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rubrica poetica

Controverso

Le poesie scelte sono di Mario Banella, Maria Laura Infuso e Andrea Costa

controVerso

La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare. 

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera24: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 20 versi.

Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione digitale del giovedì e visibili online dalle ore 8:00.

Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social. 

Le tre poesie pubblicate giovedì 25 dicembre 2025 sono:

  • La casa cantoniera di Mario Banella da Roma;
  • Vela del pensiero di Maria Laura Infuso da Gela (CL);
  • Tra il nulla e l'infinito di Andrea Costa da Torino.

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LA CASA CANTONIERA

La casa cantoniera sulla strada
sdrucciola degli ulivi. Un giorno
di questi non la vedrai. Troppe
siepi, inciampi, muri d'orto
vi sconfinano oltre i rammendi
di rotaie non più azzurre.

Direi un'ultima volta entrarci
dal ciliegio essiccato, calpestando
erba gialla che l'agosto falcidia.
Siediti sui ricordi superstiti, resta
sulle mie mani invecchiate. Vago
tepore che il tempo va raffreddando.

di MARIO BANELLA da Roma

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Recensione



Il testo si muove come un ritorno lento e consapevole verso un luogo che non è solo fisico, ma profondamente interiore. La casa cantoniera diventa il simbolo di ciò che il tempo consuma senza rumore, mentre la natura che avanza – siepi, muri, erba secca – racconta l’inevitabile scivolare delle cose verso l’oblio. L’atmosfera è sospesa, attraversata da una malinconia pacata che non grida, ma accompagna. Nel linguaggio semplice e concreto, fatto di immagini quotidiane, emerge il verso “Siediti sui ricordi superstiti, resta / sulle mie mani invecchiate”, che concentra il nucleo emotivo della poesia. Qui la memoria non è idealizzata, ma accolta per ciò che resta, fragile e incompleta. Il ritmo è lento, quasi trattenuto, e segue il passo di chi sa che ogni ritorno è anche un addio. Nel testo di Mario Banella lo spazio diventa tempo, e il tempo si fa corpo, mani, tepore che si raffredda. La casa non è più rifugio, ma traccia, e l’atto di entrarci “un’ultima volta” assume il valore di un gesto intimo e necessario. La poesia non cerca consolazione, ma una presenza condivisa nel momento della perdita. Il finale sigilla il senso con un’immagine delicata: il calore che il tempo spegne lentamente. È una chiusura sobria e profonda, che lascia al lettore la percezione di quanto i luoghi, come le persone, continuino a vivere finché qualcuno li ricorda.


   

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VELA DEL PENSIERO

Vela leggera, pensiero che vai,
tra schiuma d'abisso e cieli di pianti,
sospinta dai venti che sanno di guai,
ti pieghi, ma ancora sussurri il tuo canto.
Non ha timone né mete tracciate
ma segui il richiamo profondo del vento,
tra onde di fuoco e notte affogata,
sei sogno che lotta, sei fuoco sincero
La tempesta ti chiama e tu non fuggi
ti levi più alta, ti strappi al timone
ché il pensiero è una vela che mai ti tradisce,
si trappa nel vento, ma cerca l'amore.
E se l'oceano inghiotte ogni voce,
resti tu, vela bianca, che il buio conosce.

di MARIA LAURA INFUSO da Gela (CL)

Recensione


Il testo si affida alla metafora della vela per raccontare il movimento instabile ma necessario del pensiero, che avanza senza certezze tra pericolo e desiderio. Il mare diventa lo spazio interiore in cui l’io poetico si misura con la paura, la tempesta e il richiamo dell’amore, senza mai cercare una rotta comoda. L’atmosfera è intensa e visionaria, ma resta accessibile grazie a immagini riconoscibili. Nel verso “ché il pensiero è una vela che mai ti tradisce” si concentra il cuore della poesia, perché il pensiero non è presentato come difesa, ma come rischio consapevole. Il ritmo è sostenuto e segue l’andamento delle onde, alternando tensione e slancio, come un continuo tentativo di resistenza. Nel testo di Maria Laura Infuso il linguaggio è diretto e simbolico, costruito su contrasti forti – fuoco e acqua, buio e canto – che rendono evidente la lotta interiore. Non c’è fuga dalla tempesta, ma una scelta di attraversarla, accettando la fragilità come parte del viaggio. Il finale affida il senso a un’immagine limpida: la vela che conosce il buio e resta. È una chiusura che suggerisce fiducia, perché anche quando tutto sembra inghiottito, il pensiero continua a cercare e a tenere accesa una direzione possibile.


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TRA IL NULLA E L'INFINITO

Ne cerchiamo il senso
tra il nulla e l'infinito,
dove il dubbio è un'anima
che abita in due corpi.
Un inizio senza luci ed ombre,
come una tenda che si affloscia
su una sedia vuota,
sempre in cerca di un gesto
che infranga il silenzio dell'acqua.
Da allora il mondo mi ha offerto
solo cieli mutanti
e nuovi espedienti per ascoltare
il respiro della mia ultima illusione.
Fu il mio passato a
scordarsi del vento,
prima che tutto si asciugasse,
steso al sole di un tempo
che non ti appartiene,
senza ricordi
ma con troppi sigillati confini.

di ANDREA COSTA da Torino

Recensione


Il testo di Andrea Costa si muove lungo una linea sottile, dove il pensiero cerca un equilibrio fragile tra ciò che manca e ciò che sembra irraggiungibile. Fin dalle prime immagini si avverte una tensione silenziosa, fatta di dubbi che non trovano una forma definitiva ma restano sospesi, come una presenza che accompagna senza mai chiarirsi del tutto. La poesia procede per visioni essenziali, in cui il vuoto non è assenza ma spazio di attesa, e il gesto cercato diventa il simbolo di un bisogno profondo di senso. Il linguaggio è sobrio e misurato, capace di trasformare oggetti semplici – una sedia, una tenda, l’acqua – in segni di una inquietudine più ampia. Il ritmo è lento e riflessivo, come un pensiero che torna su se stesso senza trovare pace. Nel verso “solo cieli mutanti / e nuovi espedienti per ascoltare / il respiro della mia ultima illusione” emerge il cuore emotivo del testo, dove il cambiamento non porta consolazione ma una consapevolezza più nuda. Il passato appare come qualcosa che si è smarrito prima ancora di poter essere compreso, lasciando confini che non proteggono ma isolano. Il finale sigilla il senso con un’immagine asciutta e disillusa, in cui il tempo non appartiene più a nessuno e i ricordi non riescono a salvarci. Il messaggio che resta è intimo e universale: la ricerca di senso non offre certezze, ma costringe a stare dentro il dubbio, accettando la sua presenza come parte inevitabile dell’esistenza.

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