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rubrica poetica

Controverso

Le poesie scelte sono di Aida Gangemi, Antonio Rotondo e Giovanna Perdichizzi

controVerso

La rubrica settimanale "controVerso" è dedicata alla poesia. Nasce per dare spazio alla vostra fantasia e ai vostri versi ispirati dalla quotidianità o dai vostri stati d'animo. Si è deciso di raccogliere in questa pagina le più belle poesie che di volta in volta vorrete inviare. 

Chi fosse interessato a vedere un proprio componimento poetico pubblicato sul quotidiano Buonasera in edizione cartacea, digitale e online nella apposita sezione, dovrà:

  1. Seguire le pagine dei profili social di Buonasera24: su Facebook e Instagram;
  2. Inviare una mail a controverso2019@gmail.com con il proprio nome, cognome, luogo di residenza e dichiarando nel testo della mail la paternità dell'opera. La poesia non dovrà superare i 20 versi.

Ogni settimana tre poesie, tra quelle più significative, saranno scelte, recensite e pubblicate nella rubrica "controVerso" sull'edizione digitale del giovedì e visibili online dalle ore 8:00.

Altre, invece, verranno selezionate e pubblicate esclusivamente online come "Poesia del Giorno" sul sito web di Buonasera24.it e sui canali social. 

Le tre poesie pubblicate giovedì 18 dicembre 2025 sono:

  • Amore universale di Aida Gangemi da Moncalieri (TO);
  • Ora di Antonio Rotondo da Bari - Torre a Mare;
  • Incubi di Giovanna Perdichizzi da Tuscania (VT).

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AMORE UNIVERSALE

Vorrei librarmi come l’araba fenice,
coltivare risorse inespugnabili,
affrontare le avversità,
risorgere a vita nuova
e diffondere serenità ed armonia.
Vorrei essere caldo sole,
irradiare energia ed allegria
nei giorni avversi.
Vorrei avere ali d’angelo
per sostenere, avvolgere in un abbraccio,
le anime in pena e farle rinascere.
Vorrei ergermi ad albero,
rinnovare lo slancio vitale,
donare ossigeno di saggezza,
pazienza e resilienza
alle nostre esistenze.

di AIDA GANGEMI da Moncalieri (TO)

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Recensione



Il testo esprime un desiderio di trasformazione che nasce dall’interno e si apre agli altri, usando immagini semplici e universali legate alla rinascita, alla luce e alla protezione. Ogni figura scelta parla di una forza che non domina, ma sostiene, e di un’energia che si diffonde nei momenti difficili per portare serenità. L’io poetico non cerca di elevarsi sopra gli altri, ma di diventare parte di un equilibrio più ampio, capace di generare fiducia. Nel linguaggio emerge la volontà di superare le avversità senza negarle, cercando armonia anche nei giorni più duri. Il ritmo segue una progressione, come un respiro che si fa via via più ampio e consapevole. Nel testo di Aida Gangemi, tratto dal volume L’arcobaleno: i colori delle emozioni pubblicato da Aletti Editore, il sole, l’albero e le ali d’angelo diventano simboli di cura, accoglienza e responsabilità verso le “anime in pena” e verso una dimensione collettiva dell’esistenza. Il finale concentra il senso della poesia in un gesto semplice ma potente: donare ossigeno significa restituire vita, nutrire il tempo e le relazioni. Il messaggio che resta è chiaro: la vera forza non è imporsi, ma scegliere ogni giorno di rinascere insieme agli altri.


   

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ORA

Ora è il momento di dire basta,
perché il tempo è al lumicino.
Lo stoppino annegato nella cera.


Ora è il momento di fermar le guerre,
tutte simili l’una all’altra:
le stesse atrocità, le stesse brutture.


Ora è il tempo di nuovi prati verdi,
di ballare felici il tiptap,
di chiedere a un segnalibro nella Bibbia.


Ora è il tempo di annegare i bugiardi,
di ascoltare il vecchio sarto ebreo,
di cucire bottoni su un panciotto.


Ora, terminate le bizzarrie,
nel fondo del cervello
sono davanti all’oceano melanconico
e sogno.

di ANTONIO ROTONDO da Bari - Torre a Mare

Recensione


Il testo è costruito come una sequenza di richiami urgenti, scanditi dalla ripetizione di “Ora”, che dà ritmo e forza a un invito a fermarsi e a cambiare direzione. Ogni passaggio sembra segnare una soglia da oltrepassare, come se il tempo non permettesse più esitazioni. Le immagini alternano denuncia e desiderio, mostrando un mondo stanco di guerre, menzogne e ripetizioni inutili, ma ancora capace di immaginare un futuro diverso. La poesia procede per quadri brevi ed essenziali, che colpiscono proprio per la loro semplicità. Nel testo di Antonio Rotondo, tratto da Navi di montagna pubblicato da G.C.L. Edizioni, il linguaggio resta diretto e concreto, arricchito da simboli quotidiani come il segnalibro, il sarto, i bottoni, che riportano tutto a una dimensione umana e condivisibile. Anche quando il discorso si fa più duro, non perde mai una tensione etica che guarda al cambiamento possibile. Il finale, sospeso davanti a un “oceano melanconico”, chiude la poesia in un momento di riflessione e sogno, lasciando l’idea che solo immaginando si possa davvero ricominciare.


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INCUBI

Venne la sera, indisturbati
giungevano i rantoli della notte,
fiumi sotterranei, strati di sogni
visitavano occhi ruvidi che al giorno
mai avevano pianto;
ora invece disperato un canto
si levava dalle loro bocche chiuse,
sottili come certe caviglie rotte
ferivano il buio e il silenzio intatto
come certi lamenti di cani.
Quali che fossero le storie narrate sotto
le palpebre, ci si aspettava un urlo
di lì a poco, eppure nei giacigli
sprofondava ancora il corpo disfatto.


Soffoca la notte ogni disagio,
basta girarsi sul fianco, l’altro,
e distrattamente dimenticare.

di GIOVANNA PERDICHIZZI da Tuscania (VT)

Recensione


Il testo si muove dentro una notte densa e inquieta, dove il confine tra sogno e realtà si fa fragile e doloroso. Le immagini sono scure e corporee, costruite per far sentire il peso di ciò che viene rimosso durante il giorno e che riaffiora quando tutto tace. La notte diventa uno spazio in cui il controllo si allenta e ciò che è stato trattenuto trova una voce, trasformando il silenzio in una presenza opprimente. Nel testo di Giovanna Perdichizzi colpisce il modo in cui il dolore prende forma attraverso immagini fisiche e sensoriali, come nel verso “sottili come certe caviglie rotte / ferivano il buio e il silenzio intatto”. Il linguaggio è intenso ma mai compiaciuto, e il ritmo spezzato segue l’andamento degli incubi che arrivano senza ordine, lasciando il corpo privo di difese. Il finale segna un cambiamento netto: basta un gesto minimo, girarsi sul fianco, per tentare di soffocare il disagio e dimenticare. È una chiusura amara e reale, che mostra quanto sia umano cercare di eludere il dolore invece di affrontarlo, lasciando al lettore una sensazione di inquietudine silenziosa.

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