firmato, questa mattina, una proroga di due anni (fino al 31 maggio 2024) dell’accordo di investimento e patto parasociale originariamente siglato il 10 dicembre 2020, comunicato in precedenza al mercato» è la nota diffusa da Invitalia, l’agenzia partecipata al 100% dal Mef, il Ministero per l’Economia e Finanza. «La mancato avveramento delle condizioni sospensive da cui dipende la realizzazione del secondo aumento di capitale previsto, nonché per consentire la continuazione dell’affitto dei complessi aziendali di Ilva S.p.A. in Amministrazione Straordinaria che, sempre oggi, ha firmato con Acciaierie d’Italia un accordo di proroga del contratto di affitto. L’assetto proprietario e di governance di Acciaierie d’Italia per i prossimi due anni resta dunque invariato. Viene altresì confermato un ambizioso piano di investimenti ambientali e industriali per circa 1,7 miliardi di euro fino al 2026, per la progressiva decarbonizzazione della produzione e l’assorbimento dei 10.700 lavoratori impegnati negli stabilimenti del gruppo». Sul sito del Mise, il Ministero per lo Sviluppo Economico, si può leggere che «il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha autorizzato i commissari straordinari del gruppo Ilva a sottoscrivere l’accordo di modifica del contratto quadro con le società del gruppo Acciaierie d’Italia (ADI). Lo schema di accordo, sul quale il comitato di sorveglianza ha espresso parere favorevole, prevede una proroga al 31 maggio 2024 dei termini, precedentemente fissati al 31 maggio 2022, per il verificarsi delle condizioni a cui è vincolato l’obbligo di acquisto dei complessi aziendali da parte di ADI. In relazione ai profili occupazionali, agli investimenti per l’ammodernamento degli impianti e agli interventi di riqualificazione ambientale vengono confermati, con rimodulazione delle tempistiche, gli impegni già previsti nel piano industriale». Anche l’azienda ha diffuso un comunicato ufficiale: «Acciaierie d’Italia Holding S.p.A. (AdIH) annuncia la firma di un accordo con Ilva S.p.A. in A.S. per la proroga di 2 anni (fino al 31 maggio 2024) dell’affitto dei complessi a ziendali di Ilva, al fine di consentire a Ilva di chiedere la revoca dei provvedimenti giudiziari che gravano sullo stabilimento di Taranto. In data odierna, gli azionisti di AdIH, il gruppo ArcelorMittal e Invitalia S.p.A., hanno firmato una proroga del loro accordo di investimento e parasociale, che conferma l’assetto proprietario e di governance di AdIH per i prossimi 2 anni». LA PREOCCUPAZIONE DEI SINDACATI A guardare con preoccupazione a quanto accade attorno alla fabbrica sono ancora i sindacati. Parla di «altro macigno che si abbatte su questa vertenza» il leader della Uilm, Rocco Palombella, in riferimento al fatto che «il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti ha dato l’ok senza batter ciglio all’accordo di modifica del contratto quadro con le società del Gruppo Acciaierie d’Italia. Si parla di riconferma di investimenti e interventi di riqualificazione ambientale relativamente a un piano industriale che non conosciamo e che aspettiamo di conoscere da due anni». «La cassa integrazione straordinaria – ancora Palombella – che noi non abbiamo firmato, ma che il ministero del Lavoro ha concesso doveva traguardare a un anno, ma qui si parla di una proroga di due anni. Cosa significa? Cosa comporterà per i lavoratori? La cosa certa è che ancora una volta si compiono scelte incoscienti che non tengono conto di quello che stanno vivendo proprio i lavoratori e i cittadini. Lo stabilimento di Taranto non può reggere al peso di queste incertezze per altri due lunghi anni. Il Governo dovrebbe solo chiedere scusa per il modo in cui sta gestendo l’ex Ilva, con il rischio di mandare all’aria qualsiasi progetto di risanamento ambientale e di salvaguardia produttiva e occupazionale.Adesso – conclude Palombella – pretendiamo di conoscere una volta per tutte le intenzioni reali di Giorgetti e del Governo e per quanto ci riguarda siamo pronti a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per ottenere le risposte che attendiamo ormai da troppi anni». «La decisione assunta da Acciaierie d’Italia, Governo e ArcelorMittal di rinviare di due anni l’ingresso definitivo dello Stato al 60% è una decisione che prende tempo e continua a lasciare sul campo incertezza sulla fase gestionale» sottolineano il segretario generale della Fim Roberto Benaglia e il responsabile Siderurgia Valerio D’Alò, per i quali «si rende ancora più urgente che il sindacato sia convocato e ascoltato dal Governo e dall’azienda per poter rappresentare chiaramente cosa può capitare già a partire dal mese prossimo. Abbiamo bisogno che questo periodo che abbiamo davanti, porti concretamente a più investimenti, più produzione e meno cassa integrazione. Avere oggi a che fare con una situazione di cassa integrazione straordinaria senza un accordo sindacale è una lacuna che va assolutamente colmata. Non basta che Acciaierie d’Italia sopravviva, nello scenario geopolitico attuale privarsi o limitare la produzione di un asset strategico per l’industria italiana come l’acciaio primario dell’ex Ilva è una follia». Il coinvolgimento del sindacato, concludono, «non è un punto secondario. Anche per questo motivo insieme a Fiom e Uilm saremo a Taranto il prossimo 15 giugno, dove insiste lo stabilimento maggiore, proprio per poter chiedere al Governo e all’azienda di porre fine a questa fase che sta nei fatti logorando piano piano l’unica realtà industriale di acciaio primario del nostro Paese». Il segretario generale della Fiom Cgil nazionale, Michele De Palma, evidenzia che «la decisione di spostare di due anni la conclusione del percorso di acquisizione degli impianti da parte dello Stato non ha alcuna giustificazione: il rinvio dell’ingresso in maggioranza di Invitalia e la firma di un contratto senza trasparenza sui contenuti». Per De Palma «la scelta di rinviare avrà ulteriori ripercussioni sulle condizioni degli impianti, anche in termini di sicurezza, sulla cassa integrazione per i lavoratori del gruppo e sugli investimenti per assicurare il futuro dell’industria e la transizione ambientale. La Fiom discuterà con le altre organizzazioni sindacali le iniziative da intraprendere, in tutte le sedi, per difendere i lavoratori, i cittadini e l’industria. E’ necessario che sia la presidenza del Consiglio a garantire il confronto».
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